Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33971 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 1 Num. 33971 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
ORDINANZA
sul conflitto di competenza sollevato da: Gip del Tribunale di Alessandria Nel procedimento a carico di NOME nato a MUGNANO DI NAPOLI il DATA_NASCITA NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo una pronuncia conforme a quanto stabilito dal GIP del Tribunale di Alessandria e chiedendo, altresì, che il Collegio valuti la trasmissione della presente decisione anche al GIP di Savona.
Uy
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 20 maggio 2025 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria, pronunciando su richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME e dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di NOME COGNOME, in rinnovazione dell’ordinanza applicativa di misure coercitive pronunciata il 5 maggio 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verbania, ha disposto l’applicazione delle misure cautelari nei confronti dei predetti e sollevato conflitto negativo di competenza ai sensi degli artt. 28 e seguenti cod. proc. pen., limitatamente alle posizioni dei primi tre indagati.
L’originario procedimento è stato radicato presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verbania e riguarda, oltre agli indagati sopra menzionati, anche NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Si procede per plurimi delitti di truffa aggravata commessi secondo modalità costanti e reiterate, ovvero mediante telefonate effettuate a persone anziane le quali, a seguito della simulazione della qualità di appartenente alle Forze dell’Ordine o di avvocato, da parte del chiamante, venivano convinte al versamento immediato di somme di denaro per evitare ulteriori conseguenze (anche di natura penale) a propri congiunti dei quali veniva falsamente riferito il coinvolgimento in incidenti stradali che comportavano la necessità immediata di risarcire il danno.
Investito della richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verbania, ha applicato le misure ritenute idonee a garantire le esigenze cautelari ricorrenti nel caso di specie, dichiarando, per quanto in questa sede specificamente rileva, la propria incompetenza a conoscere dei reati contestati agli indagati in epigrafe indicati, «anche commessi in una composizione soggettiva che comprende solo parte dei predetti indagati».
Si tratta dei delitti di cui ai capi 5), 6), 7), 8), 9), 20), 21), 22), 23) per i il giudice originariamente adito ha dichiarato la competenza del Tribunale di Alessandria.
Vedendosi in tema di connessione a norma dell’ad. 12, lett. a) e b) cod. proc. pen., il giudice ha ritenuto che il criterio di cui alla lett. b) possa operare solo p i reati che presentano i medesimi concorrenti, producendosi, in caso contrario, una violazione del principio del giudice naturale.
Operata tale premessa, sono stati individuati tre gruppi di truffe suscettibili di essere unificate sotto i distinti profili di cui alle lett. a) e b) dell’art. 12 co
pen. con la conseguente (ulteriore) necessità di individuare, all’interno di ciascuno di essi, la fattispecie più grave ai fini della determinazione della competenza ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen.
Il gruppo che rileva, nel caso di specie, è il secondo per il quale, in base al criterio indicato (valutato sulla scorta della «importanza dei valori economici illecitamente appresi»), è stato ritenuto competente il Tribunale di Alessandria.
E’ stata affermata la maggiore gravità del reato di cui al capo 7), commesso ad Ovada, Comune che ricade nel Circondario del Tribunale di Alessandria.
Il Giudice per le indagini preliminari di quest’ultimo Tribunale, con il provvedimento dal quale origina il conflitto, riepilogati i principi fissati dal normativa processuale rilevante nella fattispecie, ha ritenuto la rilevanza assorbente degli artt. 12, lett. b) e 16 cod. proc. pen.
Non essendo possibile individuare, in concreto, quale sia il reato più grave, tenuto conto dei criteri fissati dall’art. 4 cod. proc. pen. ai fini della valutazione dell’imputazione in relazione alla competenza, ha ritenuto applicabile il criterio cronologico.
Pertanto, per quanto riguarda gli imputati NOME, NOME e NOME, essendo stato contestato, come primo reato, quello commesso a Domodossola il 5 settembre 2024 (capo 1)), si è determinata la condizione di conflitto che deve essere risolto.
In punto di applicazione della misura cautelare, il giudice che ha sollevato il conflitto, ha, preliminarmente, disposto, in rinnovazione, un nuovo titolo cautelare atteso che, giusta giurisprudenza di questa Corte di legittimità espressamente riportata, la misura applicata dal giudice dichiaratosi incompetente perderebbe efficacia ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. e la proposizione del conflitto non determina la sospensione del procedimento, né, infine, può essere invocato, in senso contrario, il disposto di cui all’art. 32, comma 3, cod. proc. pen.
