Sentenza di Cassazione Penale Sez. F Num. 36351 Anno 2019
Penale Sent. Sez. F Num. 36351 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/08/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Senegal il 10/07/1982
avverso la sentenza del 17/07/2019 della Corte di appello di Bologna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 17 luglio 2019, la Corte di appello di Bologna ha disposto la consegna di NOME COGNOME, cittadino senegalese, all’autorità giudiziaria del Regno di Spagna in relazione al M.A.E. cautelare n. 71/2018 emesso dal Magistrado Presidente de la Audiencia Provincial de Palma De Mallorca, Sezione I, il 6 maggio 2019 in ordine al reato di traffico di sostanze stupefacenti, punito dall’art. 368 cod. pen. spagnolo, commesso il 12 maggio 2017.
LA
2. Nell’interesse di NOME COGNOME il difensore avvocato NOME COGNOME quale sostituto dell’avvocato NOME COGNOME ricorre avverso la su indicata sentenza deducendo i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. ed b) e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 6, commi 2 e 3, I. 22 aprile 2005, n. 69, per omessa indicazione delle informazioni richieste a mente dell’art. 6, comma 1, lett. . e), I. cit
La sentenza sarebbe lacunosa degli elementi su cui fondare la commissione del reato nonché del momento, del luogo e del grado di partecipazione del ricorrente; non sarebbe sufficiente il semplice riferimento alla circostanza che NOME COGNOME era stato trovato in possesso di un determinato quantitativo di sostanza stupefacente senza nulla allegare a conforto dell’ipotesi di illecita cessione o messa in vendita in favore di terzi. Carenze di informazioni che avrebbero dovuto indurre la Corte di appello ad effettuare approfondimenti ex art. 16 I. cit. invece omessi.
In realtà il ricorrente, in occasione del suo viaggio in Spagna effettuato per vacanza risiedendo stabilmente in Italia da circa tredici anni, sarebbe stato trovato in possesso della sola sostanza stupefacente del tipo detenuta hashish per uso personale.
La quantità di sostanza rivenuta e la diversa tipologia qualitativa della cocaina avrebbero, quindi, deposto per una conferma della versione resa dal ricorrente circa la detenzione dello stupefacente da parte di terze persone.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge art. 606, comma 1, lett. ed ex b) e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 17, comma 4, I. 22 aprile 2005, n. 69, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.
Dalla lettura degli atti provenienti dall’autorità spagnola sarebbe rilevabile la sola indicazione delle norme violate ed il generico riferimento alle dichiarazioni degli appartenenti alle forze di polizia che avrebbero sorpreso il ricorrente in possesso di droga (testualmente: «hanno sorpreso l’imputato in possesso della droga descritta nonché delle sostanze intercettate»); condotta che, per come descritta, sarebbe incompatibile con la fattispecie di cui all’art. 368 cod. pen. spagnolo che prevede che il soggetto promuova, favorisca o agevoli il consumo illegale da parte di soggetti terzi.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge art. 606, comma 1, lett. ed ex b) e), cod. proc. pen. in assenza dei requisiti di cui all’art. 7, I. 22 aprile 2005, n. 69, circa la necessaria doppia incriminazione tra i due ordinamenti, essendo invece precluso il riferimento alle ipotesi previste dall’art. 8, comma 1, lett. econdo cui si e), I. cit. s fa luogo a consegna obbligatoria indipendentemente dalla doppia incriminazione per i fatti di vendita, oggetto, cessione, distribuzione, commercio, acquisto, trasporto, esportazione, importazione e fornitura a terzi di sostanze stupefacenti.
La sostanza stupefacente era stata rivenuta al momento dell’intervento della polizia mentre il ricorrente era in compagnia di altre persone che, fuggite, se ne disfacevano; l’appartenenza a terze persone dello stupefacente sequestrato sarebbe logicamente fondata proprio sulle differenze qualitative della sostanza.
