Consegna UE: L’Onere della Prova per il Rischio di Trattamenti Inumani
La cooperazione giudiziaria in ambito europeo si fonda su un principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri. Tuttavia, la procedura di consegna UE basata sul Mandato d’Arresto Europeo può essere rifiutata se sussiste un rischio reale di violazione dei diritti fondamentali della persona richiesta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31533/2025, ha ribadito un principio cruciale: spetta alla difesa fornire prove concrete e specifiche di tale rischio.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla decisione della Corte di appello di Ancona, che aveva disposto la consegna di un cittadino alle autorità giudiziarie rumene. La persona era stata condannata in via definitiva a una pena di un anno e sei mesi di reclusione per il reato di guida in stato di ebbrezza. I difensori dell’interessato hanno proposto ricorso per cassazione, opponendosi alla consegna e sostenendo l’esistenza di un pericolo di subire trattamenti inumani e degradanti nelle carceri rumene, in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’argomentazione netta: la difesa non aveva adempiuto al proprio onere probatorio. I giudici hanno sottolineato che non è sufficiente invocare in modo generico i principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea o limitarsi a sostenere che un determinato Stato non si conformi agli standard minimi di trattamento dei detenuti.
Le Motivazioni: la Necessità di Prove Concrete sulla Consegna UE
Il cuore della motivazione della sentenza risiede nella riaffermazione di un consolidato orientamento giurisprudenziale. La Corte ha stabilito che è onere della difesa prospettare alla Corte di appello “informazioni attendibili, specifiche ed aggiornate” su cui fondare la ragionevole affermazione dell’esistenza di un concreto pericolo.
Nel caso specifico, la difesa si era limitata a richiamare principi generali, senza fornire elementi oggettivi e precisi a sostegno della propria tesi, né in termini generali sulle condizioni carcerarie in Romania, né in concreto riguardo alla specifica situazione del proprio assistito. La Corte ha inoltre precisato che la valutazione sull’esistenza di un simile rischio è un accertamento di fatto che compete ai giudici di merito (la Corte d’appello) e non può essere proposto per la prima volta in sede di legittimità, dove il controllo della Cassazione è limitato alla violazione di legge.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza offre un’importante indicazione pratica per i difensori impegnati in procedure di consegna UE. Non basta più eccepire genericamente il rischio di trattamenti inumani. È indispensabile un lavoro di ricerca e documentazione per raccogliere prove concrete, come report aggiornati di organizzazioni internazionali, dati specifici sul sovraffollamento carcerario dell’istituto di destinazione o elementi che attestino un rischio individuale. La decisione rafforza il principio secondo cui l’ostacolo alla cooperazione giudiziaria europea deve essere ancorato a prove solide e circostanziate, non a mere presunzioni o affermazioni generali.
È sufficiente affermare che le carceri di uno Stato UE non rispettano i diritti umani per bloccare una consegna?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non basta una generica affermazione. È onere della difesa fornire “informazioni attendibili, specifiche ed aggiornate” che dimostrino l’esistenza di un concreto pericolo di trattamento inumano e degradante per la persona richiesta.
Chi deve provare il rischio di trattamenti inumani nel procedimento di consegna UE?
Secondo la sentenza, è la difesa della persona richiesta in consegna che ha l’onere di prospettare alla Corte di appello elementi oggettivi e precisi a sostegno del pericolo di subire trattamenti contrari all’art. 3 CEDU.
Si può sollevare per la prima volta in Cassazione la questione delle condizioni carcerarie dello Stato richiedente?
No. La sentenza stabilisce che tale questione, implicando un accertamento di fatto sulle condizioni di detenzione, deve essere presentata e provata davanti alla Corte di appello. Non è consentito presentare tale prospettazione per la prima volta in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31533 Anno 2025
Errore definitivo dopo 5 tentativi: is not known: /5, /TT0, /TT1, /Xi1, /Xi2