Il difensore dell’indagato NOME COGNOME ha chiesto procedersi alla trattazione orale.
All’udienza di discussione il Procuratore generale ha concluso in termini conformi a quanto rilevato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria che ha sollevato il conflitto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite affinché decidano sul questione «se sussista conflitto negativo di competenza nel caso in cui il giudice
5-
per le indagini preliminari, dopo avere ricevuto richiesta per l’applicazione di misure cautelari a seguito della declaratoria di incompetenza per territorio di altro giudice che abbia applicato solo in via provvisoria le misure, ritenutosi a sua volta incompetente ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., anziché limitarsi a ricusare la cognizione del procedimento ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen., applichi, comunque, una misura cautelare e contemporaneamente sollevi il conflitto».
La questione è direttamente rilevante nella fattispecie in esame nella quale il Giudice per le indagini preliminari, investito della mozione cautelare per effetto della declaratoria di incompetenza da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verbania ,ha comunque provveduto sulla richiesta di applicazione delle misure dichiarandosi contestualmente incompetente per territorio, quanto alle posizioni che qui rilevano, ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. e non si è, dunque, limitato a sollevare il conflitto a norma dell’art. 28 cod. proc. pen.
Come segnalato in narrativa, il giudice ha dichiaratamente fatto applicazione (par. 7 dell’ordinanza che ha sollevato il conflitto) del recente orientamento di questa Corte secondo cui il «la misura cautelare emessa dal giudice dichiaratosi incompetente e non rinnovata, ex art. 27 cod. proc. pen., dal giudice indicato come competente perde efficacia anche se quest’ultimo abbia sollevato conflitto di competenza, avendo egli l’obbligo di provvedere, in quanto la proposizione del conflitto non determina la sospensione del procedimento né la previsione di cui all’art. 32, comma 3, cod. proc. pen. consente di ritenere che la prima ordinanza cautelare resti efficace fino alla decisione sul conflitto» (Sez. 6, n. 6731 del 16/12/2024, dep. 2025, Borgese, Rv. 287600 – 01; conforme Sez. 6 -, Sentenza n. 1288 del 28/11/2024, dep. 2025, Collicenza, Rv. 287422 – 02).
Pertanto, ha, dapprima, disposto le misure cautelari nei confronti degli indagati NOME COGNOME, NOME COGNOME (ai quali ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere) e NOME COGNOME (per il quale ha disposto gli arresti domiciliari con il controllo a distanza) e, in secondo luogo, dichiarato la propria incompetenza per territorio in relazione a quelle posizioni, sollevando conflitto negativo di competenza e rimettendo gli atti a questa Corte.
Solo incidentalmente si rileva che la declaratoria di incompetenza ha riguardato anche l’indagato NOME COGNOME in relazione alla cui posizione è stato individuato come competente il Tribunale di Savona, ovvero un giudice diverso da quello originariamente adito, con la conseguenza che, rispetto a tale indagato, non sussiste il conflitto (Sez. 1, n. 10587 del 29/01/2020, Gip, Rv. 278489 – 01).
Proprio in conseguenza dell’orientamento citato dal giudice che ha sollevato il conflitto si è radicato il contrasto nella giurisprudenza di questa Corte che
necessita dell’intervento delle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618, comma 1, cod. proc. pen.
Sul tema, infatti, le decisioni citate si pongono in dichiarata difformità rispetto ai precedenti di questa stessa Sezione che, in materia di conflitto di competenza, A no reiteratamente affermato, sia pure con qualche scostannento del quale si dirà, un principio di diritto confliggente con quello espresso dai recenti arresti.
Va precisato che, sebbene la Sesta sezione si sia pronunciata in materia cautelare e non in quella dei conflitti, tabellarnnente assegnati a questa Sezione, il principio di diritto espresso si pone in termini di incompatibilità con il prevalente orientamento e con la relativa interpretazione delle norme rilevanti per la soluzione del conflitto.
Si tratta del principio in base al quale «non sussiste conflitto negativo di competenza qualora il giudice per le indagini preliminari ritenuto competente per territorio ex art. 27 cod. proc., anziché ricusare la cognizione del procedimento trasmesso da altra autorità giudiziaria, applichi comunque una misura cautelare, atteso che il compimento dell’atto non determina una situazione di stallo del procedimento» (Sez. 1, n. 39874 del 03/10/2012, Confl. comp. in proc. Commisso e altri, Rv. 253693 – 01).
