Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25839 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25839 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MAGENTA il 23/01/1987
avverso l’ordinanza del 06/02/2025 del TRIBUNALE di VERCELLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale il il Tribunale di Vercelli respingeva la richiesta avanzata da NOME COGNOME
finalizzata a ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione, ai sensi degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., in relazione ai fatti di reato
giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1, 2, 3 e 4 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione, non risultavano omogenee e non potevano ritenersi, nemmeno astrattamente, a una
preordinazione criminosa, rilevante ex
artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., dovendosi evidenziare, in linea con il provvedimento impugnato, che «i fatti di
cui alle sentenze oggetto del precedente presente incidente di esecuzione non costituiscono l’attuazione di un progetto criminoso unitario, risultando invero
espressivi di una abitualità criminosa e di scelte di vita legate alla ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti tali da non consentire un
accoglimento integrale opzionale della proposta istanza».
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME COGNOME, venendo sanzionata da fattispecie differenti, quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 luglio 2025.