Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34644 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1   Num. 34644  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME POSCIA EVA TOSCANI
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato in Bangladesh il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Roma dell’11/3/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 11.3.2025, la Corte d’appello di Roma ha provveduto su una richiesta di NOME COGNOME di rescissione della sentenza di condanna del Giudice di pace di Roma del 19.11.2018, irrevocabile il 10.6.2019.
L’ordinanza premette che COGNOME era stato identificato dalla Questura di Roma il 30.10.2014 come persona indagata e che, essendo senza fissa dimora, gli era stato nominato come difensore di ufficio l’AVV_NOTAIO, presso il cui studio eleggeva domicilio e presso cui veniva poi notificato l’1.3.2016 il decreto di citazione a giudizio. Alla prima udienza dibattimentale del 9.5.2016, il giudice disponeva la rinnovazione della notifica, non andata a buon fine, che veniva poi effettuata l’8.5.2017 mediante consegna di copia al collega di studio del difensore di ufficio. Alla seconda udienza, l’imputato e il suo difensore risultavano assenti, sicchØ veniva nominato un difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen. L’imputato e il primo difensore d’ufficio risultavano assenti anche alle udienze del 4.12.2017 e del 19.11.2018, nella quale ultima il processo si definiva con la condanna di COGNOME.
Ciò premesso, il condannato ha chiesto la rescissione, eccependo di non aver mai avuto conoscenza del procedimento. Ha lamentato, in particolare, che in sede di identificazione non era stata accertata la sua effettiva conoscenza della lingua italiana e che gli era stato nominato un difensore d’ufficio, mai presentatosi alle udienze con il quale non aveva mai avuto contatti. Il difensore di fiducia nominato dopo il processo ha segnalato che la buona fede di COGNOME si evince dal fatto che, raggiunto da diverse cartelle di pagamento per condanne di cui non aveva conoscenza, si Ł subito attivato per verificare l’esistenza di ulteriori iscrizioni a suo carico. Peraltro, in un altro processo in cui era assistito da un difensore di fiducia per il medesimo reato, era stato assolto perchØ aveva ottenuto la RAGIONE_SOCIALE umanitaria, tanto Ł vero che successivamente ha anche conseguito il permesso
di soggiorno. La Corte d’appello ha acquisito informazioni dal difensore d’ufficio, AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha comunicato di non avere mai avuto contatti con COGNOME.
La richiesta Ł stata ritenuta infondata, perchØ l’art. 629bis , comma 2, cod. proc. pen. Ł rimedio esperibile nei soli casi in cui vi sia stata una dichiarazione di assenza in mancanza dei presupposti previsti dall’art. 420bis cod. proc. pen. e in cui pertanto l’interessato non abbia potuto proporre impugnazione.
La Corte d’appello, premettendo che al caso di specie Ł applicabile la disciplina dell’art. 420bis cod. proc. pen. vigente prima delle modifiche introdotte con la c.d. riforma Cartabia, rileva che la dichiarazione di assenza Ł stata resa correttamente, in quanto la notifica del decreto di citazione a giudizio Ł stata effettuata ritualmente presso il difensore di ufficio ove l’imputato era elettivamente domiciliato. Di conseguenza, il rimedio da esperire era quello della restituzione del termine ai sensi dell’art. 175, comma secondo, cod. proc. pen., che riguarda il caso in cui l’imputato giudicato in assenza fornisca la prova di non avere avuto effettiva conoscenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione.
In ogni caso, la Corte d’appello ha ritenuto che COGNOME non abbia correttamente assolto all’onere di provare di non avere avuto conoscenza nel processo. Sotto questo profilo, la circostanza che non abbia avuto rapporti con difensori d’ufficio non Ł sufficiente, perchØ ciò Ł ascrivibile al suo comportamento gravemente colposo per non essersi attivato onde mantenere i contatti. Di conseguenza, la richiesta di rescissione Ł stata rigettata.
2.Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, articolando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. la erronea applicazione degli artt. 175, comma 2, cod. proc. pen., 89 d.lgs. n. 150 del 2022.
In particolare, l’art. 89 d.lgs. n. 150 del 2022 ha previsto l’applicazione della nuova disciplina dell’art. 175 cod. proc. pen. alle sole impugnazioni proposte in data successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, laddove il caso di specie riguardava una sentenza emessa prima.
2.2 Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. la  violazione  degli  artt.  420bis e  629bis cod.  proc.  pen.,  con  riferimento  alla dichiarazione di assenza di imputato alloglotta che aveva eletto domicilio presso il difensore d’ufficio.
L’ordinanza, pur avendo preso atto che COGNOME era irregolare, non parlava la lingua italiana ed era senza fissa dimora, ha ritenuto irrilevante che non fosse nella condizione di comprendere il contenuto degli atti, che non avesse ricevuto personale notifica del decreto di citazione e che non avesse avuto alcun rapporto con il difensore d’ufficio.
