Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8069 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 8069  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA; avverso la ordinanza del 26/09/2023 della Corte di Appello di Brescia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
– GLYPH La Corte d’appello -di Brescia, con l’ordinanza impugnata -depositata il 6 ottobre 2023 ed in pari data comunicata al difensore del ricorrente, che ha tempestivamente proposto impugnazione- ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato formulata nell’interesse del condannato, oggi ricorrente, che aveva dedotto l’incolpevole mancata conoscenza del processo celebrato libero pede in sua assenza, giacché la vocatio in iudicium per quella contestazione e tutte le successive notifiche di quel processo erano state indirizzate al domicilio dichiarato in data 12 aprile 2014 (verbale contestuale al sequestro di polizia giudiziaria) e, riscontratane la inidoneità, presso il difensore di uffici domiciliatario ex lege, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., senza che l’imputato avesse con questi intrattenuto alcuna forma di contatto professionale per l’intera durata del processo.
La Corte d’appello ha messo in rilievo che la dichiarazione di domicilio, in un atto in cui si dava conto dell’esistenza del procedimento penale instaurando a carico dell’indagato, costituiva presupposto idoneo per la celebrazione del giudizio in assenza dell’imputato ai sensi dell’art. 420 bis cod. proc. pen.; l’imputato, avuta conoscenza del procedimento, aveva l’obbligo di comunicare all’autorità procedente la variazione del domicilio dichiarato e, comunque, l’onere di attivarsi per mantenere i contatti con il difensore di ufficio nominato e di verificare che il domicilio dichiarato fosse idoneo alla funzione da lui stesso scelta. Così stando i fatti processuali, la Corte territoriale ha ritenuto che l’imputato si fosse volontariamente sottratto al processo, avendo scientemente indicato un domicilio inidoneo e non avendo comunque comunicato il mutamento di quello stesso domicilio.
Tanto basta, ad avviso della Corte territoriale, per avere certezza che l’imputato conoscesse del procedimento pendente ed avesse consapevolmente scelto di restare assente, disinteressandosi volontariamente dell’esito e, dunque, della decisione divenuta irrevocabile.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore e procuratore speciale del condannato, deducendo i motivi in appresso sinteticamente indicati, secondo quanto prescrive l’art. 173, comma 1, cod. proc. pen.:
Inosservanza della legge processuale (art. 420 bis cod. proc. pen.) non potendo ritenersi provata la effettiva conoscenza del processo sulla base della mera erronea indicazione del domicilio all’atto del sequestro e della identificazione; nessun atto dimostra che il ricorrente fosse venuto a conoscenza del processo attraverso la comunicazione dell’atto di vocatio in iudicium; esclusa
era rimasta pure l’ipotesi che nel corso del processo il ricorrente avesse interloquito con il difensore nominato di ufficio;
2. Vizio esiziale di motivazione per manifesta illogicità della valutazione operata dalla Corte circa il difetto dei presupposti di fatto e le condizioni in diritto de dedotta incolpevole mancata conoscenza del processo. La Corte ha ritenuto che la omessa comunicazione del mutamento del domicilio dichiarato (imposta dall’ad 161 comma 2, cod. proc. pen.) potesse univocamente rappresentare la volontà di sottrarsi al processo; ma non può farsi discendere dalla mera dimenticanza della comunicazione di mutamento del domicilio la volontà di sottrarsi al processo; né può altrimenti ritenersi che la conoscenza dell’atto di sequestro operato dalla polizia giudiziaria sia equipollente alla conoscenza del procedimento, tanto meno del processo, non avendo il ricorrente mai avuto contezza della vocatio in iudicium, con la precisa contestazione del fatto-reato. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono fondati.
1. Non è dubbio che l’atto di elezione di domicilio del 12 aprile 2014 ebbe luogo nell’ambito del pre-procedimento, senza che il soggetto controllato avesse alcuna contezza del successivo sviluppo processuale dell’istaurando procedimento (Sez. 6, n. 34523 del 11/05/2023, Rv. 285177). Le Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Rv. 279420, in motivazione, § 14) hanno già avuto modo di osservare che: «…, si rammenta come la disposizione , per la difesa dai “finti inconsapevoli valorizzi, quale unica ipotesi in cui possa procedersi pur se la parte ignori la vocatio in ius, la volontaria sottrazione “alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento” … Evidentemente, si deve trattare di condotte positive, rispetto alle quali si rende necessario un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta. L’art. 420-bis cod. proc. pen. non “tipizza” e non consente di tipizzare alcuna condotta particolare che possa ritenersi tale; quindi non possono farsi rientrare automaticamente in tale ambito le situazioni comuni quali la irreperibilità, il domicilio eletto etc. Certamente la manifesta mancanza di diligenza informativa, la indicazione di un domicilio falso, pur se apparentemente valido ed altro, potranno essere circostanze valutabili nei casi concreti, ma non possono essere di per sé determinanti, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della “volontaria sottrazione”: se si esaspera il concetto di “mancata diligenza” sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius
per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che ovviamente è un’operazione non consentita». Del resto, si è pure specificamente riconosciuto che è illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di rescissione, che, sul rilievo della regolarità meramente formale della notificazione dell’atto, assegni al comportamento dell’imputato, che abbia omesso di comunicare all’Autorità giudiziaria il mutamento del domicilio a suo tempo dichiarato, il significato di una volontaria sua scelta di sottrarsi alla conoscenza legale del processo e delle sentenze (in questi precisi termini Sez. 1, n. 27919, del 30/9/2020, COGNOME, Rv. 279641).
L’elemento di ipotizzabile conoscenza del futuro processo evidenziato dalla Corte territoriale e nelle conclusioni del P.g., oltre ad essere di per sé equivoco, non appare comunque idoneo al fine di ritenere che l’imputato volesse sin dal primo contatto con la polizia giudiziaria sottrarsi ad un processo futuro ed eventuale e si colloca comunque in una fase precedente a quella della vocatio in iudicium.
Né può assumere efficacia dirimente il ritenuto mutamento di domicilio, successivo di un anno e non comunicato all’autorità giudiziaria.
1.2. Non può dunque trarsi argomento dalla informazione ricevuta all’atto del sequestro per affermare la conoscenza certa del processo da parte dell’imputato, né sono evidenziati altri elementi (rapporti o contatti tra il difensore di ufficio l’imputato) capaci di rappresentare che il Serban fu informato della pendenza del processo dal difensore di ufficio.
In ragione delle considerazioni che precedono, e in difetto di elementi obiettivi in grado di dimostrare l’effettiva conoscenza del processo da parte del ricorrente, il ricorso va accolto. L’ordinanza impugnata dev’essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia per nuova valutazione della domanda di rescissione del giudicato, che tenga conto dei principi di diritto enunciati sul tema dalla giurisprudenza di legittimità e poco sopra richiamati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 gennaio 024.