Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27383 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27383 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Scordia il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Campobasso del 18/12/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Campobasso che ha rigettato l’istanza di correzione di errore materiale del dispositivo della sentenza emessa dalla stessa Corte di appello in data 18/1/2024 deducendo che, a fronte di una motivazione con la quale si dava conto del ragionamento che aveva condotto il giudice di appello a determinare la pena finale in mesi due e giorni venti di reclusione, compatibile con la concessione delle attenuanti generiche e della circostanza attenuante
comune di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., la Corte di appello avrebbe, erroneamente, dato prevalenza al dispositivo che recava la diversa pena detentiva di mesi quattro di reclusione.
Il difensore del ricorrente rileva innanzi tutto che nonostante la mancanza di uno specifico mandato ad impugnare, richiesto dall’art. 581 quater cod. proc. pen., non si pongono questioni in ordine alla legittimazione ad impugnare, versandosi in ipotesi di ricorso per cassazione avverso ordinanza.
Nel merito, poi, eccepisce il vizio di violazione di legge, nella specie dell’art. 13 cod. proc. pen., per avere la Corte d’appello applicato quale regula iuris assoluta quella secondo la quale nel caso di contrasto tra dispositivo e motivazione debba sempre prevalere il dispositivo.
Con il secondo motivo lamenta la carenza di motivazione non avendo la Corte di merito spiegato le ragioni per le quali la richiesta correzione dell’errore materiale, effettuata mediante riconoscimento dell’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., avrebbe potuto snaturare la portata decisionale della sentenza. Al contrario, secondo il ricorrente, poiché la motivazione ha la funzione esplicativa del ragionamento del giudice, il dispositivo per conformarsi ad essa, avrebbe dovuto essere corretto nel senso illustrato nell’istanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente per contestare la legittimità della sentenza di appello, con la quale era stata irrogata una pena, a suo dire, erronea perchè difforme da quella indicata nella motivazione, non avrebbe dovuto formulare istanza di correzione di errore materiale, ma proporre, avverso la sentenza di appello, ricorso per cassazione.
Questa Corte ha affermato che “l’eventuale contrasto tra dispositivo letto in udienza e motivazione, non dedotto nella fase di cognizione, non può essere rilevato nella fase esecutiva con la richiesta di correzione dell’errore materiale” (Sez. 1, n. 20877 del 21/03/2023, Rv. 284503; Sez. 1, n. 43048 del 25/09/2012, Rv. 253630).
Non può dubitarsi che tale principio sia applicabile anche al presente caso nel quale la sentenza suscettibile di correzione è stata pronunciata in sede di appello, con la conseguenza che non vi sarebbero state altre «fasi di cognizione» nelle quali chiedere la correzione, dovendosi ritenere quella davanti alla Corte di cassazione una fase non assimilabile a quella di
«cognizione». Il principio, per come si desume anche dalla casistica esaminata da questa Corte, deve essere inteso nel senso che la difformità deve essere oggetto di specifica deduzione nel corso del procedimento fino al momento in cui la sentenza della quale si eccepisce il vizio relativo alla difformità tra dispositivo e motivazione non sia passata in giudicato. Ciò in ragione del fatto che il vizio dedotto non sempre comporta una mera constatazione, potendo, invece, implicare un’attività valutativa (Sez.1, n. 20877 del 21/03/2023, Rv. 284503; Sez. 1, n. 43048 del 25/09/2012,Rv. 253630).
Tanto premesso l’erronea attivazione, dinanzi alla Corte di appello, della procedura di correzione di errore materiale (anziché la proposizione del ricorso per cassazione) comporta che il ricorrente non si può dolere dell’erroneità del provvedimento adottato.
Va poi ricordato che l’eventuale divergenza tra dispositivo e motivazione della sentenza non può essere sempre risolta ricorrendo al criterio della prevalenza del primo sulla seconda, come ha fatto la Corte di appello nell’ordinanza impugnata,
Tanto premesso, nel caso concreto, la decisione adottata benché abbia ritenuto assoluta la regula iuris della prevalenza del dispositivo sulla motivazione, il che, non sempre è, atteso che la motivazione conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni per cui il giudice è pervenuto alla decisione e pertanto ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (Sez. 2, n. 35424 del 13/07/2022, Rv. 283516), nemmeno può ritenersi suscettibile di ricorso per cassazione come atto abnorme, dovendosi in proposito ricordare che ai fini della abnormità rileva o l’abnormità c.d. “strutturale”, che è ipotizzabile nei casi in cui il giudice eserciti “un potere non attribuitogli dall’ordinamento o l’abnormità c.d. “funzionale”, perché l’atto impugnato, ha determina esso stesso una situazione di incertezza o di stallo (Sez. U, Sentenza n. 37502 del 28/04/2022, Rv. 283552). Nel caso in esame, il provvedimento non ha determinato una situazione di stallo e la Corte di appello ha esercitato i poteri attribuitigli dall’ordinamento ex art. 547 cod. proc. secondo cui ” Fuori dei casi previsti dall’articolo 546 comma 3, se occorre completare la motivazione insufficiente ovvero se manca o è incompleto alcuno degli altri requisiti previsti dall’articolo 546, si procede anche di ufficio alla correzione della sentenza a norma dell’articolo 130″.
Alla luce di quanto complessivamente esposto deve dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara Xinammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/4/2024