Convalida dell’arresto: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Comprendere i limiti e le corrette modalità di impugnazione dei provvedimenti giudiziari è cruciale nel diritto processuale penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla convalida dell’arresto, chiarendo quali motivi possono essere sollevati in sede di legittimità e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità. Il caso analizzato riguarda un ricorso presentato contro un’ordinanza che aveva confermato la legittimità di un arresto in flagranza per reati legati agli stupefacenti.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva arrestato in flagranza di reato per violazioni della normativa sugli stupefacenti (artt. 73 e 78 d.P.R. 309/1990), in concorso con altre persone. Successivamente, il Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) del Tribunale di Rimini convalidava l’arresto con un’ordinanza. La difesa del soggetto decideva di impugnare tale provvedimento direttamente davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’ordinanza del Gip non avesse adeguatamente motivato la sussistenza del presupposto fondamentale della flagranza, ritenendola quindi illegittima.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che i motivi addotti dalla difesa non rientravano tra quelli consentiti per impugnare un’ordinanza di convalida dell’arresto. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni: I Limiti Specifici del Ricorso sulla Convalida dell’Arresto
Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione che la Corte opera tra i vizi che possono essere contestati con il ricorso per cassazione avverso la convalida dell’arresto e le questioni che riguardano il merito della responsabilità penale.
La Corte ha ribadito un principio consolidato, citando anche un precedente specifico (sentenza Prikhno, n. 38180/2010): il provvedimento di convalida può essere impugnato esclusivamente per vizi di illegittimità. Questi includono:
1. Il titolo del reato: Errori nella qualificazione giuridica del fatto contestato.
2. L’esistenza della flagranza: La contestazione sulla sussistenza o meno delle condizioni materiali che integrano la flagranza.
3. L’osservanza dei termini: Il rispetto dei tempi perentori previsti dalla legge per la convalida.
Il ricorrente, invece, non ha contestato l’esistenza in sé della flagranza, ma ha lamentato un vizio di motivazione dell’ordinanza. Secondo la Cassazione, tale doglianza investe una questione di fatto, attinente al giudizio di merito sulla sussistenza dei presupposti per l’affermazione della responsabilità penale. Questi aspetti, che riguardano la valutazione delle prove e la colpevolezza, non possono trovare spazio nel giudizio di legittimità sulla convalida. Essi devono, invece, essere dedotti attraverso l’impugnazione di un’eventuale ordinanza che applica una misura cautelare (come la custodia in carcere), che è il provvedimento destinato a valutare i gravi indizi di colpevolezza.
In sintesi, la convalida si limita a un controllo sulla legalità dell’operato della polizia giudiziaria nell’immediato, non a un giudizio anticipato sulla colpevolezza.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza rafforza un importante principio di economia processuale e di corretta ripartizione delle competenze. Insegna che ogni strumento di impugnazione ha un oggetto e dei limiti precisi. Confondere il controllo di legalità formale dell’arresto con la valutazione del merito della vicenda processuale è un errore che porta inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso.
Per la difesa, ciò significa che le strategie processuali devono essere attentamente calibrate: le critiche alla legittimità dell’arresto vanno formulate in termini di violazione di legge (mancanza della flagranza, errore sul reato, violazione dei termini), mentre le argomentazioni sulla debolezza del quadro probatorio devono essere riservate all’impugnazione delle misure cautelari personali. Scegliere la via sbagliata non solo è inefficace, ma comporta anche la condanna a spese e sanzioni.
Quali sono gli unici motivi per cui si può ricorrere in Cassazione contro la convalida di un arresto?
È possibile ricorrere esclusivamente per vizi di illegittimità, che riguardano specificamente: la correttezza della qualificazione giuridica del reato (titolo del reato), la sussistenza o meno dello stato di flagranza e il rispetto dei termini procedurali previsti dalla legge.
Perché un difetto di motivazione sulla valutazione dei fatti non è un motivo valido per impugnare la convalida dell’arresto?
Perché le questioni relative alla valutazione dei fatti e alla sussistenza dei presupposti per affermare la responsabilità penale attengono al merito del caso. Tali questioni devono essere sollevate impugnando l’eventuale ordinanza che applica una misura cautelare (es. custodia in carcere), non il provvedimento di convalida, che ha il solo scopo di verificare la legalità formale dell’arresto.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 3743 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3743 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOMECUI CODICE_FISCALE nato a Focsani Romania in data 08/03/2004 avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Rimini del 23/09/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto sostanzialmente l’inammissibilità del ricorso, sebbene per mero errore materiale nel pqnn abbia indicato la richiesta di annullamento con rinvio;
RITENUTO IN FATTO
GLYPH È impugnata l’ordinanza con la quale, in data 23/09/2024, il Gip presso il Tribunale di Rimini convalidava l’arresto in flagranza del ricorrente per i reati di cui agli artt. 110 cpv. 81 cod. pen., 73 e 78 d.P.R. n. 309 del 1990.
Ad avviso della difesa l’ordinanza non avrebbe assolto l’onere motivazionale in ordine al presupposto indefettibile della flagranza per dare veste alla legittimità dell’operato della polizia giudiziaria.
e
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente il Collegio ritiene che non ricorrano i presupposti per la riunione del presente procedimento con quello n. 39235/2024, tenuto conto della diversità dei provvedimenti impugnati, essendo, in questa sede, impugnato il provvedimento di convalida dell’arresto in flagranza del 23/09/2024, mentre nel procedimento n. 39235 del 2024, è impugnata l’ordinanza resa in data 03/10/2024 dal Tribunale di Bologna che in sede di riesame ha parzialmente riformato l’ordinanza del G.i.p. Tribunale di Rimini del 3/10/2024.
2.Tanto premesso, il ricorso è inammissibile.
Giova ribadire che avverso il provvedimento di convalida dell’arresto possono dedursi esclusivamente vizi di illegittimità, con riferimento, in particolare, titolo del reato, all’esistenza o meno della flagranza e all’osservanza dei termini (Sez. 6, n. 38180 del 14/10/2010, Prikhno, Rv. 248519), laddove il ricorrente ha dedotto vizi della motivazione, investendo questa Suprema Corte di questioni in punto di fatto, attinenti al giudizio di merito sulla sussistenza o meno dei presupposti per l’affermazione della responsabilità penale, che evidentemente non possono trovare ingresso in questa Sede, posto che tali doglianze vanno dedotte mediante l’impugnazione dell’eventuale ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere.
3.Alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 05/12/2024
Il Consigliere estensore
I] Presidente