Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6562 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6562 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 26/09/2023
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nata a Pantelleria il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Pantelleria il DATA_NASCITA;
NOME COGNOME, nata a Pantelleria il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Pantelleria il DATA_NASCITA;
LO COGNOME NOME, nata a Pantelleria il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nata a Pantelleria il DATA_NASCITA;
LO COGNOME NOME, nata a Pantelleria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 17/01/2023 dal Tribunale di Marsala visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 07/11/2022, il Tribunale di Marsala, pronunciandosi quale giudice dell’esecuzione – sulla richiesta di restituzione di un fondo Pantelleria, formulata dagli odierni ricorrenti in qualità di eredi di COGNOME NOME – ha rimesso gli atti al giudice civile ai sensi dell’art. 263, c cod. proc. pen., ravvisando una potenziale controversia in ordine all’individuaz
degli aventi diritto e alla misura della quota di comproprietà riferibile a ciascun erede.
Tale provvedimento – che aveva peraltro determinato un provvedimento di non luogo a provvedere da parte del Tribunale Civile, con restituzione degli atti alla Cancelleria penale – è stato confermato dal Giudice dell’esecuzione, in sede di opposizione, con l’ordinanza in epigrafe.
Ricorrono per cassazione COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. Si censura l’ordinanza per aver ritenuto sussistente un conflitto potenziale tra i comproprietari, “in quanto la restituzione del bene in sequestro gioverebbe a tutti, permettendo loro la vendita del bene”: in particolare, si osserva che ciascun comproprietario deve ritenersi legittimato ad ottenere il dissequestro dell’immobile, dovendo altresì presumersi che ciascuno operi con il consenso degli altri o quantomeno della maggioranza dei partecipanti alla comunione.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIOatore AVV_NOTAIO sollecita il rigetto del ricorso, osservando che il provvedimento doveva ritenersi immune da censure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Emerge dagli atti che l’odierna vicenda ha avuto origine da un procedimento penale a carico di COGNOME NOME (oggi defunto), definito con sentenza di condanna divenuta irrevocabile, senza che peraltro fosse stato disposto alcunchè in ordine al terreno a suo tempo oggetto di sequestro.
2.1. Gli odierni istanti, documentando con denuncia di successione la propria qualità di eredi del COGNOME, avevano richiesto la restituzione dell’immobile al giudice dell’esecuzione: peraltro quest’ultimo, con ordinanza del 07/11/2022, aveva ravvisato una controversia tale da imporre la rimessione al giudice civile con mantenimento in sequestro del bene, ai sensi dell’art. 263, comma 3, cod. proc. pen. (richiamato, per la fase esecutiva, dall’art. 676, comma 2, del codice di rito). Era stata perciò disposta, in quel provvedimento, “la trasmissione del presente fascicolo al competente Giudice civile, affinchè risolva la controversia sulla proprietà del fondo sequestrato”.
A tali conclusioni, il Tribunale era pervenuto alla luce sia di quanto emerso dalla denuncia di successione prodotta dagli istanti in ordine alla sussistenza di altri eredi del COGNOME, sia della considerazione per cui era impossibile “in questa
sede determinare chi siano i proprietari del bene e in che quota gli istanti abbiano diritto alla restituzione”.
Il Presidente della sezione civile del Tribunale di Marsala aveva peraltro disposto la restituzione alla cancelleria penale del fascicolo, dichiarando il non luogo a provvedere ed osservando “che non può procedersi ad un’iscrizione d’ufficio di un procedimento in assenza di un’apposita domanda di parte, di un rito prescelto, di parti analiticamente indicate e della difesa tecnica obbligatoria per i soggetti costituiti”.
2.2. Il provvedimento di rimessione al giudice civile è stato tuttavia confermato dal Giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza in epigrafe (emessa in sede di opposizione), in cui è stata altresì disposta la notifica alle parti “affinch quelle più diligenti possano introdurre apposito giudizio civile”.
Nel confermare il provvedimento, il Tribunale: ha richiamato la giurisprudenza di questa Suprema Corte che ritiene sufficiente, per l’applicazione dell’art. 263 comma 3, la seria possibilità di prospettare una questione civilistica relativa alla proprietà del bene; ha ritenuto di non poter escludere che nella dichiarazione di successione (atto di parte avente valenza fiscale), e nelle conseguenti risultanze ipotecarie e catastali, vi fossero “errori nel calcolo delle singole frazioni proprietari assegnate agli eredi in virtù della vicenda successoria”; ha sottolineato sia l’esistenza di venti cointestatari del bene, desumibile dalle visure ipotecarie (a fronte degli originari nove eredi risultanti dallo stato di famiglia allegato al dichiarazione di successione), sia la mancata sottoscrizione dell’istanza di dissequestro da parte di tutti; ha ribadito, su tali basi, “l’oggettiva complessità della questione civilistica alla base della restituzione del bene, non risolvibile i sede di esecuzione penale”.