In un caso esattamente sovrapponibile a quello in esame, la Corte ha ritenuto configurabile il conflitto esclusivamente nel caso in cui due giudici ricusano contemporaneamente di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona determinandosi, per effetto di tale situazione, lo stallo del procedimento.
Evenienza che è stata ritenuta non configurabile nel caso in cui il giudice compia l’atto per il quale gli sono stati trasmessi gli atti ritenendolo competente in ordine al procedimento.
L’orientamento risulta essere stato ribadito dalla prevalente giurisprudenza successiva, sia pure con qualche precisazione e, talvolta, alcune difformità delle quali si darà conto.
L’affermazione è stata ribadita, quindi, in termini più generali, da quella secondo cui «non sussiste conflitto negativo di competenza nel caso in cui il giudice che lo solleva adotti, contestualmente, il provvedimento rispetto al quale si sia dichiarato incompetente». (Sez. 1, n. 23854 del 15/01/2016, Confl. comp. in proc. Tunnara, Rv. 266876 – 01).
La fattispecie, in questo caso, ha avuto ad oggetto, il conflitto sollevato dal giudice per le indagini preliminari in ordine al provvedimento di liquidazione del compenso dell’amministratore giudiziario di beni sequestrati ai sensi degli artt. 321 cod. proc. pen. e 322-ter cod. pen. che, tuttavia, aveva emesso il provvedimento nell’erroneo presupposto che l’art. 30, comma 3, cod. proc. pen.,
secondo cui la proposizione del conflitto non ha effetto sospensivo sui procedimenti in corso, gli imponesse di adottare, comunque, il provvedimento per il quale aveva declinato la competenza.
Anche in tal caso, questa Corte ha ritenuto non configurabile quella condizione di stallo del procedimento che, sola, determina la sussistenza del conflitto, richiamando la lettera dell’art. 29 cod. proc. pen. che, senza richiedere alcuna particolare formalità, stabilisce che il conflitto cessa per effetto del provvedimento di uno dei giudici che dichiara, anche d’ufficio, la propria competenza o la propria incompetenza.
Sostanzialmente la tesi fatta propria dall’arresto citato è che il compimento dell’atto «controverso» comporta quella declaratoria (implicita) di competenza che esclude la configurabilità del conflitto, determinandone la cessazione.
Nel ribadire il principio di cui alla massima Rv. 253693, Sez. 1, n. 13988 del 28/02/2020, Gip, Rv. 278940 – 01 (pronunciata in fattispecie identica a quella esaminata nel precedente) ha compiuto, in motivazione, il riferimento all’art. 32, comma 3, cod. proc. pen. che, come si vedrà, integra una delle disposizioni sulla cui interpretazione si è radicato il contrasto.
La norma è stata richiamata a supporto del principio di diritto affermato in ragione della sua interpretazione nel senso che il riferimento, in essa contenuto, all’art. 27 cod. proc. pen. comporta che il termine ivi previsto decorre dalla comunicazione effettuata a norma del comma 2 dello stesso art. 32 cod. proc. pen., ovvero dalla decisione sulla competenza della Corte di cassazione.
Al principio è stata assicurata continuità anche da Sez. 1, n. 13083 del 03/03/2020, Gip, Rv. 279328 – 01.
In motivazione, è stato escluso che possa indurre a diversa conclusione la circostanza che il conflitto sia stato proposto in conseguenza della trasmissione degli atti a norma dell’art. 27 cod. proc. pen. da parte di altro giudice che aveva applicato la misura cautelare dichiarandosi, contestualmente, incompetente, sicché, in tesi, la rinnovazione della misura entro venti giorni si sarebbe resa indispensabile per escluderne l’estinzione.
Richiamando, ancora una volta, il ricordato art. 29 cod. proc. pen., è stato sostenuto che «il giudice della cautela, che riceva gli atti già trasmessi per competenza dal primo giudice dichiaratosi incompetente, deve -alternativamenteprovvedere ai sensi degli artt. 27 e 292 (o 317 o 321) cod. proc. pen., così rinnovando, e stabilizzando, il provvedimento già emanato, ovvero declinare la propria competenza, ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen., senza assumere altra decisione che suoni come esercizio della competenza stessa, che minerebbe in radice l’insorgenza del conflitto a norma del successivo art. 29».
