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Confisca: appello del PM convertito in opposizione

La Corte di Cassazione ha esaminato un ricorso del Pubblico Ministero contro un’ordinanza del Tribunale di Forlì, che aveva annullato un decreto di esecuzione di una confisca per equivalente per la mancata emissione di un’ingiunzione di pagamento. La Suprema Corte, senza entrare nel merito della questione, ha riqualificato il ricorso del PM come ‘opposizione’ ai sensi dell’art. 667, comma 4, c.p.p., e ha rinviato gli atti al Tribunale di Forlì per il proseguimento. La decisione si concentra sul corretto rimedio procedurale da utilizzare in questi casi.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: La Cassazione Converte il Ricorso del PM in Opposizione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un’importante questione procedurale in materia di confisca per equivalente. La Suprema Corte ha stabilito che il ricorso presentato dal Pubblico Ministero contro l’annullamento di un decreto esecutivo deve essere riqualificato come opposizione, rinviando di fatto la discussione al giudice di primo grado. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Forlì, in funzione di giudice dell’esecuzione. Il Tribunale aveva dichiarato la nullità di un decreto di esecuzione relativo a una confisca per equivalente, disposta con una sentenza divenuta irrevocabile per un reato tributario (art. 5 del D.Lgs. 74/2000).

La ragione della nullità, secondo il giudice dell’esecuzione, risiedeva nel fatto che l’azione esecutiva non era stata preceduta da un’ingiunzione di pagamento, come previsto dall’art. 86, comma 1-bis, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. In sostanza, si contestava al Pubblico Ministero di non aver seguito il corretto iter procedurale per l’esecuzione della confisca.

I Motivi del Ricorso del Pubblico Ministero per la confisca

Contro questa decisione, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Forlì ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. Violazione Procedurale: Il PM sosteneva che il giudice dell’esecuzione avesse agito d’ufficio, senza un’istanza di parte, violando il principio secondo cui l’incidente di esecuzione può essere attivato solo su impulso delle parti interessate.
2. Errata Interpretazione della Legge: Secondo il ricorrente, la legge non impone l’ingiunzione di pagamento come un passaggio obbligatorio. Al contrario, lascerebbe al PM la facoltà di scegliere se procedere con l’ingiunzione o passare direttamente all’individuazione dei beni da confiscare.
3. Irretroattività delle Nuove Norme: Il PM ha inoltre eccepito che la norma procedurale in questione, introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2022, non sarebbe applicabile al caso di specie, poiché il reato era stato commesso prima della sua entrata in vigore. Infine, ha invocato il principio di tassatività delle nullità, secondo cui l’omissione dell’ingiunzione non sarebbe una causa di nullità prevista dalla legge.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, tuttavia, non è entrata nel merito delle argomentazioni del Pubblico Ministero. La sua decisione si è concentrata su un aspetto preliminare e puramente procedurale: la corretta qualificazione del rimedio giuridico esperito.

Richiamando precedenti giurisprudenziali, la Suprema Corte ha affermato che il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiara la nullità, la revoca o la modifica di un decreto di esecuzione non è impugnabile tramite ricorso per cassazione. Il legislatore, per tali casi, ha previsto uno strumento specifico: l’opposizione dinanzi allo stesso giudice che ha emesso l’ordinanza, ai sensi dell’art. 667, comma 4, del codice di procedura penale.

Di conseguenza, la Corte ha ‘convertito’ il ricorso per cassazione in un atto di opposizione. Questa operazione, nota come riqualificazione giuridica dell’impugnazione, ha comportato la trasmissione di tutti gli atti al Tribunale di Forlì, affinché procedesse a trattare la questione secondo le forme del giudizio di opposizione.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione è emblematica perché sottolinea l’importanza fondamentale della scelta del corretto strumento processuale. Anziché decidere se l’ingiunzione di pagamento fosse o meno necessaria per la confisca per equivalente, la Corte ha corretto l’errore procedurale del Pubblico Ministero.

L’effetto pratico è che la questione di merito non è stata risolta. Sarà ora il Tribunale di Forlì, nella sua stessa composizione, a dover riesaminare la propria decisione alla luce delle argomentazioni del Pubblico Ministero, questa volta nel contesto di un giudizio di opposizione. Questa ordinanza serve da monito sull’importanza di navigare correttamente tra le complesse regole della procedura penale, dove la forma può prevalere sulla sostanza e determinare l’esito di una controversia.

È possibile appellare direttamente in Cassazione un’ordinanza del giudice dell’esecuzione che dichiara la nullità di un decreto di esecuzione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il rimedio corretto previsto dalla legge in questo caso non è il ricorso per cassazione, ma l’opposizione davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.

Qual è la conseguenza della riqualificazione del ricorso in opposizione?
La conseguenza è che la Corte di Cassazione non decide nel merito della questione. Dispone invece la trasmissione degli atti al Tribunale che aveva emesso la prima ordinanza, il quale dovrà trattare il caso come un’opposizione, dando vita a un nuovo procedimento davanti a sé.

La Corte si è pronunciata sulla necessità dell’ingiunzione di pagamento per la confisca per equivalente?
No, la decisione è di natura puramente procedurale. La Corte non ha esaminato i motivi di merito sollevati dal Pubblico Ministero, come la necessità dell’ingiunzione di pagamento o la retroattività delle norme. Ha semplicemente individuato il corretto iter processuale da seguire, rimandando la discussione di merito alla sede competente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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