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Continuazione tra reati e patteggiamento: le regole

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati definiti con sentenze di patteggiamento. La decisione si fonda sulla mancata osservanza della procedura specifica, che richiede il parere formale del Pubblico Ministero sulla pena ricalcolata. Secondo la Corte, il mancato rispetto di questo schema procedurale rende l’istanza originaria, e di conseguenza il successivo ricorso, inammissibile, con condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati e Patteggiamento: La Procedura è Sovrana

Quando si parla di continuazione tra reati, si entra in un campo complesso del diritto penale che può portare a significativi benefici per l’imputato. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: le scorciatoie procedurali non sono ammesse, specialmente quando sono coinvolte sentenze di patteggiamento. Vediamo insieme cosa è stato deciso e perché.

Il Fatto Giuridico

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto avverso un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). L’interessato aveva richiesto l’applicazione dell’istituto della continuazione tra reati che erano stati oggetto di precedenti sentenze di patteggiamento. In sostanza, chiedeva che diverse condanne venissero unificate sotto un unico ‘disegno criminoso’, al fine di ottenere una pena complessiva più mite. Il GIP, tuttavia, non accoglieva la richiesta, spingendo il ricorrente a rivolgersi alla Suprema Corte.

La Questione di Diritto: la Procedura per la Continuazione tra Reati

Il cuore della questione non riguarda il merito della richiesta di continuazione tra reati, ma la procedura seguita per presentarla. La legge, e in particolare l’articolo 188 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, delinea uno schema ben preciso per i casi come questo. Tale schema prevede che, per applicare la continuazione a reati definiti con patteggiamento, sia necessario il coinvolgimento attivo del Pubblico Ministero. Quest’ultimo deve esprimere un consenso o un dissenso formale sulla nuova pena determinata alla luce della continuazione. Questo passaggio non è una mera formalità, ma un elemento essenziale che garantisce il contraddittorio tra le parti anche in fase esecutiva.

Il Ruolo del Giudice e del Pubblico Ministero

Una volta che il Pubblico Ministero ha espresso il suo parere, la palla passa al giudice. A lui spetta il controllo finale sulla congruità della pena e la valutazione dell’eventuale dissenso del PM. Il giudice può infatti ritenerlo ingiustificato e procedere comunque. La legge, sottolinea la Cassazione, non ammette percorsi alternativi a questo schema procedimentale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su un ragionamento lineare e rigoroso. Poiché l’istanza originaria non aveva rispettato lo schema procedimentale imposto dalla legge, essa era già di per sé viziata e, quindi, inammissibile. L’inosservanza di un requisito fondamentale come il parere del Pubblico Ministero rende l’intera richiesta non esaminabile nel merito. Di conseguenza, anche il ricorso presentato davanti alla Suprema Corte, che si fondava su quella stessa istanza invalida, non poteva che subire la stessa sorte. L’inammissibilità ‘a monte’ si trasmette inevitabilmente all’impugnazione ‘a valle’. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma a favore della cassa delle ammende, a sanzione di un ricorso proposto senza le necessarie condizioni di ammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza il principio di legalità procedurale. Nel diritto, la forma è sostanza, e il rispetto delle procedure non è un mero adempimento burocratico, ma una garanzia per tutte le parti coinvolte. La decisione insegna che, per far valere un proprio diritto, come quello alla continuazione tra reati, è indispensabile seguire pedissequamente il percorso delineato dal legislatore. Tentare di aggirare le norme, anche se per una finalità potenzialmente legittima, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente spreco di tempo e risorse, oltre a sanzioni economiche.

È possibile chiedere la continuazione tra reati decisi con sentenze di patteggiamento?
Sì, è possibile, ma è necessario seguire una specifica procedura che coinvolge il Pubblico Ministero.

Qual è la procedura corretta da seguire per questa richiesta?
Secondo l’art. 188 disp. att. c.p.p., è necessario che il Pubblico Ministero esprima un formale consenso o dissenso su una pena ricalcolata alla luce della continuazione. La richiesta non può essere presentata direttamente al giudice senza questo passaggio preventivo.

Cosa succede se la procedura non viene rispettata?
Se la procedura non viene rispettata, l’istanza è considerata inammissibile in partenza. Di conseguenza, anche un eventuale ricorso per cassazione basato su tale istanza verrà dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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