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Controllo corrispondenza detenuto: quando è legittimo?

Un detenuto ha presentato ricorso contro il provvedimento di controllo corrispondenza detenuto, giustificato da tensioni in carcere e dal sequestro di stupefacenti e cellulari. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la misura era legittima poiché basata su elementi oggettivi e gravi che rappresentavano un concreto pericolo per la sicurezza dell’istituto penitenziario, ritenendo le argomentazioni del ricorrente generiche e non provate.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Controllo corrispondenza detenuto: sicurezza e privacy dietro le sbarre

Il bilanciamento tra il diritto alla privacy del detenuto e le esigenze di sicurezza all’interno degli istituti penitenziari è una questione complessa e delicata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui presupposti che legittimano il controllo corrispondenza detenuto, stabilendo che tale misura restrittiva deve fondarsi su elementi oggettivi e concreti, non su semplici sospetti. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i confini di tale potere di sorveglianza.

I fatti del caso

La vicenda ha origine da un provvedimento del Magistrato di sorveglianza che autorizzava il controllo sulla corrispondenza di un detenuto per un periodo di sei mesi. La decisione era motivata da una situazione di alta tensione all’interno della casa circondariale, caratterizzata da lotte per l’egemonia tra gruppi di ristretti e culminata in un’aggressione.

In questo contesto, era stato intercettato un pacco contenente sostanze stupefacenti indirizzato proprio al detenuto in questione. A seguito di ciò, una perquisizione aveva portato al sequestro di ulteriori 30 involucri di droga e due telefoni cellulari. Una fonte confidenziale, inoltre, aveva riferito che il detenuto si stava adoperando per introdurre illecitamente stupefacenti in carcere.

Il Tribunale di sorveglianza aveva confermato la legittimità del provvedimento, ma il detenuto ha deciso di presentare ricorso in Cassazione.

Il ricorso e le argomentazioni difensive

La difesa del detenuto ha contestato la decisione, sostenendo una motivazione incongrua e contraddittoria. In particolare, il ricorrente affermava di non trovarsi nemmeno in quell’istituto penitenziario al momento dell’aggressione citata nel provvedimento. Inoltre, sosteneva che il sequestro del pacco fosse un episodio a sé stante, le cui responsabilità erano ancora in fase di accertamento nell’ambito di un procedimento penale pendente.

Le motivazioni: il fondamento oggettivo del controllo corrispondenza detenuto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Secondo i giudici supremi, il Tribunale di sorveglianza ha correttamente basato la sua decisione non tanto sulla fonte confidenziale, quanto su dati oggettivi, gravi e logicamente collegati tra loro.

Il vero fondamento della decisione risiede infatti:
1. Nella situazione conflittuale accertata all’interno del carcere, sintomo di un pericolo per l’ordine e la sicurezza.
2. Nell’esito positivo della perquisizione a carico del ricorrente, che ha portato al sequestro di una quantità significativa di stupefacenti e di due telefoni cellulari, oggetti assolutamente vietati.

La Corte ha specificato che questi elementi, considerati nel loro insieme, costituiscono prove inconfutabili di effettive ragioni di sicurezza che giustificano pienamente una misura come il controllo corrispondenza detenuto. La motivazione del Tribunale è stata definita “ineccepibile, chiara e lineare”, e quindi non criticabile in sede di legittimità.

Inoltre, la Cassazione ha bacchettato la difesa per la genericità delle sue argomentazioni. L’affermazione di non essere presente durante l’aggressione non era supportata da alcuna prova, violando così il principio di autosufficienza del ricorso. Allo stesso modo, contestare la rilevanza del sequestro limitandosi a menzionare la pendenza del relativo procedimento non è sufficiente a smontare il quadro indiziario, dato che il fatto storico del ritrovamento della droga e dei telefoni non era stato negato.

Le conclusioni: la decisione della Corte Suprema

In conclusione, la Corte di Cassazione ha confermato che il controllo sulla corrispondenza di un detenuto è legittimo quando si fonda su elementi fattuali concreti e oggettivi che dimostrano un rischio per la sicurezza e l’ordine dell’istituto. Non è necessario attendere l’esito di un procedimento penale per accertare la responsabilità, essendo sufficiente che sussistano gravi indizi di attività illecite che possano essere alimentate tramite contatti epistolari. La sentenza ribadisce l’importanza di una motivazione solida e basata su fatti, respingendo ricorsi basati su contestazioni generiche e non provate.

Quando può essere disposto il controllo sulla corrispondenza di un detenuto?
Secondo l’art. 18-ter dell’ordinamento penitenziario, il controllo può essere disposto con decreto motivato per esigenze investigative, di prevenzione dei reati, oppure per ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto penitenziario.

Sono sufficienti le informazioni di una fonte confidenziale per giustificare il controllo?
No. La sentenza chiarisce che, sebbene un’informazione confidenziale possa avviare delle verifiche, la decisione di limitare la corrispondenza deve basarsi su dati oggettivi e gravi, come in questo caso il sequestro effettivo di sostanze stupefacenti e telefoni cellulari a carico del detenuto.

Perché il ricorso del detenuto è stato respinto per genericità?
Il ricorso è stato respinto perché il detenuto ha avanzato delle affermazioni (come quella di non essere presente in carcere durante un’aggressione) senza fornire alcun elemento di prova a sostegno. In base al principio di autosufficienza, chi presenta un ricorso deve fornire alla Corte tutti gli elementi necessari per valutare la fondatezza delle sue lamentele.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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