A tale proposito ha richiamato il conforme precedente costituito da Sez. 2, n.
31300 del 16/03/2018, NOME, n.m.
Ha, infine, reiterato, l’affermazione per cui l’interpretazione «trova conclusiva conferma nel disposto dell’art. 32 cod. proc. pen,, il quale prevede che, a seguito della risoluzione sul conflitto da parte della Corte di cassazione, la relativa sentenza debba essere immediatamente comunicata ai giudici in conflitto, e al pubblico ministero presso i medesimi, nonché notificata alle parti private (comma 2), e che, a seguito della comunicazione, il giudice dichiarato competente debba, se del caso, provvedere ex art. 27 cod. proc. pen., decorrendo il relativo termine perentorio dalla comunicazione medesima».
In termini pressoché identici, il principio è stato ribadito, fra le sente massimate, da Sez. 1, n. 8661 del 12/01/2018, Esti, Rv. 272797 – 01 che, in motivazione ha espressamente ripreso quanto già sostenuto nelle altre decisioni in punto di individuazione della competenza del giudice per le indagini preliminari, in materia cautelare, come competenza ad acta, con la conseguenza che, una volta adottato il provvedimento richiesto, non può domandare a questa Corte che si pronunci sulla competenza.
Inoltre, la sentenza da ultimo citata, così come le altre conformi, richiamato quanto deciso da Sez. 1, n. 38163 del 6/10/2010, Ferrari, Rv. 248693 – 01 circa l’insensibilità del procedimento principale alle pronunce in tema di competenza eventualmente adottate nel corso delle indagini preliminari, pervenendo alla conclusione che, una volta concessa la misura da parte del giudice per le indagini preliminari che sia stato investito della questione in seguito alla declaratoria di incompetenza adottata da parte di altro giudice, il procedimento principale prosegue, con la possibilità, per il pubblico ministero, di svolgere indagini ed assumere le determinazioni che gli competono, escludendosi, così, la configurabilità del conflitto.
Si tratta di orientamento nel quale si iscrivono numerose decisioni non massimate assunte da questa stessa Sezione anche in tempi recenti.
Esemplificativamente si ricordano Sez. 1, n. 1727 del 17/12/2024, dep. 2025, GIP Tribunale di Noia; Sez. 1, n. 46787 del 15/10/2024, GIP Tribunale di Alessandria; Sez. 1, n. 25966 del 29/04/2024, GIP Tribunale di Bologna; Sez. 1, n. 20869 del 03/03/2023, Sturiale, n.m.; Sez. 1, n. 5950 del 15/11/2022, dep. 2023, GIP Tribunale di Cosenza; Sez. 1, n. 46507 del 05/07/2022, GIP Tribunale di Novara; Sez. 1, n. 23060 del 25/06/2020, GIP Tribunale di Forlì.
In alcune delle decisioni ascrivibili all’orientamento descritto è stata espressamente assunta una posizione in ordine ad altro filone interpretativo emerso in seno a questa stessa Sezione non del tutto coincidente con quello sin qui illustrato.
Sez. 1, n. 1727/2025 e Sez. 1, n. 46787/2024 hanno, infatti, chiarito di non condividere e di ritenere superato l’orientamento (reputato, in quelle decisioni, difforme) nnassimato nei seguenti termini: «è ammissibile il conflitto negativo di competenza sollevato dal giudice per le indagini preliminari contestualmente all’emissione della misura cautelare richiesta dal pubblico ministero a seguito di ordinanza cautelare resa da altro giudice dichiaratosi contestualmente incompetente per territorio, atteso che tale declinatoria di competenza, seppure resa in fase pre-processuale, determina uno stallo del procedimento superabile solo con la risoluzione del conflitto» (Sez. 1, n. 2993 del 20/11/2019, dep. 2020, GIP Tribunale di Milano, Rv. 278360 – 01).
In fattispecie sovrapponibile a quella in esame, il conflitto è stato ritenuto sussistente, quindi, nonostante il giudice investito della richiesta cautelare, a seguito di declaratoria di incompetenza da parte di altro che, dopo avere emesso la misura cautelare, ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., si era spogliato del procedimento ritenendosi incompetente per territorio, avesse prima emesso il provvedimento applicativo della misura e, successivamente, sollevato conflitto negativo ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen.
