Confisca post-sentenza: quando la decisione non è impugnabile
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 1830 del 2024, chiarisce un importante aspetto procedurale relativo alla confisca post-sentenza. Il caso analizzato offre spunti cruciali sulla gestione dei beni sequestrati dopo la conclusione di un procedimento penale e sulla ripartizione di competenze tra giudice penale e civile. La Corte ha stabilito che l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione, pur revocando la confisca, demanda al giudice civile la risoluzione della controversia sulla proprietà dei beni non è impugnabile.
I fatti del caso: dal proscioglimento alla confisca
La vicenda trae origine da un procedimento penale conclusosi con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Inizialmente, il giudice della cognizione aveva disposto la restituzione dei beni sequestrati all’imputato. Tuttavia, in un momento successivo, il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, emetteva un provvedimento di confisca sugli stessi beni, ai sensi degli artt. 676 c.p.p. e 240 c.p.
L’interessato proponeva ricorso contro tale provvedimento, lamentando principalmente due vizi:
1. La violazione del diritto di difesa, poiché la confisca era stata disposta inaudita altera parte, cioè senza instaurare un contraddittorio.
2. L’illegittimità dell’ordinanza, in quanto contrastante con la precedente sentenza che aveva ordinato la restituzione dei beni.
L’opposizione e la decisione del Tribunale dell’Esecuzione
A seguito dell’opposizione dell’interessato, qualificata come tale ai sensi dell’art. 667, comma 4, c.p.p., il Tribunale dell’esecuzione riesaminava la questione. Pur riconoscendo che i beni non potevano essere confiscati, il giudice revocava il provvedimento di confisca ma, allo stesso tempo, disponeva la rimessione delle parti davanti al giudice civile per dirimere la questione sulla titolarità dei beni, mantenendo nel frattempo il vincolo del sequestro.
È contro quest’ultima decisione che l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione, ritenendola lesiva dei suoi diritti.
La natura della confisca post-sentenza e la pronuncia della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo infondato. Gli Ermellini hanno chiarito che il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione rimette la decisione sulla proprietà di beni sequestrati al giudice civile non è un atto impugnabile.
Le motivazioni della Corte
La decisione della Suprema Corte si basa su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il provvedimento che rinvia al giudice civile non ha un contenuto decisorio, né formale né sostanziale. Si tratta di un atto meramente interlocutorio, che non pregiudica i diritti delle parti. Queste ultime, infatti, avranno piena facoltà di far valere le proprie ragioni e presentare le proprie prove nel corso del giudizio civile, che è la sede deputata a risolvere le controversie sulla proprietà.
In sostanza, il giudice dell’esecuzione, di fronte a una contestazione sulla titolarità dei beni, si limita a individuare il foro competente per la risoluzione, senza esprimere un giudizio definitivo sul diritto di proprietà. Di conseguenza, non avendo natura decisoria, tale ordinanza non può essere oggetto di ricorso in Cassazione. La Corte ha inoltre precisato che, data la natura interlocutoria dell’atto, non era necessario instaurare un preventivo contraddittorio per la sua adozione. Il contraddittorio sarà, invece, pienamente garantito davanti al giudice civile.
Le conclusioni
La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: la netta separazione tra la giurisdizione penale dell’esecuzione e quella civile. Quando sorge una controversia puramente civilistica, come la titolarità di un bene, il giudice penale deve astenersi dal decidere e rimettere la questione all’autorità giudiziaria competente. La decisione di rinvio non è una sentenza nel merito, ma un atto di indirizzo procedurale, e come tale non è appellabile. Per i cittadini, ciò significa che le dispute sulla proprietà dei beni sequestrati in un procedimento penale, una volta esaurita la fase penale, devono essere risolte nelle aule del tribunale civile, dove il diritto di difesa e il contraddittorio saranno pienamente esercitati.
È possibile disporre la confisca dei beni dopo che la sentenza penale è diventata definitiva?
Sì, il giudice dell’esecuzione può disporre la confisca anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nei casi previsti dalla legge, come stabilito dall’art. 676 del codice di procedura penale.
Cosa succede se il giudice dell’esecuzione rimanda la questione della proprietà dei beni al giudice civile?