E’ opportuno prendere le mosse dal più recente orientamento di questa Suprema Corte, secondo cui il giudice investito della richiesta di restituzione, ove accerti l’esistenza di una contestazione ovvero di una controversia sulla proprietà delle cose in sequestro, è tenuto a rimettere gli atti al giudice civile competente in primo grado, per la risoluzione della stessa, «pur in mancanza della formale pendenza della lite innanzi a quest’ultimo, mantenendo il sequestro» (cfr. da ultimo Sez. 3 n. 19674 del 27/04/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 283173 – 01: principio espresso in una fattispecie relativa a riesame avverso un decreto di sequestro preventivo, ma certamente applicabile anche a quella in esame, in virtù della già ricordata applicabilità dell’art. 263 cod. proc. pen. anche alla fase esecutiva. In senso conforme, tra le altre, cfr. Sez. 2 n. 49530 del 24/10/2019, COGNOME, Rv. 277935 – 01; Sez. 2, n. 38418 del 08/07/2015, COGNOME, Rv. 264532 – 01).
Peraltro, proprio la pronuncia qui per prima richiamata ha avuto cura di precisare, in motivazione, che «la controversia deve, naturalmente, essere oggetto di adeguata verifica da parte del giudice penale che ne deve valutare la consistenza, onde assicurare il compimento di un accurato esame della serietà
della controversia – sia effettiva, sia anche potenziale – onde trarne la conclusione della concreta necessità della devoluzione della questione, stante la sua intrinseca consistenza, al competente giudice civile» (cfr. il § 2 della motivazione. In senso conforme, cfr. tra le altre, cfr. Sez. 1, n. 23333 del 16/04/2014 Pedotti, Rv. 259917 – 01, secondo cui «la disposizione dell’art. 263, comma terzo, cod. proc. pen., richiamato in sede esecutiva dall’art. 676, comma secondo, cod. proc. pen., secondo la quale il giudice penale, adito per la restituzione dei beni sequestrati, rimette le parti davanti al giudice civile in caso di controversia sulla proprietà dei beni, mantenendo il sequestro, trova applicazione anche in assenza di formale pendenza della lite davanti a quest’ultimo, purchè in tale ipotesi, il giudice penale dia adeguato apprezzamento in motivazione della serietà della potenziale controversia»).
In buona sostanza, l’elaborazione giurisprudenziale cui si è fatto riferimento, ed alla quale si intende qui dar seguito, se per un verso sembra aver definitivamente superato il più risalente indirizzo interpretativo che non consentiva di rimettere gli istanti la restituzione dei beni in sequestro al giudice civile, se no in presenza di una lite già pendente in quella sede (cfr. ad es. Sez. 2, n. 26914 del 06/06/2013, COGNOME, Rv. 255747 – 01; Sez. 3, n. 41879 del 11/10/2007, COGNOME, Rv. 237940 – 01), per altro verso appare del tutto univoca nel richiedere indefettibilmente, per l’applicazione anche in sede esecutiva delle disposizioni che qui rilevano, l’effettiva esistenza di una “controversia sulla proprietà”: ovvero di una concreta e percepibile presenza di interessi confliggenti in capo a due o più soggetti, che assumano la titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale obbligatorio che escluda quello vantato dagli altri, e che – almeno potenzialmente – potrebbero far valere le proprie ragioni in sede civile.
In altri termini, la rimessione al giudice civile ex art. 263 comma 3 postula l’esistenza di una contrapposizione di interessi che può non essere ancora sfociata in un giudizio civile, ma deve tuttavia risultare, per l’A.G. investita della richiest di restituzione, concretamente ed attualmente rilevabile.
Il Tribunale di Marsala non ha fatto buon governo di tali principi.
Al di là della pur significativa rinuncia all’utilizzo del termine “controversia (l’ordinanza impugnata fa ripetutamente uso solo della locuzione “questione civilistica”), deve invero osservarsi che il Tribunale non ha adeguatamente chiarito le ragioni per le quali, all’accoglimento dell’istanza di restituzione presentata dagli odierni ricorrenti, osterebbe l’esistenza di una controversia, sia pure allo stato potenziale nel senso qui poc’anzi chiarito.
