Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26839 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26839 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/10/2023 del TRIBUNALE di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; GLYPH f lette/Sé – da-7e conclusioni del PG Ì H* ,be C-0-3-e-at o I frla e/teítirr0
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RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha sospeso l’esecuzione della sentenza emessa, in data 8 maggio 2009, dal Tribunale di Firenze, divenuta definitiva il 30 ottobre 2010, disponendo la rinnovazione della notifica della sentenza di primo grado all’imputato NOME COGNOME.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, denunciando inosservanza ed erronea applicazione di legge penale.
Il Tribunale ha accolto l’istanza del difensore, come riqualificata con sentenza della Corte di cassazione, sezione Quinta penale, n. 25556 del 2023, ritenendo che il titolo non si era correttamente formato per omessa notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado.
Come ricostruito dal Giudice dell’esecuzione, l’imputato, dal verbale del 24 giugno 2004, risulta aver dichiarato domicilio presso la propria residenza, sita in Bisuschio, provincia di Varese, alla INDIRIZZO e aver nominato difensore di fiducia l’AVV_NOTAIO, del foro di Varese.
Risulta, altresì, che dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, il detto legale aveva rinunciato al mandato (in data 3 febbraio 2005).
A fronte di tale rinuncia, era stato nominato difensore di ufficio, dapprima, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e, successivamente, per decesso di questo, vi era stata la nomina, quale nuovo difensore d’ufficio, dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Il ricorrente deduce che la notifica del decreto che dispone il giudizio presso il domicilio dichiarato, era stata tentata ma ivi l’imputato era risulta irreperibile. Di conseguenza la notifica era stata effettuata al difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., come era avvenuto per l’avviso di conclusione delle indagini.
Analogamente, si era proceduto per la notifica dell’estratto contumaciale. L’imputato non era stato reperito presso il domicilio dichiarato, perché trasferito, dunque, la notifica era stata effettuata al difensore, in data 21 maggio 2010, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
Secondo il Tribunale, non vi sarebbe stata l’effettiva conoscenza del procedimento, da parte dell’imputato, nonostante l’avvenuta, formale e corretta notifica dell’estratto contumaciale.
Sennonché, il ricorrente rileva, richiamando un precedente indicato come in termini (Rv. 267428), che è legittima la notifica mediante consegna dell’atto al difensore (nella specie dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado), eseguita ai sensi dell’art 161, comma 4, cod. proc. pen., in ragione
dell’impossibilità di effettuarla presso il domicilio dichiarato, pur se dagli a risulti la nuova residenza, indicata dallo stesso imputato; tanto, nel caso in cui il mutamento o la revoca di precedente dichiarazione non è avvenuta nelle forme di legge.
Peraltro, nel caso di specie, l’imputato, avendo effettuato la dichiarazione di domicilio ed avendo, inizialmente, nominato un difensore di fiducia, ha sicuramente avuto conoscenza della pendenza del procedimento, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale.
Detta conoscenza si è raggiunta attraverso la consegna del verbale di dichiarazione di domicilio e la nomina del difensore di fiducia, nonché mediante le notifiche del decreto che dispone il giudizio e dell’estratto contumaciale, secondo il ricorrente, correttamente eseguite presso il difensore, in quanto l’imputato era risultato irreperibile al domicilio dichiarato.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, con trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze per nuovo esame.
La difesa, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire memoria con allegata documentazione e ha insistito, argomentandone le ragioni, per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Onde comprendere la complessa vicenda esaminata con il provvedimento, da ultimo, oggetto di ricorso per cassazione, è opportuno ricordare che la questione relativa alla validità del titolo esecutivo si distingue da quella riguardante la richiesta di restituzione nel termine per impugnare perché la prima – alla quale è dedicata la disciplina di cui all’art. 670 cod. proc. pen. trova la sua premessa nel difetto di conoscenza legale del provvedimento, mentre la seconda – regolata dall’art. 175 cod. proc. pen. – postula che il procedimento, che deve assicurare la conoscenza legale, sia corretto e validamente concluso e che si sia creata una divergenza tra conoscenza legale e conoscenza effettiva della decisione, tale da aver ostacolato la proposizione dell’impugnazione, non riconducibile ad un atto volontario del condannato (Sez. 1, n. 57650 del 29/09/2017, COGNOME, Rv. 271913 – 01; Sez. 1, n. 36357 del 20/05/2016, COGNOME, Rv. 268251; Sez. 6, n. 19219 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 270029 – 01).
