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Confisca conto corrente: quando è legittima su un terzo?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una confisca conto corrente intestato alla moglie del condannato. Anche se il conto era di un terzo e non era stato sequestrato in precedenza, la Corte ha ritenuto legittima la misura, data la disponibilità del bene da parte del condannato e la genericità dei motivi di ricorso.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Conto Corrente di un Terzo: la Cassazione fa Chiarezza

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 14312 del 2024, affronta un tema di grande interesse pratico: la legittimità della confisca conto corrente intestato a un soggetto terzo, estraneo al reato, ma nella disponibilità del condannato. Questa decisione ribadisce principi fondamentali in materia di misure ablatorie e offre spunti cruciali sulla corretta formulazione dei ricorsi per cassazione.

Il Caso in Analisi: la Confisca del Conto della Moglie

La vicenda trae origine dalla richiesta di due coniugi di annullare un provvedimento di confisca. In particolare, a seguito della condanna di un uomo, era stata disposta la confisca di un saldo di conto corrente di circa 30.000 euro. La particolarità risiedeva nel fatto che il conto era formalmente intestato alla moglie, la quale non era coinvolta nell’attività delittuosa. Tuttavia, il marito condannato era delegato a operare su tale conto e, secondo le indagini, lo aveva utilizzato per movimentare flussi patrimoniali.

I ricorrenti sostenevano l’illegittimità della misura per due ragioni principali:
1. Il conto corrente non era mai stato oggetto di un precedente sequestro preventivo.
2. Il conto era di titolarità esclusiva di un soggetto terzo ed estraneo ai fatti.

La Corte di appello di Milano aveva già respinto le loro istanze, spingendo la coppia a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla Confisca Conto Corrente

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando la legittimità della confisca. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi: la consolidata giurisprudenza in materia di misure ablatorie e la genericità delle censure mosse dai ricorrenti.

Principi Consolidati in Materia di Confisca

La Corte ha ribadito che il giudice della cognizione può disporre una confisca, anche per equivalente, fino al valore del profitto del reato, senza che sia necessario un precedente sequestro cautelare. Non è richiesta, inoltre, l’individuazione specifica dei beni da confiscare in sede di condanna.
Il punto cruciale, però, riguarda la titolarità del bene. La giurisprudenza è ferma nel ritenere che la confisca possa colpire anche beni formalmente intestati a terzi, a condizione che il condannato ne abbia la disponibilità effettiva. Nel caso di specie, il fatto che il marito avesse una delega operativa e che avesse movimentato somme sul conto della moglie è stato ritenuto un indice sufficiente di tale disponibilità.

Le Motivazioni della Corte

La ragione principale che ha condotto alla declaratoria di inammissibilità è stata la genericità dei motivi di ricorso. Secondo i giudici, i ricorrenti si sono limitati a riproporre le stesse argomentazioni già presentate in appello, senza però confrontarsi criticamente con le specifiche motivazioni contenute nel provvedimento impugnato. La Corte di appello aveva chiaramente spiegato perché la confisca fosse legittima, citando i flussi patrimoniali e la delega ad operare. I ricorrenti, invece, non hanno contestato nel merito tali argomentazioni, rendendo il loro ricorso privo della necessaria specificità richiesta in sede di legittimità.

Un ricorso per cassazione non può essere una semplice ripetizione delle censure precedenti, ma deve attaccare specificamente la logica giuridica della decisione che si contesta. In assenza di questo “confronto critico”, il ricorso viene considerato generico e, di conseguenza, inammissibile.

Conclusioni: Cosa Ci Insegna Questa Sentenza

La sentenza in esame offre due importanti lezioni. La prima è di natura sostanziale: la titolarità formale di un bene, come un conto corrente, non è uno scudo invalicabile contro la confisca se si dimostra che il condannato ne aveva la concreta disponibilità. La seconda è di natura processuale: l’impugnazione in Cassazione richiede un’analisi critica e puntuale del provvedimento contestato. Limitarsi a ripetere le proprie ragioni senza smontare quelle della Corte di merito conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile confiscare un bene che non è stato precedentemente sequestrato?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando un principio consolidato, afferma che il giudice della cognizione può emettere un provvedimento di confisca anche in assenza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro.

La confisca può colpire un conto corrente intestato a una persona diversa dal condannato?
Sì, a condizione che il condannato abbia la disponibilità effettiva del bene. Nel caso specifico, la delega a operare sul conto e i flussi patrimoniali provenienti dal condannato sono stati considerati elementi sufficienti a dimostrare tale disponibilità, legittimando la confisca nonostante l’intestazione formale a un terzo estraneo al reato.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per ‘genericità’?
Un ricorso è considerato generico, e quindi inammissibile, quando non si confronta criticamente con le ragioni specifiche della decisione impugnata, ma si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esposte nei gradi di giudizio precedenti. È necessario che il ricorso evidenzi le specifiche violazioni di legge o i vizi logici presenti nella motivazione del provvedimento contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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