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Convalida DASPO: i termini per la difesa sono sacri

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di convalida DASPO con obbligo di firma, poiché emessa prima della scadenza del termine di 48 ore concesso alla difesa per presentare memorie. Questo vizio procedurale ha reso inefficace la misura dell’obbligo di presentazione, riaffermando l’importanza del rispetto dei tempi processuali a garanzia del diritto di difesa.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Convalida DASPO: i termini per la difesa sono sacri

L’applicazione di misure di prevenzione come il DASPO, specialmente quando accompagnato dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, incide profondamente sulla libertà personale. Per questo motivo, il rispetto delle garanzie procedurali è fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine: la convalida DASPO da parte del giudice deve avvenire solo dopo la scadenza del termine di 48 ore concesso alla difesa. Vediamo nel dettaglio perché questo termine è inviolabile.

I Fatti del Caso: Un DASPO e una Convalida Troppo Veloce

Il Questore di Bolzano emetteva un DASPO della durata di cinque anni, con annesso obbligo di presentazione per due anni, nei confronti di un tifoso a seguito di disordini avvenuti durante un incontro di hockey. Il provvedimento veniva notificato all’interessato l’11 settembre alle ore 17:00.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Bolzano, chiamato a ratificare la misura, emetteva l’ordinanza di convalida il 13 settembre alle ore 12:30. Un dettaglio temporale che si rivelerà decisivo: la decisione del giudice era intervenuta prima che fossero trascorse le 48 ore dalla notifica, termine perentorio previsto dalla legge per consentire alla difesa di articolare le proprie argomentazioni e produrre documenti.

L’Analisi della Corte: la violazione dei termini per la convalida DASPO

Il difensore del tifoso ha impugnato l’ordinanza di convalida dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando proprio l’eccessiva compressione del diritto di difesa. Il ricorso si basava su un argomento semplice e potente: l’ordinanza era stata emessa quando il termine di 48 ore a disposizione della difesa non era ancora scaduto.

La Suprema Corte, accogliendo pienamente la tesi difensiva (condivisa anche dal Procuratore Generale), ha qualificato questo vizio come assorbente e decisivo. Ha infatti ribadito che il termine di 48 ore, decorrente dalla notifica del provvedimento del Questore, è posto a presidio del diritto di difesa. Entro questo lasso di tempo, l’interessato ha la facoltà di presentare memorie scritte e documenti per contrastare la misura applicata. Emettere una decisione prima di tale scadenza significa, di fatto, vanificare questa garanzia fondamentale.

Il Vizio di Motivazione sulla Pericolosità

Sebbene il primo motivo di ricorso sia stato ritenuto sufficiente per l’annullamento, la difesa aveva sollevato anche un’altra questione rilevante. Si contestava la mancanza di motivazione sulla necessità dell’obbligo di presentazione. La presunzione di pericolosità, basata su un precedente divieto risalente al 1999, non poteva essere considerata automatica. Era necessaria una valutazione attuale e concreta della pericolosità del soggetto, che nel provvedimento impugnato era mancata. Questo aspetto, pur non essendo stato il fulcro della decisione finale, evidenzia l’importanza di una motivazione puntuale per misure così restrittive.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione è lineare e si fonda sul rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa. Il legislatore ha previsto un meccanismo che bilancia l’esigenza di prevenzione della Pubblica Sicurezza con le garanzie individuali. Il provvedimento del Questore è immediatamente esecutivo, ma la sua efficacia, per quanto riguarda le prescrizioni più afflittive come l’obbligo di firma, è subordinata alla convalida del giudice.

Questa fase giurisdizionale non è una mera formalità, ma un controllo di legalità e di merito. Per consentire che tale controllo sia effettivo, è indispensabile che la difesa abbia il tempo materiale per esporre le proprie ragioni. La decisione prematura del G.i.p. ha interrotto illegittimamente questo processo, rendendo l’ordinanza viziata e, di conseguenza, inefficace la misura dell’obbligo di presentazione.

Conclusioni: L’Impatto della Sentenza

La sentenza in esame riafferma con forza un principio fondamentale dello Stato di diritto: le scadenze procedurali non sono meri adempimenti burocratici, ma strumenti essenziali a tutela dei diritti dei cittadini. Nel contesto della convalida DASPO, il rispetto del termine di 48 ore è un requisito di legittimità imprescindibile. La sua violazione comporta l’annullamento della convalida e l’inefficacia delle misure restrittive ad essa collegate, come l’obbligo di firma. Questa pronuncia serve da monito per le autorità giudiziarie, sottolineando che la celerità non può mai andare a discapito delle garanzie difensive.

Qual è il termine che il giudice deve rispettare prima di emettere l’ordinanza di convalida del DASPO con obbligo di presentazione?
Il giudice deve attendere la scadenza del termine di 48 ore, che decorre dal momento della notifica del provvedimento del Questore all’interessato, prima di poter decidere sulla convalida.

Cosa succede se l’ordinanza di convalida DASPO viene emessa prima della scadenza del termine di 48 ore?
L’ordinanza di convalida è illegittima e può essere annullata. Come deciso nel caso di specie dalla Corte di Cassazione, tale vizio procedurale comporta l’inefficacia della misura dell’obbligo di presentazione.

Perché il termine di 48 ore è così importante?
Questo termine garantisce il concreto esercizio del diritto di difesa. Offre all’interessato e al suo legale il tempo necessario per preparare e depositare memorie scritte e documenti utili a contestare la misura applicata, prima che il giudice prenda una decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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