Al riguardo questa Corte ha già osservato (Sez. 1, n. 32984 del 15/06/2010, Condello, Rv. 248008; Sez. 1, n. 20862 del 30/3/2010, COGNOME, Rv. 247203; Sez. 6, n. 5169 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258775) che l’art. 175 cod. proc. pen., comma 2, come sostituito dal d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, riconosce al contumace il diritto alla restituzione nel termine per impugnare “salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione”.
La formulazione della norma esclude il rimedio previsto se risulti la conoscenza del procedimento, ovvero del provvedimento e la volontaria rinunzia riferibile alla partecipazione al primo, all’impugnazione del secondo.
Ne discende che la mancanza di conoscenza del procedimento accompagnata da mancata volontaria rinunzia a comparire e la mancata conoscenza del provvedimento, accompagnata da mancanza di volontaria rinunzia a impugnare, costituiscono condizioni che devono sussistere entrambe, in via cumulativa, per ottenere la restituzione in termini; sicché, difettando una delle due, deve essere negata la possibilità del giudizio d’impugnazione (Sez. 1, n. 57650 del 29/09/2017, COGNOME, Rv. cit.).
Tale conclusione viene considerata conforme alla giurisprudenza della Corte EDU, che offre i criteri interpretativi della disciplina emanata dal legislatore italiano per armonizzare il sistema giuridico interno ed il giudizio contumaciale ai canoni del giusto processo (Colozza c. Italia, sentenza del 12/2/1985, 27; F.C.B. c. Italia, del 28/8/1991, 33; T. c. Italia, del 12/10/1992, 26).
Per stabilire se vi sia stata o meno rinuncia inequivoca a comparire e a impugnare la condizione preliminare ed essenziale è verificare se l’imputato abbia avuto conoscenza, non soltanto della possibilità di un procedimento a suo carico, ma dell’esistenza effettiva di un processo e del contenuto dell’accusa sulla quale era chiamato a difendersi in giudizio. Inoltre, occorre che tale conoscenza sia stata effettiva, nel senso che il destinatario deve avere ricevuto sicura notizia del processo, fornitagli mediante un atto giuridico rispondente a precise condizioni, formali e sostanziali, idonee a consentirgli l’esercizio concreto dei suoi diritti.
Se tale condizione è provata, chi abbia scelto di non comparire non può dolersi di non avere conosciuto la sentenza che lo ha condannato: tale condizione, in quanto frutto di libera scelta, con la sottrazione al procedimento penale ed al contatto con l’autorità giudiziaria lo ha posto, volontariamente, nella situazione di ignorarne l’esito conclusivo (Sez. 5, n. 14889 del 2010 Rv. 246866).
3.Ciò premesso, rileva il Collegio che con sentenza di questa Corte, sezione Quinta penale n. 25556-23 del 26 aprile 2023, è stato annullato senza rinvio il provvedimento della Corte di appello di Firenze, del 14 novembre 2022, con il quale è stata dichiarata inammissibile per tardività l’istanza di restituzione nel termine formulata nell’interesse del condannato.
3.1. La pronuncia della Suprema Corte ha notato che l’istanza difensiva, originariamente inoltrata al Tribunale di Firenze quale giudice dell’esecuzione (e che ha, poi, declinato la competenza, in favore della Corte di appello di Firenze), intestata “richiesta per la restituzione nel termine”, conteneva il riferimento all’art. 175 cod. proc. pen.
In tale istanza si assumeva che il condannato era rimasto ignaro del processo e della sentenza di condanna, avendo avuto conoscenza soltanto dell’iniziale perquisizione, svolta a suo carico in data 26 giugno 2004, mentre avrebbe appreso dell’esistenza della sentenza di condanna solo dal certificato penale e dalla successiva consultazione degli atti di giudizio, ricevuti in data 18 marzo 2022.
Nondimeno, la Corte di cassazione ha notato che, interpretata la richiesta originaria, emergeva come la Difesa ricorrente in quella sede, avesse eccepito, oltre alla mancata conoscenza del processo, in quanto le notifiche della vocatio in judicium erano state effettuate presso il difensore di ufficio, nominato in sede di identificazione, l’omessa notifica dell’estratto contumaciale, per quanto emergerebbe dalla documentazione versata in atti (ali. 5 -7: cfr. testualmente p. 3 della sentenza indicata), quindi la mancanza di conoscenza del provvedimento, con conseguente necessità di conseguire la revoca della statuizione di irrevocabilità della sentenza di condanna.