Nella sentenza in esame sono stati riepilogati i principi generali in punto di configurabilità e presupposti per la sussistenza del conflitto, in uno con l’affermazione che quella condizione di stasi processuale suscettibile di essere rimossa dalla Corte di cassazione con statuizione in punto di competenza, può determinarsi non soltanto nella fase processuale, ma anche in quella delle indagini preliminari ogni volta in cui si verifichi una condizione di «paralisi dell’attivi processuale».
Il nucleo della motivazione, tuttavia, va individuato nel riferimento al tenore testuale del provvedimento emesso dal giudice che aveva sollevato il conflitto.
La Corte (non affrontando le questioni relative agli artt. 29 e 32, comma 3, cod. proc. pen.) ha ritenuto che il giudice aveva inteso provvedere solo a causa dell’urgenza determinata dalla decisione cautelare assunta, in via provvisoria, da quello che si era dichiarato, in precedenza, incompetente, ovvero «al fine di stabilizzare in via urgente, entro il termine di venti giorni dall’ordinanza di trasmissione, la misura applicata in conformità alla previsione dell’art. 27, ma senza con ciò avere inteso definire il procedimento nella fase cui lo stesso era pervenuto ed ai fini dell’atto richiestogli con un riconoscimento implicito della propria competenza. In altri termini, è rintracciabile nel provvedimento in esame una decisione, successiva alla prima, che, come questa, replica lo schema procedimentale previsto della predetta disposizione dell’art. 27, con l’unica variante della proposizione del conflitto per l’impossibilità di restituire gli atti d procedimento al primo giudice, già dichiaratosi incompetente».
Secondo il ragionamento sviluppato in quella circostanza, pur rimanendo fermo che il conflitto insorto nel corso delle indagini preliminari non rileva, in termini decisivi, ai fini della celebrazione del processo, ma solo per il compimento del singolo atto richiesto al giudice per le indagini preliminari, il contrasto (suscettibile di essere risolto con la decisione di questa Corte sulla competenza) attiene allo stabilire quale sia la sorte della misura adottata, in via provvisoria, dal secondo giudice, oltre al profilo afferente «la potestà di adottarne altra in replica al caso di sua sopravvenuta inefficacia per decorso del termine di venti giorni».
In termini coerenti con quanto affermato nella sentenza in esame, per come sostenuto nella medesima che vi ha fatto espresso richiamo, va segnalata anche Sez. 1, n. 17096 del 13/03/2019, Gip, Rv. 275332 – 02 che ha affermato il principio per cui «la dichiarazione di inefficacia di una misura cautelare (nella specie, sequestro preventivo) per inutile decorrenza del termine di venti giorni successivi alla trasmissione degli atti al giudice “ad quem” ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. spetta al giudice che dispone degli atti, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo, si ritenga, a sua volta, incompetente».
Il passaggio della motivazione che più rileva, ai fini della disamina della questione di interesse, si rinviene nella parte finale della motivazione laddove è stato precisato che «ogni qualvolta (…) la questione di competenza divenga res dubia, e ne nasca stallo processuale, o comunque una dilatazione dei tempi incompatibile con il meccanismo di cui all’art. 27 cod. proc. pen., la pronta osservanza di tale disposizione non potrà rimanere frustrata. Sarà pertanto il giudice, che si trovi investito del caso nel momento in cui se ne debba fare applicazione, a doverla garantire, provvedendo in merito».
La fattispecie ha avuto ad oggetto una istanza di declaratoria di inefficacia della misura, ma giova richiamare, ai fini della illustrazione della complessità del quadro giurisprudenziale di riferimento, il principio generale evocato da questa Corte in quella occasione.
Sempre con riguardo alla configurabilità del conflitto in relazione all’adozione di un singolo provvedimento cautelare, Sez. 1, n. 2993 del 2019 ha richiamato anche l’ulteriore principio per cui «si configura un’ipotesi di. conflitto negativo di competenza qualora il tribunale del riesame, investito del gravame avverso un provvedimento cautelare disposto dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale indicato con la sentenza di incompetenza per territorio emessa dal giudice dell’udienza preliminare, ritenga a sua volta la competenza di quest’ultimo, atteso che tale declinatoria di competenza, seppure resa in fase pre-processuale, determina uno stallo del procedimento superabile solo con la risoluzione del conflitto» (Sez. 1, n. 17100 del 13/03/2019, Tribunale, Rv. 275482 – 01).
5. Nel composito panorama della giurisprudenza di questa Corte si segnala altra decisione che, sebbene non oggetto di massimazione, mette conto di essere menzionata anche alla luce della soluzione alla quale è pervenuta, oltre che per la particolarità della fattispecie.