L’impostazione della Corte d’appello Ł in aperto contrasto con Sezioni Unite nn. 28912/2019 e 23948/2020, che hanno ribadito la prevalenza del dato sostanziale della conoscenza effettiva del processo su quello formale della regolarità della notifica, esprimendo il principio di diritto secondo cui la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non Ł di per sØ presupposto idoneo per la dichiarazione di assenza, dovendo il giudice verificare che vi sia stata una effettiva instaurazione di un rapporto professionale tale da far ritenere con certezza che l’imputato abbia avuto conoscenza del procedimento.
La Corte di cassazione (Sez. 3, n. 13549 del 19.1.2023, Deng) ha già avuto modo di affermare che tali principi sono estensibili all’istituto della rescissione. La Corte d’appello di Roma, invece, ha disconosciuto la necessità di accertare che il condannato avesse avuto con certezza conoscenza del procedimento.
Inoltre, COGNOME aveva eccepito che il verbale di identificazione fosse stato redatto in
lingua italiana senza l’ausilio di un interprete, allegando a comprova della mancata conoscenza della nostra lingua la circostanza che fosse in Italia da soli otto mesi e allegando il verbale delle dichiarazioni rese nel 2018 dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE, da cui risultava che si fosse svolto alla presenza di un interprete. Dunque, l’ordinanza Ł censurabile anche nella parte in cui ha ritenuto valida la notifica del decreto di citazione ad imputato alloglotta in assenza di traduzione dell’atto nella sua lingua.
2.3. Con il terzo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. il vizio di motivazione manifestamente illogica in ordine al mancato assolvimento da parte del condannato  dell’onere  di  allegazione  sulla  incolpevole  mancata  conoscenza  del procedimento.
La Corte d’appello, pur riconoscendo che COGNOME non conosceva l’italiano e che si trovava in condizioni di precarietà, ha ritenuto che l’omessa instaurazione di un rapporto con il difensore d’ufficio fosse ascrivibile a sua grave colpa. Peraltro, ha citato, a sostegno della propria conclusione, un precedente giurisprudenziale non conferente, perchØ riguardante un caso in cui l’imputato aveva nominato un difensore di fiducia.
Con requisitoria scritta trasmessa l’1.7.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, in quanto la Corte d’appello non ha verificato i  profili  della  effettiva  possibilità  del  ricorrente  di  instaurare  il  rapporto professionale con il difensore d’ufficio e della concreta conoscenza del procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato nei termini di seguito esposti.
La Corte di appello ha ritenuto che la assenza di COGNOME nel processo di primo grado sia stata legittimamente dichiarata a seguito della notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore d’ufficio presso cui era stato eletto domicilio in sede di prima identificazione a cura della polizia giudiziaria il 30.10.2014 e che, pertanto, il condannato non abbia fornito la prova di non avere avuto effettiva conoscenza del processo e di non avere potuto proporre impugnazione senza sua colpa.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare, in relazione a processi (come quello di specie) nei quali era stata già pronunciata la dichiarazione di assenza dell’imputato prima dell’entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia, che, in tema di rescissione del giudicato, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudicium”, sicchØ non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari (Sez. 6, n. 21997 del 18/6/2020, COGNOME, Rv. 279680 – 01; piø recentemente, Sez. 1, n. 47373 del 12/11/2024, COGNOME, Rv. 287291 – 01).
Quanto ai presupposti per la dichiarazione di assenza dell’indagato che abbia eletto domicilio, deve essere richiamato il principio affermato dalle Sezioni Unite sin dal 2019, secondo cui, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi sufficiente la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Pg c. COGNOME, Rv. 279420 – 01).
Il presupposto per procedere in assenza, dunque, era stato individuato, già alla luce della disciplina previgente, nel fatto che la elezione di domicilio dovesse essere “seria” e reale, ovvero idonea in concreto a determinare un apprezzabile rapporto tra il soggetto ed il
luogo presso cui indirizzare gli atti, anche sulla base della considerazione che lo stesso art. 162, comma 4bis , cod. proc. pen. (tuttora vigente e, peraltro, introdotto nel nostro ordinamento con la L. n. 103 del 2016, in epoca successiva alla elezione di domicilio avvenuta in questo procedimento da parte di COGNOME) avesse previsto che «l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario».
Peraltro, il caso all’esame delle Sezioni Unite riguardava proprio la vicenda, come quella di specie, di un cittadino straniero e diede l’occasione di affermare che si trattasse di un tipico ambito di possibili elezioni di domicilio di fatto inidonee, ‘frequente nell’ambito dei rapporti con stranieri piø o meno precari presenti o in transito in Italia, in cui in modo magari frettoloso si Ł voluto risolvere il problema della notifica degli atti successivi accettando una indicazione prima facie poco consapevole’.
Si può dire che i principi affermati dalla sentenza COGNOME sono ulteriormente rafforzati dalla successiva modifica dell’art. 420bis cod. proc. pen., secondo cui il giudice procede in assenza dell’imputato anche quando ritiene altrimenti provato che lo stesso ha effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all’udienza Ł dovuta ad una scelta consapevole e volontaria.