Sicché, la doglianza devoluta con l’istanza, secondo il contenuto formale del dispositivo della sentenza di questa Corte, è stata ritenuta concentrata sulla formazione del titolo, così riqualificata l’istanza, ex art. 670 cod. proc. pen. rimettendosi gli atti al Giudice dell’esecuzione funzionalmente competente (Tribunale di Firenze), onde procedere alla verifica della corretta formazione del titolo medesimo.
Tuttavia, la pronuncia della Cassazione citata, nel corpo della motivazione (cfr. p. 3 e 4 della sentenza n. 25556 – 23), ha rilevato che, in ogni caso, il rilievo formulato nell’istanza originaria attenesse – al di là della formale indicazione delle norme di legge che si assumono violate – anche alla richiesta di cui all’art. 175 cod. proc. pen., deducendosi la mancanza di conoscenza del procedimento (cfr. p. 3) per essere state effettuate le notifiche della vocatio in judicium, presso il difensore di ufficio nominato in sede di identificazione, oltre alla mancata notifica dell’estratto contumaciale, atto indicato come dovuto, ratione temporis, ai sensi dell’art. 548, comma 2, cod. proc. pen., dal momento
che la sentenza di primo grado era stata pronunciata anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 67 del 2015.
3.2.11 Collegio, dunque, rileva che la pronuncia di annullamento senza rinvio di questa Suprema Corte, con trasmissione degli atti al Giudice dell’esecuzione, ha lasciato ferma, a fronte del contenuto del dispositivo pronunciato (“annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze quale giudice dell’esecuzione’) e, soprattutto, in base al contenuto della motivazione, l’istanza originariamente formulata dal condannato anche ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., tanto che, poi, la ratio decidendi del provvedimento impugnato è anche quella della rilevata mancanza di conoscenza del procedimento da parte del condannato.
La sentenza di annullamento senza rinvio ha notato, infatti, che nel caso in cui, dinanzi al giudice dell’esecuzione, sia eccepita la nullità del titolo esecutivo e, contestualmente, avanzata istanza di restituzione nel termine per impugnare, in ragione di difetto di effettiva conoscenza del provvedimento, deve pregiudizialmente verificarsi la validità del titolo e, accertata la non esecutività comunque esaminare, autonomamente, l’istanza presentata ai sensi dell’art 175 cod. proc. pen., perché la restituzione del termine presuppone la ritualità dell’atto a cui è legato il termine scaduto (cfr. Sez. 4, n. 50571 del 14/11/2019, Rv. 278441).
Invero, sulla base dell’annullamento senza rinvio, pronunciato dalla Suprema Corte, relativamente all’ordinanza della Corte di appello di Firenze, di inammissibilità dell’istanza di restituzione nel termine formulata dalla difesa, con trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art 670 cod. proc. pen., il Tribunale di Firenze, quale giudice dell’esecuzione, ha esaminato la richiesta originariamente avanzata dalla difesa, rispetto al duplice contenuto devoluto, come individuato e specificato dalla Suprema Corte, sia in ordine alla questione della validità del titolo esecutivo, sia della restituzione del termine per impugnare la sentenza (istanza, invece, considerata tardiva dalla Corte di appello con il provvedimento annullato con rinvio).
3.3.11 giudice dell”esecuzione, dunque, ha preso in esame la dedotta istanza di restituzione del termine, riscontrando la mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato, ordinando la sospensione dell’esecuzione e la rinnovazione della notifica della sentenza di primo grado, con conseguente nuova decorrenza del termine per impugnare.
Tale aspetto della pronuncia impugnata con il ricorso, viene censurato soltanto genericamente da ricorrente, nonostante il fatto che la sentenza di annullamento senza rinvio avesse lasciato fermo il petitum dell’istanza originaria come, contemporaneamente, attenente all’istituto di cui all’art. 175 e a quello di cui all’art. 670 cod. proc. pen.
3.4.Del resto, si osserva che l’esame degli atti, doveroso per la qualità della questione devoluta, ha consentito di acclarare che se è vero, da un lato, che l’imputato, nella specie, ha nominato il difensore di fiducia (AVV_NOTAIO), dichiarando il domicilio presso la propria residenza, dall’altro, si riscontra che tale legame fiduciario si è interrotto unilateralmente, per effetto di rinuncia del 3 febbraio 2005, asseritamente non comunicata all’imputato ex art. 107 cod. proc. pen., affermazione non contestata, specificamente dal ricorrente. Inoltre, in relazione ai due difensori di ufficio, successivamente nominati, non viene svolta, con il ricorso, alcuna considerazione circa l’effettività del rapporto instaurato con l’assistito, rimasto “contumace” per tutto il procedimento.