Si tratta di Sez. 1, n. 732 del 26/02/2025, GIP Tribunale di Roma che ha avuto ad oggetto un procedimento per il delitto di cui all’art. 316-ter cod. proc. pen. in cui il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una somma di denaro e il sequestro per equivalente di mobili e immobili, dichiarando, contestualmente, la propria incompetenza per territorio, indicando l’autorità competente e restituendo gli atti al pubblico ministero.
Il giudice per le indagini preliminari così designato ha disposto la misura cautelare dichiarando, a sua volta, la propria incompetenza, indicando come competente un terzo Ufficio con restituzione degli atti al pubblico ministero.
Il terzo giudice per le indagini preliminari ha nuovamente disposto la misura ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., negando, anch’egli, la propria competenza e sollevando conflitto negativo sollecitando la decisione di questa Corte di cassazione.
Con la sentenza indicata, il conflitto è stato ritenuto ammissibile «poiché l’indubbia esistenza di una situazione di stasi processuale – derivata dal rifiuto, formalmente manifestato dai tre giudici delle indagini preliminari suindicati, di conoscere del medesimo procedimento – appare insuperabile senza l’intervento risolutore del conflitto da emettersi ai sensi dell’art. 32 cod. proc. pen.».
Con specifico riferimento alla questione e alle condizioni alle quali è subordinata la configurabilità del conflitto nella fase delle indagini preliminari, richiamando la consolidata giurisprudenza di questa Corte, è stato precisato che «si configura un’ipotesi di conflitto negativo di competenza qualora il giudice per le indagini preliminari, investito dal pubblico ministero della richiesta di una misura cautelare, in conseguenza di declinatoria della competenza per territorio resa da altro giudice per le indagini preliminari, ritenga a sua volta la competenza di quest’ultimo, atteso che, tale ulteriore declinatoria di competenza, seppure resa in fase pre-processuale, determina uno stallo del procedimento superabile solo con la risoluzione del conflitto».
Proprio sulla questione oggetto di rimessione, ossia la rilevanza, ai fini della sussistenza del conflitto, dell’emissione del provvedimento cautelare ai sensi dell’art. 27 cod., proc. pen., la Corte, dato atto dell’interpretazione «non del tutto pacifica» nella giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto, nel caso specifico, configurabile il conflitto.
Tanto sulla scorta di considerazioni sostanzialmente adesive all’orientamento,
per così dire, «intermedio» espresso da Sez. 1, n. 2993 del 2020.
Ai fini dell’affermazione di sussistenza dello stallo procedimentale che giustifica la configurabilità del conflitto è stata assegnata rilevanza al fatto che il provvedimento cautelare emesso dal terzo giudice (ossia da quello che ha sollevato il conflitto) fosse stato adottato, in quel caso, «con l’espresso limite di cui all’art. 27 cod. proc. pen, ovvero, «con finalità soltanto interinale e urgente», ai sensi e per gli effetti della citata norma processuale.
Per completezza, si segnala che il riferimento alla «volontà di confliggere» desumibile dal provvedimento che ha disposto la misura in rinnovazione e contestualmente provveduto ex art. 30 cod. proc. pen. (quale elemento decisivo per affermare l’ammissibilità del conflitto) si rinviene anche in Sez. 1, n. 28007 del 01/07/2025, GIP Tribunale di Parma, n.m.
Con altra recente sentenza (Sez. 1, n. 46689 del 21/11/2024, GIP Tribunale di Milano, Rv. 287380 – 01, massinnata su altro) è stato dato atto del quadro giurisprudenziale non del tutto convergente, come sin qui descritto, operando una significativa precisazione in ordine alla rilevanza che assume il provvedimento cautelare emesso successivamente alla proposizione del conflitto da parte del giudice investito, a seguito di declaratoria di incompetenza.
Nel caso di specie, il giudice che ha declinato la competenza ha indicato quello territorialmente competente che, sollecitato dalla richiesta cautelare, non ha provveduto ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. sollevando, tuttavia, conflitto.
Successivamente, in seguito a richiesta del difensore, quello stesso (secondo) giudice ha revocato la misura cautelare applicata all’imputato.