Tali fatti, in quanto integranti la sola ipotesi prevista dall’art. 75 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, estranei, quindi, all’art. 368 cod. pen. spagnolo, non rientrerebbero nella previsione di cui all’art. 8, lett. gualmente non e), I. cit. e applicabile al caso di specie. L’assenza di elementi da cui desumere la destinazione a terzi della sostanza, in uno alla non applicabilità dell’art. 8, lett. e), I. cit. implicherebbe l’assenza del requisito della doppia incriminazione ex art. 7, I. cit.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente evidenzia violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione alla mancata applicazione del disposto di cui all’art. 19, comma 1, lett. 2 aprile 2005, n. 69, nella parte c), I. 2 in cui la sentenza impugnata, in considerazione della residenza ed il «radicamento» sul territorio nazionale del ricorrente, in Italia da tredici anni, non ha previsto il condizionamento della consegna al suo reinvio in Italia all’esito del procedimento al fine di scontarvi, se del caso, la pena o la misura di sicurezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato limitatamente all’ultimo motivo di ricorso, circostanza che consente a questa Corte di direttamente disporre la subordinazione della consegna alla condizione che NOME COGNOME all’esito del processo, sia reinviato in Italia al fine di ivi scontare la pena eventualmente inflitta dall’autorità giudiziari spagnola.
2. Infondati risultano il primo ed il secondo motivo per mezzo dei quali il ricorrente deduce, rispettivamente, la mancata indicazione dei requisiti enunciati nell’art. 6, comma 1, lett. I. 22 aprile 2005, n. 69 e la carenza dei gravi e), I. indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 17, comma 4, I. cit.
La Corte di appello di Bologna ha evidenziato con motivazione completa, riportandosi al contenuto della richiesta di consegna enunciata nel M.A.E. emesso dall’autorità giudiziaria spagnola, che il ricorrente era stato sorpreso dalle forze di polizia mentre era in possesso di tre confezioni di er un cannabis p peso complessivo di grammi 4,2, una confezione di cocaina del peso di grammi 0,4, per una purezza pari al 14%, di due involucri di er una purezza pari extasy p al 76% e di quattro confezioni di cocaina del peso complessivo di grammi 1,9 per una purezza di del 29,5 0, il tutto destinato alla cessione a terzi, oltre ad euro 0 /
55, in banconote da euro 10 e 5, quale provento dell’illecita attività di spaccio. Elementi che, secondo l’autorità giudiziaria emittente, integra la fattispecie di cui all’art. 368 cod. pen. spagnolo.
In ordine ai limiti posti dall’art. 18, comma 1, lett. rile 2005, n. t) , I. 22 ap 69, a mente del quale vi è rifiuto di consegna in ipotesi di omessa motivazione del mandato di arresto europeo, deve essere ribadito il principio a mente del quale l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della “riconoscibilità” del presuppost dei gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 17, comma 4, I. cit., deve limitars «a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna» (Sez. un. n. 4614 del 30/1/2007, COGNOME , Rv. 235348; tra le tante, v. Sez. F, n. 33642 del 13/9/2005, COGNOME, Rv. 232118; Sez. 6, n. 34355 del 23/9/2005, Ilie, Rv. 232053).
Esula, pertanto, dai poteri conferiti al giudice nazionale qualsiasi valutazione in ordine all’adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del mandato e degli elementi di prova addotti a discarico dal ricorrente, i quali troveranno la loro normale sede di prospettazione, ponderazione e disamina dinanzi all’autorità giudiziaria emittente (Sez. 6, n. 16362, del 16/4/2008; Mandaglio, Rv. 239649; da ultimo, v. Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013, COGNOME, Rv. 257466), essendo sufficiente che le fonti di prova indicate nella relazione siano astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria (Sez. F, n. 32381 del 24/08/2010, Termini, Rv. 248254; Sez. 6, n. 3952 del 27/01/2016, COGNOME non mass.).
La Corte di appello risulta aver fatto buon governo dei citati principi di diritto, richiamando le evidenze fattuali poste alla base del provvedimento cautelare emesso nei confronti del ricorrente, costituite dalle osservazioni svolte dal personale delle forze di polizia che hanno accertato il possesso in capo a COGNOME di una diversificata quantità di sostanza stupefacente suddivisa in plurime dosi, condotta che risulta altresì punita nell’ordinamento italiano dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
4. Inconferente, di conseguenza, risulta anche il terzo motivo di ricorso. A prescindere dalla circostanza che il delitto contestato rientri o meno nelle ipotesi eccettuate di cui all’art. 8, comma 1, lett. it., come anche osservato dalla e) , I. c Corte di appello, quella del ricorrente è condotta certamente ricompresa nella fattispecie di cui all’art. 7, comma 3, I. cit. che impone di dare esecuzione al mandato di arresto europeo quando la pena o la misura di sicurezza non sia inferiore a dodici mesi; evenienza, quest’ultima, che deve essere esclusa in
quanto nessuna delle ipotesi delittuose previste dall’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (norma corrispondente a quella di cui all’art. 368 cod. pen. spagnolo), prevede un limite edittale inferiore ai dodici mesi.
