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Confisca obbligatoria: omessa dichiarazione dei redditi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36329/2024, ha annullato una decisione del Tribunale di Ancona per non aver disposto la confisca obbligatoria dei profitti e le pene accessorie nei confronti di un imputato condannato per omessa dichiarazione dei redditi, con un’evasione di oltre 1,2 milioni di euro. La Suprema Corte ha ribadito che, in base alla normativa sui reati tributari, tali misure sanzionatorie non sono discrezionali ma devono essere sempre applicate dal giudice. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova valutazione su questi punti specifici.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Confisca Obbligatoria per Evasione: La Cassazione non ammette omissioni

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reati tributari: la confisca obbligatoria del profitto del reato e l’applicazione delle pene accessorie non sono facoltative per il giudice, ma costituiscono una conseguenza inderogabile della condanna. Questa pronuncia chiarisce che omettere tali statuizioni costituisce un errore di diritto che porta all’annullamento della sentenza. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza del Tribunale di Ancona, che aveva condannato un imprenditore per il reato di omessa dichiarazione dei redditi, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000. Nello specifico, l’imputato non aveva presentato la dichiarazione relativa all’anno di imposta 2017, omettendo di dichiarare redditi che avevano generato un’evasione fiscale calcolata in ben 1.254.882,41 euro. Nonostante la condanna per il reato principale, il Tribunale aveva però omesso di disporre sia la confisca del profitto del reato, sia l’applicazione delle pene accessorie previste dalla legge.

Il Ricorso del Procuratore e la Confisca Obbligatoria

Ritenendo la decisione del Tribunale incompleta e non conforme alla legge, il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo del ricorso era molto specifico: la denuncia della mancata applicazione della confisca obbligatoria del profitto del reato e l’omessa statuizione sulle pene accessorie. Secondo l’accusa, il giudice di primo grado avrebbe dovuto obbligatoriamente pronunciarsi su questi due aspetti, che rappresentano una parte integrante del sistema sanzionatorio per i reati fiscali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni del Procuratore generale, dichiarando il ricorso fondato. Le motivazioni della decisione si basano su una chiara interpretazione della normativa di riferimento, in particolare degli articoli 12 e 12-bis del D.Lgs. 74/2000.

La Corte ha sottolineato che l’art. 12-bis stabilisce che la confisca del profitto o del prezzo del reato (o di beni di valore equivalente) deve essere “sempre ordinata”. Questo avverbio, “sempre”, non lascia spazio a interpretazioni discrezionali. La natura della confisca in materia tributaria è intrinsecamente sanzionatoria: il suo scopo è quello di privare il reo di qualsiasi vantaggio economico derivante dall’attività criminosa, agendo come un forte deterrente. La sua applicazione, quindi, è un dovere per il giudice.

Inoltre, i giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: la confisca non richiede che i beni siano stati precedentemente sottoposti a sequestro preventivo. Si tratta di una misura che può e deve essere disposta con la sentenza di condanna, a prescindere dalle misure cautelari adottate in precedenza.

Analoghe considerazioni sono state svolte per le pene accessorie previste dall’art. 12 dello stesso decreto. Anche queste devono essere obbligatoriamente irrogate in caso di condanna per reati come l’omessa dichiarazione. La loro determinazione specifica è rimessa alla valutazione motivata del giudice, ma la loro applicazione in sé non è facoltativa.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Tribunale di Ancona, ma limitatamente ai punti omessi. La causa è stata quindi rinviata allo stesso Tribunale, che dovrà pronunciarsi nuovamente sul caso, questa volta integrando la decisione con una statuizione motivata sulla confisca obbligatoria e sulle pene accessorie. Questa sentenza rafforza il principio di legalità e la funzione deterrente delle sanzioni patrimoniali nel contrasto all’evasione fiscale, ricordando ai giudici di merito che determinate sanzioni non possono essere tralasciate, ma devono essere applicate come diretta e necessaria conseguenza della legge.

In caso di condanna per omessa dichiarazione dei redditi, la confisca del profitto del reato è a discrezione del giudice?
No, la sentenza chiarisce che la confisca, ai sensi dell’art. 12-bis del d.lgs. 74/2000, deve essere “sempre ordinata”. Pertanto, non è una scelta discrezionale del giudice, ma un’applicazione obbligatoria della legge.

È necessario un sequestro preventivo dei beni prima che il giudice possa ordinare la confisca in sentenza?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che la confisca, sia essa diretta o per equivalente, non deve essere necessariamente preceduta da un sequestro preventivo dei beni.

Cosa succede se un giudice, in una sentenza di condanna per reati tributari, omette di pronunciarsi sulla confisca e sulle pene accessorie?
La sentenza che presenta tale omissione è viziata. Come accaduto nel caso di specie, può essere annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio, affinché il giudice del merito integri la propria decisione pronunciandosi specificamente su questi punti obbligatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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