Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18606 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18606 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato in Romania il 07/08/1982;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 21/01/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME e diretta ad ottenere la declaratoria di non esecutività della sentenza emessa dal medesimo Tribunale in data 10 novembre 2017, con la quale egli era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione per il reato di cui all’art. 495 cod. pen. (commesso il giorno 28 marzo 2013), nonché per la rimessione in termini per proporre impugnazione avverso tale decisione. Con il medesimo provvedimento il Tribunale ha ordinato la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma, per quanto di competenza rispetto alla domanda di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629bis cod. proc. pen., presentata unitamente a quella ex art. 670 cod. proc. pen.
1.1. L’ istanza si fondava sia sulla erronea dichiarazione di assenza nel processo, non avendo l’imputato ricevuto la notifica del decreto di citazione diretta a giudizio, sia sulla sua mancata conoscenza dell’esistenza del procedimento, essendo egli stato ristretto in Romania dalla data di commissione del reato sino al 28 marzo 2015.
1.2. Il Tribunale ha ritenuto infondate le argomentazioni addotte a sostegno della domanda, valorizzando una serie di circostanze ritenute significative a conferma dell’effettiva conoscenza del procedimento in capo all’istante come, in particolare, il fatto che nella stessa data di commissione del reato, l’interessato era stato edotto che nei suoi confronti sarebbe stata inviata apposita informativa di reato alla competente autorità giudiziaria, che egli aveva nominato un difensore di fiducia presso il quale aveva eletto domicilio, che tutti gli atti erano stati correttamente notificati presso il difensore di fiducia donniciliatario e che il difensore di fiducia aveva proposto appello nei termini di legge avverso la sentenza, nulla adducendo sulla effettiva conoscenza del procedimento da parte del suo assistito.
1.3. Quanto alla presunta impossibilità di essere informato della celebrazione del procedimento perché detenuto per due anni in Romania, il giudice dell’esecuzione ha rilevato che agli atti risultano l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato datata 5 novembre 2013 ed una nuova elezione di domicilio del 15 gennaio 2014, entrambe a firma del COGNOME e recanti l’indicazione
del numero di registro generale del procedimento conclusosi con la citata sentenza del 10 novembre 2017, oggetto dell’odierna richiesta. Secondo il Tribunale di Roma, quindi, l’interessato ben avrebbe potuto sottoscrivere tali atti mentre si trovava in carcere in Romania, alla presenza del difensore, il quale ritualmente ne aveva autenticato la firma e verosimilmente si era recato all’uopo in Romania (tanto da doversi ritenere, secondo il giudice dell’esecuzione, che la dicitura “Roma”, in calce ai predetti atti, frutto di un mero refuso rispetto al luogo dove erano stati predisposti).
Avverso la citata ordinanza il condannato, per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per i suo annullamento.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 670 del codice di rito ed il vizio di motivazione e contesta quanto sostenuto dal Tribunale in ordine alla ipotizzata sottoscrizione della domanda di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato e alla nuova elezione di domicilio nel carcere rumeno ove era ristretto, in quanto mai avvenuta. In particolare, deduce di non avere mai incontrato il difensore di fiducia in carcere, né di avere mai sottoscritto alcuno degli atti sopra indicati, né ancora ha mai proposto appello. Pertanto, secondo il condannato, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto verificare tale circostanza, disponendo l’acquisizione del calendario delle visite e delle persone che lo avevano visitato nel carcere rumeno in quelle date.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve anzitutto evidenziarsi che sulla richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen. il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti per competenza alla Corte di appello di Roma, di talché tale profilo non è oggetto del presente procedimento.
Ciò posto, il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
2. Invero, il ricorrente non si confronta in modo specifico rispetto alle argomentazioni adottate dal Tribunale di Roma per respingere la sua richiesta
proposta a norma dell’art. 670 cod. proc. pen. e non adduce alcun elemento, anche in diritto, idoneo a confutare le conclusioni cui è pervenuto il giudice
dell’esecuzione, il quale, senza incorrere in evidenti vizi logici, ha ritenuto dimostrata – sulla base della documentazione sopra richiamata – la conoscenza
del procedimento da parte di NOME COGNOME e la conseguente regolarità
della dichiarazione di assenza da parte del giudice della cognizione.
Orbene, a fronte di tali elementi la difesa si limita a contestare, in modo del tutto generico, la correttezza della decisione del Tribunale con argomentazioni
prive di qualsivoglia concreta capacità dimostrativa della effettiva mancata conoscenza della celebrazione del giudizio da parte sua (quali quelle relativa alla
mancata visita da parte del difensore al proprio assistito durante la detenzione in
Romania), senza specificare alcunché sulla pretesa irregolarità della
“vocatio in iudicium”e senza tenere conto della circostanza che gli atti sopra indicati sono assistiti da fede privilegiata, dato che la sottoscrizione del ricorrente è stata autenticata dal difensore.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 aprile 2025.