5. Fondato risulta il quarto motivo di ricorso per mezzo del quale si censura l’omessa sottoposizione a condizione del rinvio del ricorrente all’esito del procedimento, tenuto conto della residenza e del «radicamento» in Italia.
5.1. L’art. 19, lett. 22 aprile 2005, n. 69 prevede, nei casi di mandato c), I. di arresto europeo «processuale», quando il richiesto sia cittadino o residente dello Stato italiano, che la sua consegna debba essere subordinata alla condizione che la persona, all’esito del processo (in tali termini deve essere intesa la non chiara espressione «dopo essere stata ascoltata»: Sez. F, n. 34956 del 04/09/2008, Fuoco, Rv. 240919; Sez. 6, n. 12338 del 21/03/2007, Compagnin, Rv. 235949), sia rinviata nello Stato di esecuzione per scontarvi la pena eventualmente pronunciata nei suoi confronti dallo Stato di emissione.
Se, infatti, la persona richiesta in consegna ai fini di un’azione penale è residente nello Stato, la condizione del reinvio prevista dall’art. 19, lett. c), I. cit. costituisce un requisito di legittimità della decisione di consegna, allorché non vi sia un’esplicita diversa richiesta dell’interessato.
5.2. Al fine di meglio precisare cosa debba intendersi per «residente dello Stato», rapporto tra il soggetto ed il territorio nazionale, enunciato quale presupposto che determina detto obbligo di condizionamento della decisione da parte della Corte di appello, si osserva – come rilevato dal Giudice delle leggi (sentenza n. 227 del 2010) – che la Corte di Giustizia ha identificato la nozione di residenza con quella di residenza effettiva nello Stato dell’esecuzione e la nozione di dimora con quella di un soggiorno stabile di una certa durata, che consenta di acquisire con lo Stato legami d’intensità pari «a quelli che si instaurano in caso di residenza».
Il giudice comunitario ha sottolineato l’esigenza che il giudice nazionale proceda ad una valutazione complessiva degli elementi oggettivi che caratterizzano la situazione del ricercato, come la durata, la natura e le modalità del suo soggiorno, nonché i legami familiari ed economici che ha stabilito nello Stato dell’esecuzione; ha, infine, precisato quali circostanze, pur non essendo di per sé decisive, possono essere valutate ai fini della consegna: una dimora interrotta ovvero il mancato rispetto delle norme in materia di ingresso e soggiorno nello Stato dell’esecuzione.
5.3. Sotto altro profilo, poi, questa Suprema Corte ha osservato che la qualità di «residente» che rileva ai fini dell’art. 19, comma 1, lett. c), I. cit definizione che alla luce del chiaro dettato normativo non tollera nessuna
differenziazione tra «residente» cittadino di Stato membro dell’Unione europea ovvero di soggetto non comunitario, non necessariamente si identifica nel dato meramente formale della residenza anagrafica, ma deve tener conto dell’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia, tra i cui indici concorrenti rilevano la non illegalità della presenza per cittadino non comunitario, l’apprezzabile continuità temporale e stabilità territoriale della presenza, la sede quantomeno principale – se non esclusiva – e consolidata degli interessi lavorativi familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali, la distanza temporale tra commissione del reato, la condanna all’estero e l’inizio della presenza in Italia (Sez. 6, n. 49992 del 30/10/2018, Anton, Rv. 274313; Sez. 6, n. 46494 del 20/11/2013, Chiriac, Rv. 258414; Sez. 6, n. 10042 del 09/03/2010, Matei, Rv. 246507).
5.4. Tanto premesso deve osservarsi che tutti gli atti del procedimento consentono di ritenere la sussistenza del requisito della residenza sul territorio nazionale da parte del ricorrente da cui discende l’illegittimità la sentenza nella parte in cui, pur avendo disposto la consegna all’autorità giudiziaria spagnola di NOME COGNOME non ha altresì previsto la subordinazione della stessa al rinvio in Italia per scontarvi la pena o misura di sicurezza in quella sede eventualmente pronunciata; evenienza che determina l’annullamento della decisione senza che sia necessario disporre il rinvio alla Corte di appello ai fini di ulterio accertamenti che non si palesano affatto necessari al fine di apporre detta condizione.
