Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9701 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9701 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Cina il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2023 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Depositata in Cancelleria
Oggi
, -7 MAR. 2024
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Firenze ed impugnata dall’imputato, la quale, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, aveva condannato COGNOME alla pena di due anni e due mesi di reclusione per il delitto di cui all’art. 291-bis d.P.R. n. 43 del 1973, per avere introdotto ne territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando pari a 13,2 kg. convenzionali, corrispondenti a sessantasei stecche di sigarette di varie marche.
Avverso la sentenza, l’imputato, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
2.1. Con un primo motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione alla presenza di tabacco nelle stecche di sigarette, posto che gli operanti non hanno visionato, né accertato il contenuto delle stecche; nonostante che, con l’atto di appello, la difesa avesse specificamente contestato l’assenza di accertamenti tesi a verificare l’effettivo contenuto di tabacco all’interno delle sigarette, la Corte appello avrebbe reso una motivazione apparente.
2.2. Con un secondo motivo si lamenta il vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento del peso effettivo delle sigarette sequestrate. Ad avviso del ricorrente, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità co riguardo alle sostanze stupefacenti – per cui occorre accertare, nel singolo caso concreto, l’effettiva efficacia drogante così da appurare la concreta offensività della condotta -, dovrebbero estendersi alla materia dei tabacchi, tanto più che, nel caso di specie, è stato omesso qualsivoglia accertamento in ordine al reale contenuto delle stecche sequestrate
2.3. Con un terzo motivo si eccepisce l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., in quanto, ad avviso del difensore, il superamento della soglia di solo 3,2 kg. avrebbe imposto alla Corte di merito di riconoscere la particolare tenuità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
I primi due motivi, esaminabili congiuntamente essendo collegati, sono infondati.
Si rammenta che l’art. 291-bis d.P.R. n. 43 del 1973 incrimina “chiunque introduce, vende, trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando superiore a dieci chilogrammi convenzionali”.
Per integrare il reato è perciò necessario, da un lato, che la condotta abbia ad oggetto tabacco lavorato estero (e non nazionale) di contrabbando per un quantitativo superiore a 10 Kg. convenzionali, e, dall’altro, che detto tabacco sia introdotto, o venduto, o trasportato, o acquistato o detenuto nel territorio dello Stato.
La definizione di chilogrammo convenzionale è contenuta nell’art. 39quinquies I. n. 504 del 1995, a tenore del quale esso corrisponde, “rispettivamente, a: a) 200 sigari; b) 400 sigaretti; c) 1000 sigarette”.
Orbene, posto che un pacchetto contiene venti sigarette e che una stecca è composta da dieci pacchetti, nel caso in esame, relativo al sequestro di sessantasei stecche, pari, quindi a complessive 13.200 sigarette, del tutto correttamente il peso è stato individuato in 13,20 kg. convenzionali, quindi superiore alla soglia di punibilità fissata in dieci kg. convenzionali.
Non essendo dubbio, come emerge dalla sentenza impugnata (cfr. p. 2), che si trattasse di sigarette, come accertato dagli operanti allorquando aprirono la valigia dell’imputato rivenendo, al suo interno, le sessantasei stecche poi oggetto di sequestro, è perciò del tutto ininfluente accertare, in concreto, il quantitativ di tabacco contenuto in ogni singolo pacchetto o, addirittura, in ogni singola sigaretta, come richiesto dal ricorrente.
Inconferente è il parallelismo, evocato dal ricorrente, con la disciplina prevista per le sostanze stupefacenti dal d.P.R. n. 309 del 1990.
In primo luogo, differente è il bene protetto: la fattispecie di cui all’art. 29 bis d.P.R. n. 43 del 1973, assume, come primario oggetto della tutela, la potestà tributaria dello Stato italiano alla percezione dei diritti di confine, oltre che, ma maniera più defilata – come puntualizzato dalla Corte costituzionale – l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto il contrabbando di t.l.e. è un “fenomeno criminale che (…) interseca gli interessi della criminalità organizzata, allettata dagli inge profitti che tale iniziativa illecita garantisce immediatamente”; la fattispec punita dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, è posto a protezione della salute pubblica, e, sia pure, anche in questo caso, con un rilievo minore – come pure evidenziato dalla Corte costituzionale – anche la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico “negativamente incisi vuoi dalle pulsioni criminogene indotte dalla
tossicodipendenza (…) vuoi dal prosperare intorno a tale fenomeno della criminalità organizzata” (cfr. sentenza n. 333 del 1991).
Del tutto differente è anche la tipizzazione dell’oggetto della condotta incriminata, laddove, in un caso, è prevista una soglia di punibilità, corrispondente a dieci chilogrammi convenzionali, al di sotto della quale il fatto non riveste illiceità penale; nell’altro, invece, oggetto della condotta è un sostanza “stupefacente o psicotropa”, tra quelle previste nelle apposite tabelle, a prescindere dal quantitativo, proprio per l’intrinseca dannosità, per la salute umana, della sostanza medesima, sempre che, in ossequio al principio di offensività, tale quantitativo abbia una concreta efficacia drogante o psicotropa.
Tali differenze ben spiegano perché, nella fattispecie di cui all’art. 291-bis d.P.R. n. 43 del 1973 non si richieda, in concreto, alcun accertamento sulla quantitativo di tabacco contenuto in una singola sigaretta e, tantomeno, sulla concreta pericolosità del tabacco.
6. Il terzo motivo è inammissibile.
Con una valutazione di fatto non manifestamente illogica – e quindi non censurabile in sede di legittimità – la Corte di merito ha escluso la qualificazione dell’offesa in termini di “particolare tenuità”, anche in relazione al superamento certamente non esiguo – della soglia di punibilità, che ha causato all’Erario un danno non trascurabile, nonché valorizzando la particolare intensità del dolo, desunto dalle modalità dell’occultamento, elemento che certamente è valutabile ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., il quale rinvia ai criteri dei cui all’art comma 1, cod. pen., che, al n. 3), considera, appunto “l’intensità del dolo”.
A fronte di tale valutazione, il ricorrente oppone censure di contenuto valutativo e fattuale, che evidentemente non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità.
Per i motivi indicati, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/01/2024.