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Contraddittorio camerale: permesso negato, è nulla?

Un detenuto in attesa di giudizio si è visto negare un permesso per conoscere il figlio neonato. Anche il reclamo in appello è stato rigettato senza un’udienza. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la mancata celebrazione del contraddittorio camerale costituisce una nullità assoluta. Il diritto ad essere ascoltati deve essere sempre garantito, indipendentemente dallo status del detenuto. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione nel rispetto della procedura corretta.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Principio del Contraddittorio Camerale: Annullata la Decisione sul Permesso al Detenuto

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione 1 Penale, n. 1224 del 2024, riafferma un principio cardine del nostro ordinamento processuale: l’imprescindibilità del contraddittorio camerale nelle procedure di reclamo avverso il diniego di permessi ai detenuti. Questo principio garantisce che ogni parte abbia la possibilità di essere ascoltata prima che venga presa una decisione, un diritto fondamentale che non può essere derogato, nemmeno per ragioni di celerità. La pronuncia in esame offre un importante spunto di riflessione sul bilanciamento tra esigenze cautelari e diritti della persona, anche quando si trova in stato di detenzione.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di un uomo, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, di ottenere un permesso per poter conoscere il proprio figlio, nato da poco. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) rigettava la richiesta. Contro questo diniego, la difesa del detenuto proponeva reclamo alla Corte di Appello competente.

Tuttavia, anche la Corte di Appello respingeva il reclamo, adottando una procedura de plano, ovvero decidendo sulla base dei soli atti scritti, senza fissare un’udienza per la discussione orale tra le parti. È proprio contro questa modalità decisionale che la difesa ha presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione.

Il Ricorso in Cassazione e il mancato contraddittorio camerale

Il ricorso si fondava su due motivi principali. Il primo, di natura squisitamente procedurale, denunciava la violazione di legge per la mancata instaurazione del contraddittorio camerale. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avrebbe dovuto fissare un’udienza in camera di consiglio, come previsto dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, per permettere un confronto effettivo tra le parti prima di decidere.

Il secondo motivo, invece, entrava nel merito della questione, sostenendo che sussistessero tutte le condizioni per la concessione del permesso e che la motivazione del diniego fosse viziata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato e assorbente il primo motivo di ricorso, quello relativo alla violazione delle norme procedurali. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui la procedura di reclamo avverso il diniego di un permesso richiede inderogabilmente il rispetto del contraddittorio. La decisione non può essere presa de plano.

Richiamando precedenti specifici, la Corte ha chiarito che questa garanzia procedurale deve essere assicurata a prescindere dallo status del richiedente, sia esso un condannato definitivo o, come nel caso di specie, una persona in attesa di giudizio. La mancata celebrazione dell’udienza in camera di consiglio, dove accusa e difesa possono esporre le proprie ragioni, costituisce una violazione così grave delle regole processuali da determinare la nullità assoluta del provvedimento emesso.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che la doglianza relativa alla mancata integrazione del contraddittorio doveva essere accolta, con l’assorbimento di ogni altra censura relativa al merito della richiesta. Non è stato quindi necessario valutare se il permesso dovesse essere concesso o meno, poiché il vizio procedurale a monte invalidava l’intera decisione.

Le Conclusioni

Per le ragioni esposte, la Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento impugnato e ha rinviato il caso alla Corte di Appello per un nuovo giudizio. Quest’ultima dovrà ora riesaminare il reclamo del detenuto, ma questa volta nel pieno rispetto delle forme procedurali, fissando un’udienza in camera di consiglio per garantire il contraddittorio tra le parti. Questa sentenza riafferma con forza che il diritto alla difesa e al contraddittorio sono pilastri fondamentali dello stato di diritto, la cui applicazione non può essere compressa o ignorata in nessun procedimento che incida sulla libertà e sui diritti fondamentali della persona.

È legittimo che un giudice decida su un reclamo contro il diniego di un permesso a un detenuto senza fissare un’udienza?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che è illegittima la procedura de plano. È necessario instaurare un contraddittorio camerale, garantendo il diritto delle parti di essere ascoltate prima della decisione.

Cosa succede se un provvedimento viene emesso senza rispettare il contraddittorio camerale obbligatorio?
Il provvedimento è affetto da nullità assoluta. Di conseguenza, deve essere annullato e il procedimento deve tornare al giudice precedente per una nuova decisione che rispetti le regole procedurali.

La regola del contraddittorio obbligatorio vale solo per i detenuti condannati in via definitiva?
No, la sentenza chiarisce che il rispetto del contraddittorio camerale deve essere assicurato a prescindere dallo status del richiedente, sia esso condannato in via definitiva o, come nel caso di specie, in attesa di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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