Continuazione tra Reati e Patteggiamento: La Procedura è Sovrana
Quando si parla di continuazione tra reati, si entra in un campo complesso del diritto penale che può portare a significativi benefici per l’imputato. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: le scorciatoie procedurali non sono ammesse, specialmente quando sono coinvolte sentenze di patteggiamento. Vediamo insieme cosa è stato deciso e perché.
Il Fatto Giuridico
Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto avverso un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). L’interessato aveva richiesto l’applicazione dell’istituto della continuazione tra reati che erano stati oggetto di precedenti sentenze di patteggiamento. In sostanza, chiedeva che diverse condanne venissero unificate sotto un unico ‘disegno criminoso’, al fine di ottenere una pena complessiva più mite. Il GIP, tuttavia, non accoglieva la richiesta, spingendo il ricorrente a rivolgersi alla Suprema Corte.
La Questione di Diritto: la Procedura per la Continuazione tra Reati
Il cuore della questione non riguarda il merito della richiesta di continuazione tra reati, ma la procedura seguita per presentarla. La legge, e in particolare l’articolo 188 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, delinea uno schema ben preciso per i casi come questo. Tale schema prevede che, per applicare la continuazione a reati definiti con patteggiamento, sia necessario il coinvolgimento attivo del Pubblico Ministero. Quest’ultimo deve esprimere un consenso o un dissenso formale sulla nuova pena determinata alla luce della continuazione. Questo passaggio non è una mera formalità, ma un elemento essenziale che garantisce il contraddittorio tra le parti anche in fase esecutiva.
Il Ruolo del Giudice e del Pubblico Ministero
Una volta che il Pubblico Ministero ha espresso il suo parere, la palla passa al giudice. A lui spetta il controllo finale sulla congruità della pena e la valutazione dell’eventuale dissenso del PM. Il giudice può infatti ritenerlo ingiustificato e procedere comunque. La legge, sottolinea la Cassazione, non ammette percorsi alternativi a questo schema procedimentale.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su un ragionamento lineare e rigoroso. Poiché l’istanza originaria non aveva rispettato lo schema procedimentale imposto dalla legge, essa era già di per sé viziata e, quindi, inammissibile. L’inosservanza di un requisito fondamentale come il parere del Pubblico Ministero rende l’intera richiesta non esaminabile nel merito. Di conseguenza, anche il ricorso presentato davanti alla Suprema Corte, che si fondava su quella stessa istanza invalida, non poteva che subire la stessa sorte. L’inammissibilità ‘a monte’ si trasmette inevitabilmente all’impugnazione ‘a valle’. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma a favore della cassa delle ammende, a sanzione di un ricorso proposto senza le necessarie condizioni di ammissibilità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza il principio di legalità procedurale. Nel diritto, la forma è sostanza, e il rispetto delle procedure non è un mero adempimento burocratico, ma una garanzia per tutte le parti coinvolte. La decisione insegna che, per far valere un proprio diritto, come quello alla continuazione tra reati, è indispensabile seguire pedissequamente il percorso delineato dal legislatore. Tentare di aggirare le norme, anche se per una finalità potenzialmente legittima, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente spreco di tempo e risorse, oltre a sanzioni economiche.
È possibile chiedere la continuazione tra reati decisi con sentenze di patteggiamento?
Sì, è possibile, ma è necessario seguire una specifica procedura che coinvolge il Pubblico Ministero.
Qual è la procedura corretta da seguire per questa richiesta?
Secondo l’art. 188 disp. att. c.p.p., è necessario che il Pubblico Ministero esprima un formale consenso o dissenso su una pena ricalcolata alla luce della continuazione. La richiesta non può essere presentata direttamente al giudice senza questo passaggio preventivo.
Cosa succede se la procedura non viene rispettata?
Se la procedura non viene rispettata, l’istanza è considerata inammissibile in partenza. Di conseguenza, anche un eventuale ricorso per cassazione basato su tale istanza verrà dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5663 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 30/01/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5663 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANZARO il 10/02/1987 avverso l’ordinanza del 10/10/2024 del GIP TRIBUNALE di Catanzaro dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione; Ritenuto che il ricorso si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui ‘in materia di esecuzione, Ł inammissibile la richiesta di continuazione tra reati oggetto di sentenze di patteggiamento presentata senza l’osservanza dello schema procedimentale delineato dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., a termini del quale Ł necessario che il Pubblico Ministero esprima formale consenso o dissenso su una pena determinata nei limiti indicati dall’art. 444 cod. proc. pen., fermo il potere del giudice, cui compete il controllo di congruità della pena, di ritenere ingiustificato l’eventuale suo dissenso, atteso che le indicazioni di legge sulle modalità di proposizione della predetta richiesta non ammettono alternative’ (Sez. 1, Sentenza n. 22298 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 273138), e che l’inammissibilità a monte dell’istanza rende inammissibile anche il ricorso con cui essa Ł ulteriormente coltivata;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 30/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
CARMINE RUSSO
NOME COGNOME