Su tale punto, peraltro, si rileva che, in caso di avvenuta nomina del difensore di fiducia, la giurisprudenza di legittimità reputa che la perdurante esistenza del rapporto di difesa fiduciaria si considera fatto di per sé idoneo a provare l’effettiva conoscenza della pendenza del procedimento e del provvedimento, Tanto, a meno che non risulti una comunicazione al giudice dell’avvenuta interruzione di ogni rapporto tra il legale e l’assistito (v. Sez. 3, n 15760 del 16/03/2016, Kaya, Rv. 266583 – 01; Sez. 6, n. 5169 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258775 – 01).
Ancora, deve essere richiamato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716), secondo il quale, ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella formulazione antecedente alla modifica operata con legge n. 67 del 28 aprile 2014, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, precisando che tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa, contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l’imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza.
Si è stabilita, in tal modo, anzitutto, la necessità che l’accusato abbia conoscenza del processo, e non soltanto dell’esistenza di un’indagine a suo carico, e perciò che egli sia destinatario di un provvedimento formale di vocatio in iudicium, il quale contenga l’indicazione dell’accusa formulatagli nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio.
Il richiamo forte che operano le Sezioni Unite, dunque, è al canone di conoscenza effettiva e non soltanto presunta né meramente legale dell’atto di vocatio in iudicium (la sentenza delle Sez. U cit. ha evocato l’art. 19, comma 1, lett. a), della legge n. 69 del 2005, in tema di mandato d’arresto europeo).
3.5.Nel caso sottoposto al Collegio, si imputa al ricorrente un’eccessiva estensione dei propri oneri di diligenza e di attivazione al fine di essere messo a
conoscenza dell’accusa nei suoi confronti, agganciandoli alla mera nomina di un difensore di fiducia, con dichiarazione di domicilio presso il luogo di residenza, attuata in una fase, non già di vocatio in iudicium, bensì di svolgimento delle indagini preliminari divenuta, successivamente, priva di effetti concreti per un evento peculiare (la rinuncia al mandato non comunicata all’imputato).
Evidentemente, nel caso del ricorrente, la sua mancata conoscenza non deriva da un uso strumentale delle proprie facoltà per sottrarsi al processo (come, ad esempio, nel caso in cui l’interessato abbia scientemente indicato un recapito inesistente, inveritiero o inadeguato, per l’impossibilità di reperirvi lu stesso o altre persone legittimate alla ricezione, cfr. Sez. 6, n. 21997 del 2020), ma da una particolare situazione originata dalla mancata attivazione, nel silenzio del difensore nominato di fiducia, delle sue possibilità di conoscenza del procedimento in via generica, desunte dall’iniziale notizia di esso, collocata in una fase meramente embrionale e, pertanto, inidonea a poter sostenere un tale onere.
Ciò comporta che non può desumersi la presunzione relativa di conoscenza del processo, invocata dalla parte pubblica ricorrente, facendola discendere dalla notifica effettuata presso un domicilio diverso da quello dichiarato e presso un difensore d’ufficio, differente da quello di fiducia già nominato, non più qualificabile come tale per l’intervenuta rinuncia non comunicata all’imputato. Dunque, in tal caso, la notificazione risulta eseguita pur sempre in un luogo diverso da quel domicilio già indicato e “qualificato” dalla nomina difensiva fiduciaria, sicché alcuna presunzione di conoscenza può dirsi formata (Sez. 5, n. 19949 del 6/04/2021, Rv. 281256).
Del resto, si nota, infine, che la ritenuta mancanza di conoscenza effettiva del procedimento (cui si richiama anche la recente Sez. U, ricorrente NOME) non risulta specificamente “attaccata” da puntuali argomenti dal ricorso che si concentra, invece, sull’esistenza della iniziale nomina fiduciaria e sulla regolarità del procedimento di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. quanto alla notifica degli atti.
4.Segue il rigetto del ricorso.
21/12/2017, dep. 2018, Tuttolomondo, Rv. 271650). Non segue condanna del Ministero della Giustizia al pagamento delle spese processuali, in quanto il ricorrente non può essere assimilato ad una parte o GLYPH privata, rispetto al disposto di cui all’art. 616 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 3775 del g GLYPH
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Così deciso, il 7 marzo 2024 Il Consigliere estensore
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