La Corte ha ritenuto irrilevante, ai fini della cessazione del conflitt la circostanza che il giudice richiesto ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., successivamente alla proposizione del conflitto, avesse revocato l’ordinanza cautelare, «dando atto della stasi processuale verificatasi, e del protrarsi del sacrificio della libertà personale derivante dal tempo necessario alla risoluzione del conflitto».
Ha, ulteriormente, precisato, a sostegno della soluzione adottata, che GLYPH «i provvedimenti sulla libertà, che il giudice deve adottare anche d’ufficio quando rileva che sono mutate le condizioni di applicabilità, sono caratterizzati dalla assoluta urgenza e priorità di assicurare il rispetto delle garanzie legali poste a presidio del bene della libertà personale, sicché non patiscono limitazioni dalla pendenza della questione sulla competenza o dal protrarsi della fase processuale, né, per il principio di non contraddizione, la priorità riconosciuta al bene della libertà personale può determinare la vanificazione della questione di competenza».
6. In termini contrastanti rispetto all’orientamento che esclude
configurabilità del conflitto di competenza nel caso in cui il giudice investito della istanza cautelare ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., in via prioritaria, provveda e, poi, sollevi il conflitto, si sono, di recente, espresse le due sentenze della Sesta sezione richiamate dal giudice che ha sollevato il conflitto oggetto del presente giudizio.
Il principio affermato dalle sentenze Borgese e Co/licenza è stato enunciato nell’ambito di procedimenti introdotti con ricorsi aventi ad oggetto ordinanze del Tribunale del riesame chiamato a pronunciarsi avverso ordinanze cautelari emesse dal Giudice per le indagini preliminari che, contestualmente, aveva declinato la propria competenza, ordinando la trasmissione degli atti al giudice competente.
Questi ha sollevato conflitto di competenza omettendo di provvedere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen.
Essendo intervenuta la pronuncia del Tribunale del riesame oltre il termine di venti giorni di cui alla disposizione da ultimo citata, la Corte ha rilevato la perdita di efficacia della misura originariamente applicata e non rinnovata dal giudice designato come competente.
Il percorso motivazionale seguito nei due arresti citati contrasta con quello dell’orientamento prevalente e si pone in dichiarata adesione del principio di diritto di cui a Sez. 1, n. 2993 del 2019, come massimato.
La difformità, in particolare, emerge rispetto ad altri precedenti pronunciati proprio in materia cautelare su fattispecie identiche.
S’intende fare riferimento a Sez. 2, n. 31300 del 2018, e Sez. 1, n. 20869 del 2023, entrambe sopra citate.
In particolare, nella prima, si legge che «il giudice che riceve gli atti trasmessi per competenza dal primo giudice dichiaratosi incompetente deve alternativamente o provvedere, ex art. 27 cod. proc. pen., ai sensi degli art. 292, 317 e 321 cod. proc. pen., (così rinnovando nella sostanza il provvedimento cautelare) o declinare la propria competenza ex art. 28 cod. proc. pen. senza assumere altro provvedimento stante la disciplina prevista dall’art. 29 cod. proc. pen.».
Contrariamente a quanto affermato nei precedenti ora citati, le sentenze della Sesta sezione hanno, in primo luogo, escluso qualsiasi effetto sospensivo del termine di cui all’art. 27 cod. proc. pen. per effetto della proposizione del conflitto di competenza e ciò tenuto conto del fatto che l’art. 30, comma 3, cod. proc. pen. esclude proprio tale effetto e comporta, piuttosto, che il giudice «indicato da altro organo giudiziario come competente territorialmente e che non si ritenga tale è pur sempre tenuto a svolgere le necessarie attività processuali, fin quanto non interviene la sentenza della Cassazione a dirimere il conflitto».
della norma è quella di evitare che, nelle more della )
Ciò in quanto «la ratio
decisione sul conflitto, si vengano a creare situazioni di stasi processuale, nel corso delle quali entrambi i giudici che si sono ritenuti incompetenti omettano di adottare i necessari provvedimenti, anche cautelari».
Il dissenso rispetto al primo orientamento sopra riportato poggia su una diversa interpretazione delle disposizioni poste a fondamento dello stesso.
Con riguardo all’art. 29 cod. proc. pen. è stato sostenuto che, poiché la rinnovazione della misura costituisce atto indifferibile, stante la precarietà della prima ordinanza, il giudice che rinnovi e sollevi il conflitto di competenza «non pone in essere un atto con il quale “dichiara” la propria competenza ex art.29 cod. proc. pen., bensì manifesta il presupposto del conflitto negativo. Il fatto che contestualmente venga adottata anche la misura cautelare dipende dall’urgenza del provvedere e non può implicare anche una rinuncia a contestare l’erronea attribuzione di competenza».
