Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18363 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18363 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Salerno il 28/06/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIOCOGNOME, che ha chiesto che ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Salerno ha rigettato l’appello proposto avverso il decreto con cui il Tribunale dello stesso luogo aveva dichiarato cessata con esito negativo la misura del controllo giudiziario disposta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Ha proposto ricorso per cassazione la società articolando tre motivi.
Si premette che:
la misura interdittiva era stata disposta il 28.5.2021 sul presupposto che la società fosse esposta al rischio di condizionamento mafioso in ragione della caratura criminale di NOME COGNOME, ritenuto dominus occulto dell’impresa;
avverso detta misura era stato proposto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale deducendo: a) l’insussistenza dei presupposti legittimanti; b) che COGNOME non fosse un soggetto contiguo ai clan; c) che già in precedenza il T.a.r. aveva annullato una misura interdittiva antimafia ritenendo COGNOME non contiguo; d) che lo stesso Tribunale di prevenzione aveva escluso la pericolosità di COGNOME;
1’1.12.2021 la Corte di appello aveva disposto il controllo giudiziario della societ in ragione della sua bonificabilità per le misure adottate, e cioè la nomina di un nuovo presidente del Consiglio di amministrazione e la sospensione e il successivo licenziamento dei dipendenti COGNOME e COGNOME;
a seguito di una serie di elementi favorevoli e delle risultanze di reiterate verifi sulla regolarità dell’operato compiute in costanza del controllo, il 12.12.2022 la societ aveva chiesto la cessazione della misura con esito liberatorio, per essersi la cooperativa riallineata al contesto economico sano nel periodo di “messa alla prova”;
il Tribunale, con provvedimento del 15-17.12-2022 – confermato dalla Corte di appello -, aveva invece dichiarato cessata la misura con esito negativo, attesa la ritenuta natura elusiva del licenziamento – poi annullato per vizi formali – di COGNOME “da una società che di fatto gli appartiene” e, dunque, la inesistenza di una chiara volontà d riallineamento; nella occasione, si aggiunge, non fu concessa nemmeno la proroga della misura per non essere questa prevista dalla legge.
2.1. Sulla base di tale articolato quadro di riferimento, con il primo motivo si deduce violazione di legge e omessa motivazione.
Si premette che il giudice della prevenzione è tenuto a verificare che il soggetto “attenzionato” sia riconducibile in una delle categorie di soggetti pericolosi di cui a artt. 1- 4 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 e che la pericolosità sia attuale.
Nel caso di specie, si argomenta, la valutazione avrebbe dovuto riguardare il soggetto “mezzo”, cioè di collegamento tra l’ente e le cosche; la Corte, dunque, non avrebbe potuto ritenere ininfluenti, come invece affermato, le ragioni che imponevano di rivisitare il giudizio di pericolosità dei due dipendenti che, a dire del AVV_NOTAIO, fungev da tramite tra l’impresa e la criminalità mafiosa.
In realtà, vi sarebbe prova in atti che NOME COGNOME non sarebbe più portatore di pericolosità sociale qualificata, atteso che nei riguardi di questi il Tribunale, la di appello e la stessa polizia giudiziaria avrebbero escluso nel 2019 ogni tipo d pericolosità.
Detta valutazione sarebbe stata erroneamente ritenuta ininfluente dalla Corte di appello che si sarebbe limitata invece ad evocare il provvedimento del Giudice del lavoro con il quale era stata disposta la reintegra di COGNOME nella società; né sarebbe stata
considerata la decisione n. 1846 del 2022 con la quale il Tribunale del lavoro, nel respingere il reclamo proposto dalla stessa società avverso il provvedimento di reintegra, aveva tuttavia chiarito come COGNOME non fosse gravato da procedimenti penali per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., avesse solo precedenti penali risal nel tempo e come la stessa Guardia di finanza nel 2019 non avesse evidenziato elementi utili in ordine alla prova della sussistenza della pericolosità di COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Il tema attiene agli accadimenti che, secondo la Corte, avrebbero vanificato l’opera di bonifica della impresa, costituiti essenzialmente dal provvedimento del Tribunale del lavoro con cui era stato annullato il licenziamento e disposta la reintegra di COGNOME; secondo la Corte di appello si sarebbe trattato di un licenziamento illegittimo in ragione delle macroscopiche negligenze della società nella procedura, costituite dalla mancanza di contestazione disciplinare, elemento, questo, che aveva inficiato la procedura determinando la reintegra del dipendente.
Ciò, dunque, avrebbe vanificato l’opera di risanamento della impresa.
