Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26261 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26261 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN GAVINO MONREALE il 02/07/2000
avverso la sentenza del 20/01/2025 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione violazione degli artt. 64 e 350 cod. proc. pem. Avendo i giudici di merito erroneamente fondato il proprio convincimento sulla confessione resa dall’imputato alla polizia giudiziaria in sede di perquisizione che non erano utilizzabili. Inoltre, la Corte territoriale non avrebbe affrontato in maniera adeguata il tema della coerenza delle dichiarazioni rese dai dipendenti del punto vendita.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Inoltre, gli stessi sono manifestamente infondati, in quanto si lamentano violazioni di norme processuali tardivamente dedotte e palesemente smentite dagli atti processuali.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare, in primis, che nel caso di specie la confessione effettuata all’atto delle operazioni di perquisizione, dichiarando di avere “effettivamente rubato dei profumi a Cabras nel mese di dicembre 2019” è riportata in un atto – il verbale di perquisizione in data 21 gennaio 2020 – sottoscritto con firma leggibile da ciascun imputato. E che non si evincono dalla lettura dello stesso elemento atti a far dubitare della spontaneità di tale dichiarazione confessoria osservato che il concetto di spontaneità si riferisce non alla volontarietà delle stesse quanto all’assenza di induzione o di sollecitazioni da parte delle forze dell’ordine che ricevono le propalazioni da parte dell’imputato, circostanza – questa – che nel caso concreto non è nemmeno contestata dalla difesa.
N.
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R.G.
La sentenza impugnata, dunque, opera un corretto governo dei dicta di questa
Corte di legittimità secondo cui, in tema di giudizio abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese, nell’immediatezza dei fatti, alla polizia giudiziaria dalla persona
sottoposta ad indagini sono pienamente utilizzabili, purché verbalizzate in un atto sottoscritto dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne i contenuti
ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da parte dell’autorità
di polizia (così Sez. 2, n. 41705 del 28/06/2023, Paris’, Rv. 285110 – 01 che, in motivazione ha precisato che la spontaneità delle dichiarazioni si riferisce alla as-
senza di induzione o di sollecitazione da parte delle forze dell’ordine che ricevono le propalazioni da parte dell’imputato e non alla volontarietà delle stesse; conf.
Sez. 1, n. 37676 del 03/05/2022, L., Rv. 283740 – 01).
In sentenza si osserva, peraltro, che l’affermazione della penale responsabilità
di COGNOME NOME è solidamente ancorata all’avvenuto riconoscimento dello stesso
(e del coimputato) da parte dell’addetto al reparto profumeria che li ha individuati senza margini di incertezza come autori del furto nei soggetti raffigurati nelle foto
esibitegli dai militari e corrispondenti, appunto, alle persone degli imputati, già noti alle Forze dell’Ordine.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08/07/2025