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Contraffazione grossolana: reato anche senza inganno

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione e commercio di prodotti falsi. La difesa sosteneva l’insussistenza del reato a causa della ‘contraffazione grossolana’, ovvero così evidente da non poter ingannare nessuno. La Corte ha ribadito che il reato di commercio di prodotti con marchi falsi (art. 474 c.p.) non tutela il singolo acquirente, ma la fede pubblica. Pertanto, la grossolanità della falsificazione è irrilevante e il reato sussiste comunque, potendo concorrere con quello di ricettazione.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Contraffazione Grossolana: Quando il Reato Sussiste Anche Senza Inganno

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: il commercio di prodotti con marchi falsi e la rilevanza della cosiddetta contraffazione grossolana. Questa decisione chiarisce un principio fondamentale del nostro ordinamento penale, ovvero che la tutela della fede pubblica prevale sulla possibilità di un inganno effettivo del consumatore. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

Il Contesto del Ricorso: Ricezione e Commercio di Prodotti Falsi

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato nei gradi di merito per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.). L’imputato era stato trovato in possesso di merce recante marchi contraffatti, destinata alla vendita.

La Difesa Basata sulla Contraffazione Grossolana

Il principale motivo di ricorso si fondava su un’argomentazione precisa: la falsificazione dei marchi era talmente palese e di bassa qualità da risultare immediatamente riconoscibile. Secondo la difesa, questa contraffazione grossolana rendeva impossibile trarre in inganno un potenziale acquirente. Di conseguenza, si sarebbe configurata un’ipotesi di ‘reato impossibile’, poiché l’azione era inidonea a ledere il bene giuridico protetto dalla norma, ovvero la libera determinazione dell’acquirente.

Le Motivazioni della Cassazione sul Tema della Contraffazione Grossolana

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, respingendo integralmente la tesi difensiva e conformandosi a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

La Tutela della Fede Pubblica

Il punto cruciale della decisione risiede nell’individuazione del bene giuridico tutelato dall’art. 474 del codice penale. I giudici hanno chiarito che questa norma non protegge primariamente il patrimonio del singolo acquirente o la sua libertà di scelta, bensì la fede pubblica. Con questo termine si intende l’affidamento che la collettività ripone nei marchi e nei segni distintivi, i quali garantiscono l’origine e la qualità dei prodotti industriali.

Il reato, pertanto, è un ‘reato di pericolo’: si perfeziona con la semplice detenzione per la vendita dei prodotti falsi, a prescindere dal fatto che un acquirente venga effettivamente ingannato. La circolazione di merce contraffatta, anche se palesemente falsa, mina la fiducia generale nel sistema dei marchi. Per questo motivo, la tesi del reato impossibile basata sulla contraffazione grossolana non può essere accolta.

Il Concorso tra Ricettazione e Commercio di Falsi

La Corte ha inoltre ribadito un altro importante principio: i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) possono concorrere. Non vi è tra le due fattispecie un rapporto di specialità. Esse descrivono condotte diverse sia dal punto di vista strutturale che cronologico: la prima punisce l’acquisto o la ricezione di beni di provenienza illecita, la seconda la successiva messa in commercio. Pertanto, un soggetto può essere ritenuto responsabile per entrambi i delitti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. La lotta alla contraffazione non mira solo a proteggere il consumatore finale, ma a salvaguardare un bene collettivo, la fede pubblica, essenziale per il corretto funzionamento del mercato. La decisione della Corte di Cassazione conferma che la detenzione per la vendita di prodotti falsi costituisce reato anche quando la contraffazione grossolana rende l’inganno improbabile. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La vendita di un prodotto con un marchio palesemente falso costituisce reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la detenzione per la vendita di prodotti con marchio contraffatto integra il reato previsto dall’art. 474 c.p. anche se la falsificazione è grossolana. Questo perché la norma tutela la fede pubblica e non la libera determinazione del singolo acquirente.

Perché la contraffazione grossolana non è considerata un ‘reato impossibile’?
Non si configura il reato impossibile perché il bene giuridico protetto è la fede pubblica, intesa come fiducia dei cittadini nei marchi. Questa fiducia viene messa in pericolo dalla circolazione di prodotti falsi, indipendentemente dal fatto che un acquirente possa essere concretamente ingannato dalla qualità della contraffazione.

È possibile essere condannati sia per ricettazione che per commercio di prodotti falsi?
Sì, la Corte ha confermato che i due reati possono concorrere. Si tratta di due fattispecie che descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico (prima la ricezione della merce illecita, poi la sua messa in commercio), quindi non si escludono a vicenda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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