Sostiene invece la società ricorrente che la Corte non avrebbe invece considerato come la reintegra fu disposta per ragioni formali relativi al contraddittorio e che, respingere il reclamo, il Tribunale, come detto, aveva escluso la pericolosità del COGNOME; si aggiunge che anche nella quarta relazione trimestrale in costanza di controllo si era esclusa l’interferenza di COGNOME nella società.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte non valutato le relazioni periodiche del controllore giudiziario al fine di verif l’esito dell’attività di bonifica.
Il controllore aveva evidenziato che: a) la società non sarebbe “stata di COGNOME“; b) non erano emersi fenomeni di eterodirezione della società da parte di COGNOME; c) dopo il licenziamento non era stata accertata la presenza di COGNOME in società; d) il Consiglio di amministrazione avrebbe reintegrato COGNOME limitandone tuttavia l’operatività e, comunque, sotto la vigilanza dell’Organo amministrativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
È utile evidenziare che il ricorso in tema di controllo giudiziario può esser proposto solo per violazione di legge e non per vizio di motivazione.
L’assetto dei rimedi impugnatori previsti per il controllo giudiziario ex art. 34-bis d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 riflette infatti quello delineato per la misu dell’amministrazione giudiziaria dall’art. 34 del medesimo decreto legislativo; quest’ultima disposizione richiama espressamente, quanto alla disciplina delle
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impugnazioni, l’art. 27, d. Igs. in questione, il quale, a sua volta, in tema di impugnazioni, richiama l’art. 10 dello stesso decreto legislativo, il cui comma 3 limit alla violazione di legge l’ambito delle censure proponibili con il ricorso per cassazione.
In questa prospettiva, le Sezioni unite, con la sentenza n. 46898 del 26/09/2019, COGNOME, Rv. 277156, nello stabilire che il provvedimento con cui il tribunale competente per le misure di prevenzione nega l’applicazione del controllo giudiziario richiesto ex art. 34- bis, comma 6, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è impugnabile con ricorso alla corte di appello anche per il merito, hanno chiarito che, nella riedizio degli artt. 34 e 34-bis effettuata con la legge 161 del 2017, «l’intervento del legislato sembra essersi concentrato piuttosto sulla previsione di procedure camerali ex art. 127 cod. proc. pen. destinate a garantire, in molti dei casi previsti, la conoscenza ed contraddittorio anticipati: così dando la sensazione di non occuparsi, o meglio, [… lasciando libero, in punto di impugnabilità, uno spazio che è possibile ed anzi doveroso occupare, col ricorso al principio generale sotteso al sistema delle impugnazioni delle misure di prevenzione», che è quello elaborato nell’art. 10 del d. Igs. n. 159 del 2011 (la «norma fondamentale delle impugnazioni»).
Dunque un «sistema che, col doppio grado di giudizio – il primo dei quali, di merito, ed il secondo per sola violazione di legge – si pone come quello generale e di riferimento a tutela degli interessi perseguiti dal corpo normativo, aventi tanto natura pubblicistic quanto garanzia costituzionale come la libertà di iniziativa economica e la proprietà privata» (in tal senso, Sez. 5, n. 34856 del 6/11/2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 279982).
La Corte di cassazione, in tema di violazione dell’art. 34 bis d. Igs. n. 159 del 2011 ha già chiarito che presupposti della misura in questione sono il rilascio da parte del prefetto della informazione antimafia interdittiva, fondata sulla sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della socie dell’impresa, e la successiva impugnazione dinanzi al giudice amministrativo di tale provvedimento.
Ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, l’impresa destinataria del provvedimento amministrativo può richiedere l’ammissione al controllo giudiziario; si tratta di una misura di prevenzione ad istanza di parte finalizzata ad assicurare, da un lato, la “bonifica” aziendale e, dall’altro, a sospendere, in attesa della decisione d giudice amministrativo, gli effetti inibitori conseguenti all’informativa interdi antimafia.
Ciò che è richiesto al giudice è la verifica, in una prospettiva prognostica, dell evoluzione della realtà aziendale.
In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite che hanno spiegato come la condizione di assoggettamento dell’impresa all’intimidazione mafiosa costituisca solo un prerequisito: “la peculiarità dell’accertamento del giudice, sia con riferimento all
amministrazione giudiziaria che al controllo giudiziario, e, a maggior ragione, in relazione al controllo volontario, sta però nel fatto che il fuoco della attenzione e qui del risultato di analisi deve essere posto non solo su tale prerequisito, quanto piuttosto valorizzando le caratteristiche strutturali del presupposto verificato, sulle concre possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni (nel caso della amministrazione, anche vere intromissioni che il giudice delegato può rivolgere nel guidare la impresa infiltrata” (Sez. U, n. 4689 del 26/09/2019, COGNOME, cit.).