Questa decisione è un provvedimento interlocutorio che non risolve la controversia sulla proprietà, ma la trasferisce alla sede giudiziaria competente. Il vincolo del sequestro sui beni può essere mantenuto in attesa della decisione del giudice civile.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro l’ordinanza che rinvia le parti al giudice civile per decidere sulla proprietà dei beni sequestrati?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale provvedimento non è impugnabile perché non ha contenuto decisorio e non pregiudica i diritti delle parti, le quali potranno farli valere compiutamente nel giudizio civile.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1830 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1830 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GRUMO APPULA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/07/2023 del TRIBUNALE di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha richiesto riqualificare il ricorso in opposizione e la sua trasmissione al Tribunale di Bari.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Bari in funzione di giudice dell’esecuzione e in parziale accoglimento dell’opposizione dell’interessato ha GLYPH revocato il provvedimento di confisca, adottato ai sensi degli artt. 676 c.p.p. e 240 comma 2 n. 1 c.p., dei beni sottoposti a sequestro nel procedimento nei confronti di COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 497-ter c.p., conclusosi con sentenza definitiva di non dov procedere per prescrizione, disponendo contestualmente la rimessione al giudice civile per la risoluzione della controversia sulla proprietà dei suddetti beni e ordinando i mantenimento nelle more del vincolo cautelare.
Avverso l’ordinanza ricorre il COGNOME a mezzo del proprio difensore deducendo violazione di legge. In particolare il ricorrente deduce anzitutto la violazione del dir di difesa per l’omessa instaurazione del contraddittorio, avendo il Tribunale deciso sull’istanza di revoca della confisca inaudita altera parte. In secondo luogo eccepisce l’abnormità del provvedimento di confisca in quanto non adottato con la sentenza di proscioglimento, bensì successivamente ed anche in questo caso senza la previa instaurazione del contraddittorio con l’interessato. Infine l’ordinanza gravata sarebbe illegittima in quanto contrastante con il dispositivo della menzionata sentenza, con il quale era stato invece disposta dal giudice della cognizione la restituzione al COGNOME dei beni in sequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere rigettato.
Anzitutto deve essere premesso che il provvedimento di confisca dei beni in sequestro è stato adottato il 5 luglio 2023 e dunque successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di non doversi procedere emessa nei confronti del COGNOME. E’ dunque evidente che il Tribunale ha provveduto in tal senso quale giudice dell’esecuzione e senza necessità di instaurare il contraddittorio con l’interessato a sensi secondo quanto disposto dagli artt. 676 comma 1 e 667 comma 4 c.p.p. La censura di “abnormità” del provvedimento di confisca formulata dal ricorrente è dunque manifestamente infondata e comunque superata dal fatto che, a seguito dell’istanza proposta dallo stesso il 5 luglio 2023, con la quale ha richiesto la revoc del provvedimento di confisca e la restituzione dei beni in sequestro e che deve essere qualificata come opposizione ex art. 667 comma 4 c.p.p. allo stesso provvedimento, il Tribunale ha di fatto revocato tale provvedimento, riconoscendo che i suddetti beni non potevano essere confiscati ai sensi dell’art. 240 comma 2 n. 1 c.p. E lo stesso
giudice ha dunque fatto rivivere la decisione assunta da quello della cognizione ad oggetto la restituzione dei beni in sequestro, limitandosi in tal senso a demandare al giudice civile la risoluzione della questione relativa alla titolarità dei suddetti b fine di individuare colui al quale gli stessi devono essere effettivamente restituiti.
Ciò premesso deve rilevarsi che per il consolidato insegnamento di questa Corte essendo rimasto isolato l’unico precedente di segno contrario – non è impugnabile il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, investito dell’opposizione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di restituzione di beni sequestrati, rimette parti dinanzi al giudice civile per la risoluzione della questione sulla proprietà quanto esso non ha contenuto decisorio, né formale, né sostanziale, ma ha natura interlocutoria e non pregiudica i diritti delle parti che possono essere fatti valere giudizio civile (ex multis Sez. 1, n. 31088 del 25/06/2018, COGNOME, Rv. 273487; Sez. 1, n. 6769 del 03/12/2018, dep. 2019, Inps, Rv. 274805). Attesa la natura del provvedimento indebitamente impugnato il giudice non aveva alcun obbligo di instaurare ai fini della sua adozione il contraddittorio con le parti, fermo restando c questo dovrà essere costituito una volta che il giudice civile avrà risolto la question pregiudiziale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 9/11/2023