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Confisca beni terzo: onere della prova per la restituzione

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una terza interessata che chiedeva la restituzione di beni confiscati ai familiari. Per ottenere la restituzione in caso di confisca beni terzo, è necessario fornire una prova rigorosa e documentata della propria titolarità e della lecita provenienza dei beni, non bastano affermazioni generiche.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca beni terzo: come provare la proprietà per ottenerne la restituzione

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 38621/2024 affronta un tema cruciale della procedura penale: la confisca beni terzo. Quando un bene viene confiscato nell’ambito di un procedimento penale a carico di un soggetto, cosa può fare il terzo che ne rivendica la proprietà? La Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: non basta affermare di essere il proprietario, ma è necessario fornire prove concrete e documentate della titolarità e della lecita provenienza del bene. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto enunciati.

Il caso: la richiesta di restituzione di beni confiscati a familiari

Una signora proponeva ricorso contro la decisione della Corte d’Appello che aveva respinto la sua richiesta di restituzione di alcuni orologi di valore. Tali beni erano stati sequestrati anni prima nell’abitazione familiare, durante un’indagine a carico del marito e del figlio, e successivamente confiscati a seguito della loro condanna definitiva.
La ricorrente sosteneva di essere l’unica e legittima proprietaria degli orologi, acquistati con i proventi della propria attività lavorativa. A suo avviso, la confisca disposta nei confronti del figlio non poteva estendersi a beni di sua proprietà. Contestava inoltre la validità del sequestro originario, in quanto mai convalidato.

L’onere della prova nella confisca beni terzo

Il cuore della questione giuridica risiede nell’onere della prova che grava sul terzo che agisce in sede di esecuzione per ottenere la revoca della confisca e la conseguente restituzione del bene. Secondo l’art. 676 del codice di procedura penale, il terzo interessato è legittimato a presentare un’istanza (il cosiddetto incidente di esecuzione) per far valere i propri diritti.
Tuttavia, come chiarito dalla giurisprudenza costante e ribadito in questa sentenza, la sua posizione è quella di chi deve provare in modo rigoroso i fatti posti a fondamento della propria pretesa. Affermare semplicemente di essere il proprietario non è sufficiente, soprattutto quando i beni sono stati rinvenuti nella disponibilità del condannato.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato e confermando la decisione dei giudici di merito. Vediamo i punti salienti del ragionamento seguito.

Irrilevanza dei vizi del sequestro iniziale

In primo luogo, i giudici hanno ‘sterilizzato’ le censure relative alla presunta irregolarità del sequestro. La fase cautelare del sequestro, infatti, viene superata e assorbita dal provvedimento definitivo di confisca. Una volta che la confisca è diventata irrevocabile, non è più possibile contestare in sede esecutiva i vizi procedurali della misura cautelare che l’ha preceduta.

La prova della titolarità e della provenienza lecita: il fulcro della confisca beni terzo

La Corte ha evidenziato come la ricorrente non abbia in alcun modo supportato le sue affermazioni con elementi probatori concreti. Si è limitata a sostenere genericamente di essere la proprietaria e di aver acquistato i beni con i propri guadagni leciti. Questa, secondo la Cassazione, è un’affermazione ‘priva di qualsivoglia rilevanza’ se non accompagnata da prove specifiche.
Per vincere la presunzione di appartenenza al condannato (nel cui ambito di disponibilità i beni sono stati trovati), il terzo avrebbe dovuto fornire:

* Una descrizione dettagliata degli oggetti (tipologia, consistenza).
* La documentazione attestante il tempo e il modo dell’acquisto.
* L’indicazione del valore dei beni.
* La prova della proporzione tra l’investimento effettuato, il proprio reddito e il patrimonio residuo.

L’assenza totale di questi elementi ha reso la sua pretesa fragile e inidonea a scalfire la legittimità del provvedimento di confisca.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato l’inammissibilità del ricorso sulla base della manifesta infondatezza delle censure. Il giudice dell’esecuzione aveva correttamente stabilito che i beni, sequestrati presso l’abitazione familiare e ritenuti nella disponibilità dei condannati, erano ricompresi nel provvedimento di confisca. La ricorrente, pur avendo il diritto di agire come terza interessata per dimostrare la sua titolarità, ha fallito nel fornire il necessario supporto probatorio. Le sue deduzioni sono rimaste a un livello di genericità tale da non poter essere prese in considerazione, apparendo come affermazioni non accompagnate da alcuna documentazione o prova concreta della lecita provenienza e dell’effettiva proprietà dei beni rivendicati. La fragilità dei rilievi proposti non ha permesso di evidenziare alcun ‘deficit di legittimità’ nel provvedimento impugnato, rendendo l’impugnazione stessa inammissibile.

Le conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: chiunque si trovi nella posizione di terzo proprietario di un bene coinvolto in un procedimento penale altrui deve agire con estrema diligenza. Per ottenere la restituzione di un bene confiscato, è indispensabile costruire un solido apparato probatorio. Non sono sufficienti le mere dichiarazioni, ma occorrono documenti, fatture, estratti conto e qualsiasi altro elemento idoneo a dimostrare in modo inequivocabile non solo la titolarità del bene, ma anche che l’acquisto sia avvenuto con risorse di provenienza lecita e sia compatibile con la propria capacità economica. In assenza di tale prova rigorosa, la pretesa del terzo è destinata a soccombere.

Un terzo può chiedere la restituzione di un bene confiscato a un’altra persona?
Sì, un terzo che si ritiene proprietario di un bene confiscato a seguito di una condanna penale altrui è legittimato, ai sensi dell’art. 676 c.p.p., a chiederne la restituzione tramite un incidente di esecuzione, chiedendo la revoca della confisca.

Cosa deve dimostrare un terzo per ottenere la restituzione di un bene confiscato?
Il terzo deve fornire una prova rigorosa e documentata della sua titolarità sul bene. Non basta una semplice affermazione, ma è necessario dimostrare con prove concrete (es. documenti di acquisto, prove di pagamento) la tipologia, il valore, la data di acquisto del bene e la proporzione tra l’investimento, il proprio reddito e il patrimonio, provando la provenienza lecita delle risorse utilizzate.

Se il sequestro iniziale di un bene era irregolare, la successiva confisca è valida?
Sì, secondo la sentenza, eventuali vizi relativi alla fase cautelare del sequestro vengono superati e assorbiti dal provvedimento definitivo di confisca. Una volta che la confisca è divenuta irrevocabile, non è più possibile contestare in sede esecutiva le presunte irregolarità del sequestro iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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