Si è aggiunto che, mentre ai fini dell’amministrazione giudiziaria e del controll giudiziario c.d. prescrittivo, a richiesta della parte pubblica o disposto di uffic doveroso il preliminare accertamento del grado e delle caratteristiche della condizione di permeabilità mafiosa della società o dell’impresa, con riferimento al controll giudiziario “volontario”, in pendenza dei giudizio amministrativo avverso l’informazione antimafia interdittiva, tale accertamento non scolora del tutto, dovendo pur sempre il tribunale adito accertare i presupposti della misura.
In particolare, tale accertamento giudiziale non ha un carattere puramente statico, funzionale a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la re aziendale a causa delle relazioni esterne patologiche, ma dinamico, essendo volto a formulare un giudizio prognostico in ordine alle emendabilità della situazione attraverso l’iter che ciascuna misura comporta (così testualmente Sez. 6, n. 30168 del 07/07/2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 281834).
La Corte di cassazione ha inoltre chiarito l’ambito della verifica che il giudice del prevenzione è chiamato ad operare sulla domanda formulata dalla parte ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6.
Se è vero che il presupposto di tale misura, al pari del controllo giudiziari “prescrittivo”, è rappresentato dal carattere occasionale della condizione di agevolazione mafiosa, diverso è, invece, l’ambito dell’accertamento demandato al giudice della prevenzione, più esteso nell’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 34, d.lgs. cit., e p ristretto nel caso del controllo giudiziario volontario. In particolare, è condivisibilmente affermato che, “mentre nel caso del primo comma dell’art. 34-bis cit. la valutazione del prerequisito del pericolo concreto di infiltrazioni mafiose, idonee condizionare le attività economiche e le aziende, è riservata in via esclusiva al giudice della prevenzione – trattandosi di misura richiesta ad iniziativa pubblica in funzione d un controllo cd. prescrittivo – nel caso previsto dal sesto comma, tale valutazione deve tener conto del provvedimento preventivo di natura amministrativa (Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, COGNOME, in motivazione).
In tale ultimo caso, dunque, la cognizione del giudice investito della richiesta d controllo giudiziario “volontario” non comprende anche il pre-requisito della sussistenza
del pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionare l’attività economica e l’azienda, non potendosi prescindere dall’accertamento già svolto al riguardo in ambito amministrativo.
La verifica demandata al tribunale competente in tema di misure di prevenzione si snoda, dunque, lungo due direttrici: a) il carattere occasionale della agevolazione che il libero svolgimento dell’attività economica può determinare nei soggetti di cui al comma 1 della medesima disposizione; b) la concreta possibilità dell’impresa stessa di riallinearsi con il contesto economico sano, affrancandosi dal condizionamento delle infiltrazioni mafiose (in tal senso, Sez. 6, n. 30168 del 2021 cit.; Sez. 5, n. 13388 d 17/12/2020, dep. 2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 280851).
Il giudice della prevenzione è, dunque, tenuto a valutare, in termini prognostici – sull base del dato patologico acquisito dall’accertamento amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva – se il richiesto intervento giudiziale di “bonifica aziendale” r possibile, in quanto l’agevolazione dei soggetti di cui all’art. 34, comma 1, d.lgs. cit., da ritenere occasionale, escludendo tale evenienza, pertanto, nel caso di cronicità dell’infiltrazione mafiosa” (Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Considerazioni analoghe devono compiersi anche in relazione al provvedimento con cui viene rigettata la richiesta di revoca del controllo giudiziario con esito posit la valutazione che il Giudice è chiamato a compiere attiene alla verifica della “bonifica aziendale e alla eliminazione del dato patologico che aveva portato alla emissione della informazione.
La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati, essendosi limitata a valutare il sopravvenuto annullamento del provvedimento di licenziamento, senza tuttavia considerare i molteplici, univoci, elementi, tutti indicati e di cui si d volti a comprovare l’estraneità della società rispetto a COGNOME, l’inesistenza d elementi concreti attestanti l’infiltrazione mafiosa, la ritenuta inesistenza anche elementi di pericolosità per lo stesso COGNOME.
Né è obiettivamente è chiaro, al di là del vizio procedimentale che ha portato al suo annullamento, sulla base di quali elementi sia possibile affermare che quel licenziamento fu preordinatamente disposto in modo illegittimo, in modo che poi potesse essere annullato, e possa invece essere escluso che il vizio sia stato solo il risultato di comportamento colposo.
Ne consegue che il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2024.