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Continuazione tra reati: illegittimo il no senza udienza

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che respingeva una richiesta di applicazione della continuazione tra reati per pene patteggiate. Il giudice dell’esecuzione aveva deciso ‘de plano’, ovvero senza udienza, basandosi sul parere contrario del Pubblico Ministero. La Suprema Corte ha stabilito che tale procedura è illegittima, in quanto viola il diritto al contraddittorio. La regola generale impone la celebrazione di un’udienza in camera di consiglio, e il parere del PM non è vincolante, dovendo il giudice valutare autonomamente l’istanza.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati e Patteggiamento: Obbligatoria l’Udienza Anche con Parere Contrario del PM

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la richiesta di applicazione della continuazione tra reati in fase esecutiva non può essere rigettata senza un’udienza formale, nemmeno in presenza del parere contrario del Pubblico Ministero. Questa decisione, la n. 11222 del 2024, sottolinea l’importanza del contraddittorio come garanzia irrinunciabile per il condannato.

Il Caso: Una Richiesta di Unificazione delle Pene Rigettata De Plano

Il caso ha origine dalla richiesta di un condannato di ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione per una serie di reati già giudicati con sentenze di patteggiamento. L’obiettivo era unificare le pene sotto il vincolo del medesimo disegno criminoso, ottenendo un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Il Pubblico Ministero esprimeva parere contrario all’istanza. Il Tribunale, adito come giudice dell’esecuzione, invece di fissare la consueta udienza in camera di consiglio per discutere la questione, decideva de plano, ovvero senza alcun contraddittorio, dichiarando di non dover provvedere e aderendo acriticamente alle motivazioni del PM. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione.

L’Importanza del Contraddittorio nel Procedimento di Esecuzione

Il Codice di procedura penale, all’art. 666, stabilisce che il procedimento di esecuzione si svolge, di regola, in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero. La decisione de plano è un’eccezione, consentita solo in casi tassativi: quando l’istanza è manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge o quando ripropone una richiesta già rigettata.

La Corte Suprema chiarisce che la ‘manifesta infondatezza’ non può mai derivare da una valutazione di merito o da un apprezzamento discrezionale, che invece richiedono sempre un confronto dialettico tra le parti. Rifiutare un’istanza perché il PM è contrario rientra in una valutazione di merito, non in una manifesta inammissibilità.

Applicazione della disciplina della continuazione tra reati: le regole procedurali

La sentenza evidenzia come la procedura per l’applicazione della continuazione tra reati in fase esecutiva (art. 671 c.p.p.), anche quando riguarda pene patteggiate (art. 188 disp. att. c.p.p.), non solo non deroga alla regola dell’udienza, ma la rafforza.

In questo specifico contesto, il giudice è chiamato a un compito delicato: deve valutare l’accordo raggiunto tra condannato e PM sull’entità della pena rideterminata o, in caso di dissenso del PM, deve stabilire se tale dissenso sia giustificato o meno. Se lo ritiene ingiustificato, il giudice può accogliere comunque la richiesta del condannato. Questo complesso meccanismo decisionale è del tutto incompatibile con una procedura semplificata e priva di contraddittorio.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. La motivazione centrale risiede nell’erroneo presupposto da cui è partito il Tribunale, ovvero che il parere contrario del Pubblico Ministero costituisca una condizione ostativa automatica. Al contrario, il parere del PM è solo uno degli elementi che il giudice deve considerare nella sua autonoma valutazione.

Decidendo de plano, il giudice ha violato il diritto al contraddittorio e, in particolare, il diritto del difensore di partecipare all’udienza. Questa violazione, secondo la Corte, integra una causa di nullità assoluta e insanabile ai sensi dell’art. 178, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. Il Tribunale ha, di fatto, abdicato alla sua funzione giurisdizionale, limitandosi a ratificare la posizione di una delle parti senza consentire all’altra di esporre le proprie ragioni.

Le Conclusioni: Un Principio di Garanzia per il Condannato

La sentenza riafferma un caposaldo del nostro sistema processuale: nessuna decisione che incide sulla libertà personale può essere presa senza un giusto processo, che si sostanzia nel diritto delle parti di essere ascoltate. In materia di continuazione tra reati, il giudice dell’esecuzione ha il dovere di instaurare un pieno contraddittorio, fissando un’udienza per consentire a difesa e accusa di confrontarsi. Il dissenso del PM non può mai trasformarsi in un veto insuperabile, ma deve essere vagliato dal giudice, che rimane l’unico arbitro della decisione finale.

Il giudice dell’esecuzione può rigettare una richiesta di continuazione tra reati senza fissare un’udienza, basandosi solo sul parere contrario del Pubblico Ministero?
No. La sentenza chiarisce che il procedimento standard è l’udienza in camera di consiglio con la partecipazione delle parti. La decisione senza udienza (de plano) è un’eccezione applicabile solo in casi di manifesta infondatezza, che non includono una valutazione di merito o il semplice dissenso del PM.

Il parere contrario del Pubblico Ministero alla richiesta di continuazione è vincolante per il giudice?
No. Il giudice ha il dovere di valutare autonomamente la richiesta. Se ritiene ingiustificato il dissenso del Pubblico Ministero, può comunque accogliere l’istanza del condannato. Trattare il parere contrario come un veto automatico è un errore procedurale.

Qual è la conseguenza se il giudice decide sulla continuazione tra reati senza la prescritta udienza?
La decisione è affetta da nullità assoluta, come stabilito dall’art. 178, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale. Questo vizio determina la mancata partecipazione del difensore all’udienza e può essere rilevato in ogni stato e grado del procedimento, portando all’annullamento del provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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