LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca per equivalente: esecuzione in Italia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino contro l’ordinanza che riconosceva una sentenza svizzera di condanna con confisca per equivalente. La Corte ha stabilito che le contestazioni sull’importo della confisca dovevano essere sollevate nel processo estero e ha chiarito che le norme sull’esecuzione delle pene pecuniarie si applicano alla confisca solo per l’ordine di pagamento, escludendo i meccanismi di conversione della pena.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per equivalente estera: come avviene l’esecuzione in Italia

La cooperazione giudiziaria internazionale è un pilastro fondamentale nella lotta alla criminalità transnazionale. Un aspetto cruciale di questa collaborazione è il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze straniere, specialmente quelle che dispongono misure patrimoniali come la confisca per equivalente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 15094 del 2024, offre importanti chiarimenti su come l’ordinamento italiano gestisce l’esecuzione di una confisca di valore disposta da un’autorità giudiziaria estera, in questo caso svizzera.

Il caso: Esecuzione di una sentenza svizzera in Italia

La vicenda ha origine da un’ordinanza della Corte di appello di Bologna, che ha riconosciuto l’esistenza delle condizioni per dare esecuzione in Italia a una decisione irrevocabile dell’autorità giudiziaria svizzera. Tale decisione, un “decreto di accusa” del 2013 divenuto definitivo nel 2014, condannava un soggetto al risarcimento dei danni e alla confisca per equivalente di una somma residua di circa 80.000 franchi svizzeri.

La Corte di appello ha quindi disposto che l’esecuzione della confisca avvenisse secondo le forme previste dalla legge italiana. Contro questa ordinanza, il difensore del condannato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali.

I motivi del ricorso: importo e modalità di esecuzione

Il ricorrente ha contestato la decisione della Corte di appello su due fronti:

1. Errore sull’importo: Sosteneva che l’importo della confisca fosse errato. A suo dire, da una somma più alta dovuta a titolo di risarcimento, si sarebbe dovuta detrarre una cauzione già versata, arrivando a un importo confiscabile inferiore a quello stabilito.
2. Errata applicazione delle norme di esecuzione: Contestava il richiamo alle modalità di esecuzione delle pene pecuniarie (art. 660 cod. proc. pen.). Secondo la difesa, applicare tali meccanismi, che prevedono sanzioni sostitutive in caso di mancato pagamento, avrebbe trasformato la natura della confisca in una vera e propria sanzione, incompatibile con la sua funzione di misura patrimoniale.

La decisione della Cassazione sulla confisca per equivalente

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi e fornendo chiarimenti fondamentali sull’applicazione dell’art. 735-bis del codice di procedura penale.

La quantificazione della somma da confiscare

Riguardo al primo motivo, la Suprema Corte ha affermato un principio cardine della cooperazione giudiziaria: le contestazioni relative al merito della decisione straniera, inclusa l’entità della somma oggetto di confisca, devono essere sollevate e decise nell’ambito del procedimento estero. La Corte di appello italiana, in sede di riconoscimento, si è correttamente limitata a recepire la domanda delle autorità svizzere, basata su un titolo giudiziario definitivo. Non è possibile, quindi, riaprire in Italia una discussione sull’ammontare della confisca già accertato all’estero.

L’applicazione delle norme sull’esecuzione penale

Sul secondo punto, la Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. L’art. 735-bis c.p.p., introdotto per dare attuazione a convenzioni internazionali come quella di Strasburgo sul riciclaggio, disciplina proprio l’esecuzione in Italia di una confisca per equivalente estera. Questa norma richiama esplicitamente l’art. 660 c.p.p., che regola l’esecuzione delle pene pecuniarie.

La Corte ha però precisato la portata di tale rinvio. Il riferimento all’art. 660 c.p.p. è limitato alla prima fase della procedura esecutiva, ovvero all’ordine che il pubblico ministero emette per ingiungere al condannato il pagamento della somma. Tuttavia, i meccanismi di conversione e sostituzione previsti per il mancato pagamento delle pene pecuniarie (come la libertà controllata o il lavoro sostitutivo) non possono essere applicati alla confisca. La ragione è semplice e logica: la confisca non è una pena pecuniaria, ma una misura patrimoniale con una finalità differente. Pertanto, il richiamo normativo è parziale e funzionale solo ad avviare la procedura di recupero della somma.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla corretta interpretazione delle norme sulla cooperazione giudiziaria internazionale e sulla natura giuridica della confisca. L’introduzione dell’art. 735-bis c.p.p. ha avuto lo scopo di dotare l’Italia degli strumenti per eseguire una tipologia di confisca, quella di valore, all’epoca non prevista nel nostro ordinamento, adempiendo così agli obblighi internazionali. Il legislatore, nel rinviare all’art. 660 c.p.p., ha inteso fornire un meccanismo procedurale per l’avvio dell’esecuzione, senza però snaturare l’istituto della confisca assimilandolo a una pena. È evidente, scrive la Corte, che i meccanismi di sostituzione previsti per le pene pecuniarie sono incompatibili con la natura della confisca. Di conseguenza, il richiamo normativo deve essere letto in modo restrittivo e funzionale.

Le conclusioni

La sentenza consolida due principi importanti. In primo luogo, nel procedimento di riconoscimento di una sentenza straniera, il giudice italiano non può riesaminare il merito della decisione, comprese le valutazioni sulla quantificazione della confisca. In secondo luogo, l’esecuzione di una confisca per equivalente disposta da un’autorità estera segue un percorso specifico: si avvia con un’ingiunzione di pagamento secondo le modalità previste per le pene pecuniarie, ma si ferma lì, escludendo qualsiasi meccanismo sanzionatorio sostitutivo in caso di inadempimento. Questa pronuncia garantisce l’effettività della cooperazione internazionale nel contrasto ai patrimoni illeciti, nel pieno rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento italiano.

È possibile contestare in Italia l’importo di una confisca per equivalente decisa da un giudice straniero?
No, la Cassazione chiarisce che le questioni relative all’entità della somma da confiscare devono essere sollevate e decise nel processo del Paese straniero che ha emesso la condanna. Il giudice italiano, in sede di riconoscimento, non può riesaminare il merito della decisione estera.

Alla confisca per equivalente si applicano le stesse regole di esecuzione delle pene pecuniarie, come la conversione in detenzione in caso di mancato pagamento?
No. Sebbene l’art. 735-bis c.p.p. richiami le norme sull’esecuzione delle pene pecuniarie (art. 660 c.p.p.), questo rinvio riguarda solo l’ordine di pagamento emesso dal pubblico ministero. I meccanismi di sostituzione della pena non si applicano, poiché la confisca non è una pena pecuniaria ma una misura patrimoniale.

Qual è lo scopo dell’art. 735-bis del codice di procedura penale?
Questa norma è stata introdotta per consentire l’esecuzione in Italia delle sentenze straniere che dispongono una confisca di valore (o per equivalente), uno strumento non originariamente previsto dall’ordinamento italiano, in attuazione di convenzioni internazionali come quella di Strasburgo sul riciclaggio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati