Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35867 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35867 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME avverso l’ordinanza del 25/3/2024 emessa dal Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO NOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Il giudice delegato del Tribunale di Catanzaro, con l’ordinanza impugnata, approvava il rendiconto di RAGIONE_SOCIALE reso nell’ambito del procedimento di prevenzione conclusosi con l’annullamento del sequestro e la restituzione dei RAGIONE_SOCIALE al prevenuto, ritenendo l’inammissibilità delle contestazioni mosse avverso il
rendiconto.
In particolare, il giudice delegato precisava che le contestazioni erano state irritualmente depositate dal consulente del prevenuto e non già dal difensore, in ogni caso, si trattava di generiche deduzioni afferenti alla determinazione del compenso richiesto dagli amministratori e non al rendiconto di RAGIONE_SOCIALE.
Nell’interesse del ricorrente è stato formulato un unico motivo di ricorso, con il quale si censurano i due profili di inammissibilità sui quali l’ordinanza impugnata si fonda.
In primo luogo, si deduce che il consulente tecnico, essendo stato ritualmente nominato, era pienamente legittimato a presentare richieste e osservazioni al giudice delegato, non occorrendo necessariamente che tali atti venissero veicolati nel procedimento per il tramite del difensore.
Nel merito, ritiene il difensore che il Giudice delegato aveva erroneamente dichiarato l’inammissibilità del plano delle osservazioni, anziché investirne della cognizione il Tribunale in composizione collegiale, come previsto dall’art. 43, comma 4, d Igs. 6 settembre 2011, n. 159 .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Seguendo l’ordine logico delle questioni proposte, occorre preliminarmente stabilire se il consulente tecnico fosse o meno legittimato a depositare autonomamente le osservazioni al rendiconto, ovvero se tale facoltà potesse essere esercitata esclusivamente dal difensore.
L’art. 43, comma 3, d Igs. 6 settembre 2011, n. 159, stabilisce che il giudice delegato, verificata la regolarità del conto, ne ordina il deposito e ne fa dare avviso agli “interessati”, al pubblico ministero e all’RAGIONE_SOCIALE. L’obbligo di comunicazione è direttamente funzionale a consentire ai suddetti soggetti di proporre contestazioni, sicchè la legittimazione deve essere riconosciuta, oltre che ai soggetti pubblici sopra indicati, anche agli “interessati”, essenzialmente da individuarsi in coloro nei cui confronti il sequestro è stato disposto.
La norma individua il soggetto legittimato a proporre le contestazioni, ma non individua anche le specifiche modalità e, soprattutto, non precisa se tale facoltà possa essere azionata dal difensore dell’interessato, ovvero anche da altri soggetti che agiscano per conto di quest’ultimo, ivi compreso il consulente di parte
eventualmente nominato nell’ambito della procedura.
La difesa del ricorrente propende per quest’ultima soluzione, sottolineando come l’art. 230 cod. proc. pen. consente ai consulenti tecnici di presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve, nonché di partecipare alle operazioni peritali.
Più in AVV_NOTAIO, le parti, nell’esercizio del diritto alla prova, possono svolgere attività integrativa di indagine e, in tale ambito, chiedere l’acquisizione di parer espressi da consulenti tecnici.
Conclude il ricorrente nel senso di ritenere che, essendo il consulente di parte “costituito in giudizio per conto della difesa”, sarebbe legittimato a depositare personalmente le osservazioni.
2.1. La tesi difensiva non è condivisibile.
Deve in primo luogo evidenziarsi come non sia applicabile, neppure per analogia, la previsione dettata dall’art 230 cod. proc. pen., concernente lo svolgimento della perizia, nell’ambito della quale è espressamente disciplinata la possibilità di nomina di consulenti tecnici di parte e l’esercizio dei poteri lor riconosciuti.
Anche nel caso di consulenza tecnica svolta al di fuori della perizia – ipotesi maggiormente assimilabile a quella in esame – l’art. 233 cod. pen. consente al consulente di esporre al giudice il proprio parere, ma al di fuori dell’ipotesi in cui parere sia reso in forma orale, il deposito di elaborati tecnici è consentito esclusivamente per il tramite delle memorie ex art.121 cod. proc. pen., norma che riconosce tale possibilità alle parti e ai difensori.
In buona sostanza, nel processo penale l’ingresso della consulenza tecnica di parte è necessariamente filtrata dall’iniziativa della parte processuale rappresentata dal difensore, tant’è che il consulente può essere sentito in dibattimento solo se il suo nominativo sia stato inserito nella lista testimoniale, né l’elaborato tecnico eventualmente redatto può essere acquisito d’ufficio, in assenza di richiesta della difesa veicolata mediante una memoria ex art. 121 cod. proc. pen. (argomenta in tal senso Sez.1, n. 6506 del 23/4/1998, Santagati, Rv. 210761).
Del resto, la necessaria intermediazione del difensore è essenziale per garantire che l’iniziativa del consulente sia compatibile e conforme con la linea difensiva e con l’interesse della parte rappresentata, valutazione che compete unicamente al difensore e non già al consulente tecnico.
A tal riguardo è emblematico il principio affermato dalle Sezioni unite che, sia pur con riguardo alla diversa tematica della proposizione delle eccezioni di nullità, hanno chiarito come la “parte” cui compete lo svolgimento dell’attività
defensionale in senso tecnico è da individuarsi nel solo difensore, in quanto l’ordinamento processuale privilegia la difesa tecnica rispetto all’autodifesa, che non è mai consentita in via esclusiva, ma solo in forme che si affiancano all’imprescindibile apporto di un esperto di diritto abilitato alla professione legale (Sez.U, n. 5396 del 29/1/2015, Bianchi, Rv. 263024).
Nella stessa linea appare indirizzarsi la sentenza Sez U, n. 39060 del 16/07/2009, COGNOME, da cui è dato desumere che una componente essenziale del concetto di “parte” deve essere individuata nel difensore.
2.2. I principi sopra delineati devono trovare applicazione anche nel giudizio di prevenzione, nell’ambito del quale è prevista la necessaria assistenza difensiva, con la conseguenza che per “parte interessata” deve intendersi il soggetto rappresentato dal difensore, di fiducia o d’ufficio, non potendosi estendere tale nozione anche al consulente tecnico, pur se la sua nomina è stata ritualmente formalizzata, tanto più che nel procedimento di prevenzione non è neppure disciplinata, in linea AVV_NOTAIO, la figura del consulente di parte.
In conclusione, pertanto, si ritiene che anche nel procedimento di prevenzione il consulente tecnico di parte non è legittimato a interloquire direttamente con il giudice, mediante l’autonomo deposito di elaborati tecnici, la cui introduzione nel giudizio sarà consentita solo per il tramite del difensore, essendo questi l’unico soggetto legittimato a rappresentare in giudizio la parte destinataria della misura.
Per completezza, si ritiene opportuno sottolineare come il ricorso risulti anche carente di specificità.
Il Giudice delegato ha ritenuto l’inammissibilità delle contestazioni rilevando come queste riguardassero esclusivamente il criterio di computo del compenso degli amministratori, aspetto che non attiene direttamente all’attività gestoria.
Nel provvedimento del giudice delegato, pertanto, si è preso atto che le contestazioni riguardavano aspetti diversi rispetto al rendiconto di RAGIONE_SOCIALE e per tale ragione se ne è dichiarata l’inammissibilità.
Rispetto a tale conclusione, il ricorso non prende in alcun modo posizione, non illustrando le ragioni della dedotta erroneità del giudizio espresso nell’ordinanza impugnata e limitandosi a richiamare in linea AVV_NOTAIO la funzione del rendiconto e dell’attività di controllo rimessa agli organi della procedura.
In buona sostanza, quindi, il ricorso omette di confrontarsi con la ragione, principale e assorbente, per la quale il Giudice delegato ha dichiarato, de plano, l’inammissibilità delle osservazioni, il che ha legittimamente consentito l’approvazione del rendiconto senza la necessità di investire della questione il Tribunale in composizione collegiale.
A tal riguardo, infatti, deve precisarsi che il giudice delegato non è obbligato a rimettere il giudizio sulle contestazioni all’organo collegiale, essendo preliminarmente tenuto a verificare l’ammissibilità delle stesse.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 settembre 2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presi COGNOME t