Continuazione Reato: Inammissibile se la Richiesta è Tardiva in Appello
Nel processo penale, il rispetto dei tempi e delle forme è fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, chiarendo le modalità corrette per richiedere il riconoscimento della continuazione reato in fase di appello. La decisione sottolinea come una richiesta tardiva, presentata solo durante la discussione finale, sia destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguenze significative per l’imputato.
I Fatti di Causa
Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. L’imputato lamentava, tra i vari motivi, la mancata applicazione del vincolo della continuazione con una condanna oggetto di un altro procedimento giudiziario. Tuttavia, emergeva un dettaglio processuale decisivo: la richiesta di “riunione” dei procedimenti e di riconoscimento della continuazione non era stata inserita nell’atto di appello formale, ma era stata avanzata per la prima volta solo in sede di conclusioni, durante l’udienza di discussione.
La Violazione della Catena Devolutiva e la continuazione reato
La Corte di Cassazione ha centrato la sua analisi su un vizio puramente procedurale, ritenendolo assorbente rispetto a ogni valutazione di merito. Il motivo del ricorso, secondo gli Ermellini, non superava la soglia di ammissibilità perché “tardivo”.
Il fulcro della decisione risiede nel concetto di “catena devolutiva”. Questo principio stabilisce che il giudice di secondo grado può esaminare e decidere solo sui punti della sentenza impugnata che sono stati specificamente contestati nell’atto di appello. Qualsiasi richiesta o doglianza presentata successivamente, come nel caso di specie durante le conclusioni orali, crea una “insanabile frattura della catena devolutiva”. Di fatto, si tenta di introdurre un nuovo tema di giudizio al di fuori dei binari procedurali previsti dalla legge, in violazione dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto che la richiesta di continuazione reato dovesse essere formalizzata nell’atto di impugnazione per consentire alla Corte d’Appello di valutarla correttamente. Proporla solo in fase di discussione finale non solo è tardivo, ma impedisce un corretto contraddittorio e una ponderata analisi da parte del collegio giudicante. La Cassazione, pertanto, non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile. Questa decisione comporta non solo l’impossibilità di esaminare la richiesta nel merito, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: L’Importanza del Rispetto dei Termini Processuali
Questa ordinanza offre un importante monito sulla necessità di una meticolosa preparazione degli atti processuali. La richiesta di riconoscimento della continuazione reato, pur essendo un diritto dell’imputato che può portare a una significativa riduzione della pena, deve essere esercitata nel rispetto delle forme e dei tempi stabiliti dal codice di procedura penale. Introdurre tale istanza solo in fase conclusiva dell’appello equivale a non presentarla affatto, precludendo ogni possibilità di accoglimento. La pronuncia conferma la rigidità del sistema delle impugnazioni, dove le negligenze procedurali possono avere effetti definitivi e preclusivi, a prescindere dalla fondatezza sostanziale delle richieste.
Quando deve essere richiesta la continuazione tra reati in fase di appello?
La richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione deve essere formulata nell’atto di appello. Secondo la Corte, non è sufficiente presentarla per la prima volta solo in sede di conclusioni.
Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la richiesta di continuazione è stata ritenuta “tardiva”. Non essendo stata inclusa nei motivi scritti di appello, ha causato una rottura della “catena devolutiva”, violando l’art. 606, comma 3 del codice di procedura penale.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, oltre alla conferma dell’inammissibilità della sua richiesta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19042 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19042 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/04/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME ritenuto che il motivo proposto, ovvero l’omessa motivazione in ordine richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione con condanna oggett di altro giudicato, non supera la soglia di ammissibilità perché “tardivo”; inf richiesta di “riunione”, e di conseguente riconoscimento del vincolo de continuazione, non è stata proposta con l’ atto di appello, ma solo in se conclusioni, con insanabile frattura della catena devolutiva, in violazione del 606, comma 3 cod. proc. pen..
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024.