Tale tesi è stata giudicata l’unica conforme al ricordato mancato effetto sospensivo del procedimento per effetto della proposizione del conflitto.
La Corte ha avvertito che, in caso contrario, fino alla decisione sul conflitto di competenza, il primo giudice non avrebbe titolo per la gestione del procedimento cautelare (con riguardo a provvedimenti di revoca o modifica della misura), né potrebbe adottare alcun atto del procedimento il giudice indicato come competente, atteso che quel provvedimento potrebbe essere inteso quale implicita ammissione della competenza con conseguente inammissibilità (sopravvenuta) del conflitto eventualmente già proposto.
A tale proposito, va segnalato, incidentalmente, come tale passaggio della motivazione contrasti con l’affermazione di cui a Sez. 1, n. 46689 del 2024 sopra citata che ha escluso che l’assunzione del provvedimento urgente sulla libertà possa comportare una sorta di «vanificazione» della questione di competenza.
Prendendo posizione sulla ulteriore ragione posta a fondamento del primo orientamento passato in rassegna, le sentenze Borgese e Co/licenza hanno dissentito anche sull’interpretazione dell’art. 32, comma 3, cod. proc. pen.
In primo luogo, è stato segnalato il contrasto di quella interpretazione con il principio per cui la proposizione del conflitto non comporta la sospensione del procedimento e, dunque, anche del termine di cui all’art. 27 cod. proc. pen. ai fini del provvedimento del quale è investito il giudice ritenuto competente.
A ciò è stata aggiunta la considerazione della valenza generale del meccanismo delineato dalla citata disposizione che trova applicazione, in base a quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, anche nel caso in cui l’incompetenza venga dichiarata in sede di impugnazione ovvero all’esito della definizione del conflitto di competenza.
Il nucleo del ragionamento svolto si rinviene nei seguenti passaggi della
motivazione: «L’art. 32, comma 3, cod. proc. pen. (…) si limita a specificare che nel tipico procedimento finalizzato alla risoluzione del conflitto di competenza, il cui esito è necessariamente l’individuazione del giudice cui spetta di provvedere, questi dovrà adottare la misura cautelare nel termine di venti giorni di cui all’art. 27 cod. proc. pen. decorrenti dalla comunicazione dell’estratto della sentenza della cassazione. Allorquando la norma richiama il termine di cui all’art. 27 cod. proc. pen., pertanto, non fa riferimento al termine che era relativo alla dichiarazione di incompetenza del primo giudice, bensì si riferisce all’incompetenza dichiarata dalla Cassazione e alla conseguente necessità di provvedere entro il termine di venti giorni alla rinnovazione della misura che, evidentemente, non sia già cessata per altra ragione. Il meccanismo sopra delineato è coerente con un contesto procedimentale in cui, a seguito di una prima misura adottata da un giudice dichiaratosi incompetente e confermata dal giudice che ha sollevato il conflitto di competenza, la decisione della Cassazione determinerà la definitiva stabilizzazione della competenza. Nel caso in cui venga riconosciuta la competenza del primo giudice, si renderà necessaria la nuova adozione della misura, posto che quella inizialmente emessa aveva un’efficacia temporalmente precaria e destinata a decadere o ad essere superata dall’ordinanza assunta dal giudice ad quem».
Conclusivamente, è stata ritenuta «avulsa dal sistema» la tesi secondo cui la norma consentirebbe un «prolungamento del termine di efficacia della prima misura cautelare emessa dal giudice poi dichiaratosi incompetente».
7. Alla luce del quadro descritto si delinea un panorama giurisprudenziale composito, non del tutto allineato e, in specie per effetto delle recenti sentenze la cui applicazione è stata affermata dal giudice che ha sollevato il conflitto, contrastante.
Le difformità attengono all’interpretazione dei presupposti per ritenere cessato il conflitto a norma dell’art. 29 cod. proc. pen., alla individuazione del termine di cui all’art. 32, comma 3 cod. proc. pen. e, più in generale, ai poteri spettanti in materia di libertà personale al giudice che viene individuato come competente da quello, adito in prima istanza, che ha emesso una misura cautelare dichiarandosi contestualmente incompetente.
Pertanto, si rende necessario rimettere il ricorso alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso il 16/09/2025