In tal senso si è pronunciata questa Corte affermando che la consegna subordinata alla condizione del rinvio in Italia prevista dall’art. 19, lett. c), I. 22 aprile 2005, n. 69, è condizionamento che, se non contenuto nella sentenza della Corte di appello, deve essere apposto ex officio dalla Corte di cassazione, e ciò a prescindere da specifica doglianza in merito (Sez. 6, n. 49978 del 28/12/2012, Marti, Rv. 254013).
È vero che questa Suprema Corte ha avuto modo di rilevare che la verifica del requisito della residenza costituisce accertamento che compete alla Corte di appello cui è attribuito ogni potere istruttorio teso proprio ad accertare che lo straniero sia radicato sul territorio nazionale (Sez. 6, n. 24540 del 04/06/2015, Antov, Rv. 264171; Sez. 6, n. 41910 del 07/10/2013, COGNOME, Rv. 257023), dovendo intendersi l’art. 22, I. cit., che prevede il ricorso anche per il merito, idoneo ad attribuire alla Corte di cassazione la possibilità di verificare anche gli apprezzamenti di fatto operati dalla Corte di appello, ma senza poteri sostitutivi e integrativi, né tanto meno istruttori (Sez. 6, n. 7108 del 12/02/2009, COGNOME, Rv. 243078). Ma tale principio, che il Collegio condivide, deve essere oggi coniugato con l’ampliato potere previsto dall’art. 620, comma 1, lett. I), cod.
proc. pen. laddove riconosce la possibilità di decidere, nell’eventualità in cui non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, sulla base degli atti comunque inerenti il procedimento ovvero – come nel caso sottoposto a scrutinio – che risultano essere stati posti a disposizione della Corte di appello e non valorizzati, e ciò in un’ottica di economia processuale razionalmente finalizzata ad evitare inutili rinvii al giudice del merito.
5.5. Dal fascicolo in questione emerge come il ricorrente, cittadino senegalese, è conoscitore della lingua italiana, tanto da non aver avuto bisogno di un interprete all’atto dell’interrogatorio seguito all’esecuzione dell’arresto («il prevenuto comprende e parla perfettamente l’italiano»), e dotato di regolare permesso di soggiorno in Italia; dalla scheda del casellario giudiziario di identità, già a disposizione della Corte di merito, si apprezzano le plurime identificazioni del ricorrente in Italia sin dal 2007, tanto conformemente alla dichiarata permanenza sul territorio nazionale risalente a tredici anni prima.
Tali elementi si saldano coerentemente con le allegazioni effettuate in sede di ricorso e che, per quanto sopra detto circa gli ampliati poteri di questa Corte, possono essere in questa sede adeguatamente valutati: in tal senso, infatti, depongono la carta di identità rilasciata dal Comune di Silvi nel 2010 scadente nel 2020, ove era residente, avendo nel frattempo mutato la sola residenza anagrafica nel comune di Misano Adriatico, ma permanendo una sua residenza sul territorio nazionale senza soluzione di continuità; lo svolgimento dell’attività lavorativa di cui ha fornito adeguata documentazione fiscale con Certificazione Unica 2018 e 2019 ai fini delle imposte sui redditi relativamente agli anni 2017 e 2018, atti certamente utili a dimostrare il regolare assolvimento delle obbligazioni tributarie.
Complessivi dati che danno adeguatamente conto della legittimità della permanenza sul territorio dello Stato, della residenza in Italia del ricorrente da data ormai risalente, a dimostrazione di un radicamento reale e non estemporaneo nel nostro Paese, essendo chiara l’intenzione di permanervi stabilmente con conseguente assimilazione della categoria di «straniero residente» allo status del cittadino (Sez. 6, n. 12665 del 19/03/2008, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 239156).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’omessa subordinazione della consegna alla condizione del reinvio nello Stato italiano, all’esito del processo, per scontarvi la pena eventualmente inflitta in Spagna, reinvio che dispone.
Rigetta nel resto il ricorso.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 20/08/2019
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
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CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE FERIALE
22 AGO 2019