4.1. Al riguardo, appare decisivo il fatto che l’esistenza di altri eredi, sull quale si fonda l’intero percorso argomentativo tracciato dal Tribunale, non è stata in alcun modo contestata dagli odierni ricorrenti, i quali hanno tra l’altro osservato (pag. 8 seg. del ricorso): che la revoca del sequestro gioverebbe a tutti, permettendo la vendita del bene; che comunque sono le disposizioni sulla comunione a regolare “gli interessi che fanno capo alle parti (non solo agli istanti,
ma a tutti i comproprietari”); che ciascun proprietario deve perciò ritenersi legittimato a richiedere il dissequestro dell’immobile, “trattandosi di atto per il quale deve presumersi il consenso degli altri e senza che sia necessaria, per il suo compimento, la partecipazione di tutti”; che l’accoglimento dell’istanza non potrà che determinare la restituzione “nel pieno rispetto delle quote spettanti a ciascun comproprietario”; che a quest’ultimo, allo stesso modo, spetterebbe in caso di vendita un corrispettivo “proporzionale alla propria quota”.
È evidente che a diverse conclusioni si sarebbe potuti giungere qualora i ricorrenti avessero escluso, nella propria istanza di restituzione o nell’odierno ricorso, l’esistenza di altri eredi o avessero comunque contestato, in tutto o in parte, i diritti dei comproprietari rilevabili dalle visure in atti: si tratta peral ipotesi ricostruttiva non desumibile dall’ordinanza né dal contenuto del ricorso, che appare anzi muoversi in linea con le disposizioni di cui agli artt. 1100 segg. cod. civ. D’altra parte, l’inerzia degli altri coeredi rispetto all’iniziativa degli ista cui esito positivo avrebbe l’effetto di restituire tutti nella disponibilità del ben non appare interpretabile come una posizione di dissenso, che il giudice investito della richiesta di restituzione dovrebbe tutelare con il mantenimento in sequestro, in vista della proposizione di una causa civile.
In tale prospettiva, il rilievo del Tribunale di Marsala in ordine alla mancata sottoscrizione dell’istanza di restituzione da parte di tutti i comproprietari – come se si trattasse di un atto di alienazione del bene o di costituzione di un diritto reale sullo stesso (cfr. art. 1108 cod. civ.) – appare destituita di fondamento. Alle stesse conclusioni, e per gli stessi motivi, deve pervenirsi quanto al rilievo ostativo alla restituzione attribuito, dal Tribunale, alla possibilità di errori nella ripartizione de quote, tra l’altro prospettata in termini totalmente congetturali.
In definitiva il Tribunale finisce per confondere l’istituto della comproprietà con la proprietà esclusiva, e con essa la situazione di fatto sottostante al diritto di chi reclama la restituzione del bene. Muovendo dalla premessa, pacifìca secondo il codice civile, che la richiesta del comproprietario di un bene in comunione, costituendo atto di ordinaria amministrazione, non esclude il concorrente diritto degli altri contitolari, nessun impedimento è costituito dalla mera inerzia di taluni all’accoglimento della richiesta di restituzione, come si trae conferma dal fatto che ove analoga richiesta di restituzione venga formulata in un giudizio possessorio in sede civile, da alcuni comproprietari nei confronti di un terzo asseritamente autore di uno spoglio, non vi sarebbe alcun litisconsorzio necessario degli altri comproprietari.
4.2. Quanto fin qui esposto consente di affermare, da un lato, che la ricerca di una potenziale “controversia” non può spingersi fino alla prospettiva – da ritenere meramente ipotetica, in assenza di deduzioni al riguardo da parte del Tribunale – di un abuso del diritto da parte del comproprietario-coerede che si veda accogliere la richiesta di restituzione non sottoscritta dagli altri, ed ottenga così la disponibilità del bene.
D’altro lato, non sembra possibile “costringere” tale soggetto a proporre un’azione civile di accertamento del suo diritto di comproprietà, in assenza di opposizioni degli altri soggetti coinvolti, o comunque di elementi indicativi di una effettiva contrapposizione di interessi (assenza che tra l’altro sarebbe con ogni probabilità foriera, per l’attore, di un sensibile quanto ingiustificato aggravio d spesa in quell’ipotetico giudizio).
4.3. È appena il caso poi di precisare, conclusivamente, che l’odierna decisione non si pone in contrasto con l’indirizzo interpretativo secondo cui è inoppugnabile la decisione che rimette le parti al giudice civile per la soluzione della “controversia sulla proprietà delle cose sequestrate” (cfr. ad es. Sez. 1, n. 31088 del 25/06/2018, Baratta, Rv. 273487 – 01)
È infatti evidente che proprio la mancata prospettazione di quest’ultima da parte del giudice investito dell’istanza, e la conseguente situazione di sostanziale “stallo” in cui verrebbero incolpevolmente a trovarsi gli odierni ricorrenti (cfr supra, § 4.2), impongono di ritenere ammissibile l’impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Marsala.
Le considerazioni fin qui svolte impongono l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Marsala, che si atterrà, nella valutazione dell’istanza, ai principi precedentemente enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Marsala.
Così deciso il 26 settembre 2023
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Il Presidente