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Continuazione reati: no se mancano elementi nuovi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante la continuazione reati. L’imputato, condannato per reati di falso e contro il patrimonio tra il 2008 e il 2009, aveva chiesto l’applicazione della continuazione basandosi su un disturbo di personalità documentato in relazione a fatti del 2014. La Corte ha confermato la decisione precedente, negando che il disturbo potesse essere considerato un elemento nuovo e rilevante, data la mancanza di una correlazione temporale con i reati più vecchi.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reati: Quando un Fatto Sopravvenuto Non è un ‘Elemento di Novità’

L’istituto della continuazione reati, disciplinato dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento fondamentale per riconsiderare la pena in fase esecutiva, qualora più reati siano stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, per poter modificare una precedente decisione, è necessario presentare elementi di novità concreti e pertinenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale concetto, sottolineando l’importanza della correlazione logica e temporale dei nuovi elementi addotti.

Il Caso in Esame: Una Richiesta di Continuazione Respinta

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato per una serie di reati di falso e contro il patrimonio, commessi nel biennio 2008-2009. Dopo una prima istanza di applicazione della continuazione rigettata, il ricorrente ha presentato una nuova richiesta basata su un elemento che riteneva essere una ‘novità’: la documentazione di un disturbo di personalità.

Il Tribunale di Torino, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto nuovamente la richiesta, ritenendo che tale disturbo, emerso in relazione a fatti del 2014, non potesse essere considerato un elemento nuovo e decisivo per i reati commessi anni prima. Secondo il giudice, mancava una correlazione temporale che potesse giustificare l’inclusione di tutti i reati sotto un unico disegno criminoso originario.

L’Elemento ‘Nuovo’ e la Valutazione dei Giudici

Il punto cruciale della vicenda risiede nella definizione di ‘elemento di novità’. Il ricorrente sosteneva che la diagnosi di un disturbo della personalità, sebbene successiva ai reati in questione, potesse retroattivamente spiegare la sua condotta e dimostrare l’esistenza di un’unica matrice psicologica alla base di tutti i crimini commessi.

Tuttavia, i giudici di merito hanno adottato un approccio più rigoroso. Hanno escluso che un disturbo documentato nel 2014 potesse, in assenza di altri elementi di collegamento, dimostrare un’unica programmazione criminale per fatti avvenuti tra il 2008 e il 2009. La distanza temporale è stata ritenuta un ostacolo insormontabile per stabilire quel nesso psicologico che è il fondamento della continuazione.

La Decisione della Cassazione sulla Continuazione Reati

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto che le motivazioni addotte dal ricorrente fossero ‘meramente assertive e confutative’, ovvero si limitassero a contestare la decisione del Tribunale senza fornire argomentazioni giuridiche valide o evidenziare vizi logici nel ragionamento del giudice precedente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha confermato la correttezza della valutazione del Tribunale. Per poter essere considerato rilevante, un elemento di novità non deve essere solo ‘nuovo’ in senso cronologico, ma deve anche essere idoneo a modificare il quadro probatorio su cui si era basata la decisione precedente. Nel caso specifico, il disturbo di personalità, manifestatosi in un contesto temporale così distante, non era in grado di provare che i reati commessi anni prima fossero parte di un unico progetto criminoso. Mancava la prova di un legame diretto e causale, rendendo l’elemento presentato irrilevante ai fini della decisione sulla continuazione reati.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi intende ottenere il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva sulla base di nuovi elementi deve fornire prove concrete e pertinenti. Non è sufficiente presentare un fatto sopravvenuto, ma è necessario dimostrare in modo convincente come tale fatto si colleghi logicamente e temporalmente ai reati oggetto della richiesta. In assenza di un nesso causale chiaro, l’istanza è destinata al rigetto e l’eventuale ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile chiedere l’applicazione della continuazione tra reati dopo la condanna definitiva?
Sì, è possibile attraverso la procedura di ‘continuazione in sede esecutiva’ prevista dall’art. 671 del codice di procedura penale, che consente di ricalcolare la pena unificando reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Quali requisiti deve avere un ‘elemento nuovo’ per giustificare la revisione di una precedente decisione sulla continuazione reati?
Secondo la Corte, un ‘elemento nuovo’ deve essere non solo sopravvenuto ma anche direttamente e logicamente collegabile ai reati per cui si chiede la continuazione. In questo caso, la mancanza di una correlazione temporale ha reso l’elemento (un disturbo di personalità) irrilevante.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile perché i motivi sono considerati ‘meramente assertivi’?
Il ricorso viene respinto senza un esame nel merito della questione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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