Questo vuol dire che, al di là delle specifiche vicende della notifica della citazione a giudizio, si procede in assenza solo quando risulta certo che l’imputato abbia conoscenza dell’avvenuto esercizio dell’azione penale e della instaurazione di un processo a suo carico.
Che il fondamento del sistema delle notifiche riposi sul principio che la parte deve essere personalmente informata del contenuto dell’accusa e del giorno e luogo della udienza e che, quindi, il processo in assenza Ł ammesso solo quando sia raggiunta la certezza della conoscenza da parte dell’imputato, Ł confermato dalla previsione dell’art. 420bis , comma 5, cod. proc. pen., che peraltro riprende il disposto del previgente art. 420quater cod. proc. pen., secondo cui, quando il giudice non abbia raggiunto la certezza della conoscenza della chiamata in giudizio da parte dell’imputato, deve disporre la notifica «personalmente ad opera della polizia giudiziaria»: ciò dimostra che il sistema Ł incentrato esclusivamente sulla effettività di tale conoscenza, senza alcuna presunzione legale di conoscenza della vocatio in ius .
 Ciò  posto,  la  Corte  d’appello  ha  dato  atto  nell’ordinanza  di  avere  disposto, evidentemente nel solco dell’indirizzo giurisprudenziale sopra delineato, che si acquisissero informazioni sul rapporto tra il difensore di ufficio originariamente nominato e l’odierno ricorrente, ‘dovendo valutare la sussistenza del rapporto professionale effettivo del COGNOME con il difensore di ufficio quale suo domiciliatario nel processo de quo ‘.
Per quanto riportato nello stesso provvedimento, l’esito di questa formale interlocuzione Ł stato che il difensore comunicava, via pec alla cancelleria, ‘di non avere mai avuto contatti con il COGNOME‘.
Nondimeno, la Corte d’appello ha ritenuto che il mancato contatto con il difensore sia stato dovuto a colpa esclusiva dell’imputato, il quale avrebbe impedito qualsiasi possibilità per il difensore di rintracciarlo e non si sarebbe attivato per mantenere i contatti onde essere reso edotto dello sviluppo del procedimento.
SenonchØ la prevalente giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza COGNOME ha condivisibilmente affermato che, in tema di rescissione del giudicato, a legittimare la dichiarazione  di  assenza  Ł  l’effettiva  conoscenza  del  processo,  non  potendosi automaticamente desumere dalla “negligenza informativa” dell’imputato la volontà di sottrarsi ad essa (Sez. 5, n. 23670 del 3/6/2025, COGNOME, Rv. 288209 – 01; Sez. 6, n. 44089 del
23/10/2024, COGNOME, Rv. 287298 – 01).
La mancanza di diligenza dell’imputato nel tenersi informato della celebrazione del processo a proprio carico, dopo l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, non integra automaticamente la “volontaria sottrazione alla conoscenza del processo” e non fonda alcuna – non consentita – presunzione di conoscenza della “vocatio in iudicium”, la quale deve essere accertata dal giudice in positivo al fine di procedere in assenza, quale conoscenza effettiva, senza inversione del relativo onere probatorio (Sez. 6, n. 34523 dell’11/5/2023, Safi, Rv. 285177 – 01).
Invece, nel caso di specie la Corte d’appello non ha svolto una verifica concreta della effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato.
Pur avendo accertato che non si fosse mai effettivamente instaurato un rapporto professionale tra il difensore d’ufficio e COGNOME, non ha acquisito elementi idonei a far ritenere con certezza che quest’ultimo avesse avuto conoscenza del procedimento, poggiando l’affermazione della sua colpa esclusiva sul fatto che non si fosse lui stesso attivato per mantenere i contatti con l’AVV_NOTAIO, ma senza fondare tale asserzione su alcun dato concreto che non fosse l’oggettiva assenza di rapporti.
In questo modo, l’ordinanza mostra di far rientrare nel concetto di volontaria sottrazione alla conoscenza del processo anche situazioni meramente omissive e di collegare alla notifica della citazione al difensore d’ufficio domiciliatario la presunzione che essa sia sufficiente a portare l’atto alla effettiva conoscenza dell’imputato, anche quando, come nel caso  di  specie,  quel  difensore  non  abbia  mai  partecipato  ad  alcuna  delle  udienze dibattimentali.
Invece, la Corte d’appello avrebbe dovuto individuare condotte positive di sottrazione alla conoscenza del processo, per il tramite di un accertamento in fatto riguardante anche il coefficiente psicologico della condotta.
Di conseguenza, Ł stato eluso il dovere di controllo imposto al giudice della rescissione, cui sono demandati controlli non solo formali, ma anche sostanziali, sui dati fattuali dai quali desumere la conoscenza della celebrazione del processo, senza incontrare limitazioni nella conduzione dell’accertamento, non rinvenibili nella disciplina testuale (Sez. un., n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, in motivazione).
A quanto fin qui osservato, consegue, dunque, che l’ordinanza impugnata debba essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, per un nuovo esame alla luce dei principi innanzi indicati.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Roma. Così Ł deciso, 26/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME