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Condono parziale: non salva dalla demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre fratelli contro un ordine di demolizione per un immobile abusivo acquistato all’asta da un parente. I ricorrenti sostenevano che un permesso in sanatoria avesse regolarizzato la situazione, ma la Corte ha respinto questa tesi. La decisione si fonda su due principi cardine: primo, l’immobile non era stato completato neppure “al rustico” entro i termini del condono, consistendo solo in pilastri; secondo, il principio di unitarietà dell’opera impedisce un condono parziale quando sono presenti ulteriori abusi non autonomi. La Corte ha anche escluso la buona fede degli acquirenti, poiché erano a conoscenza dell’illecito.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Condono Parziale e Demolizione: La Cassazione Mette un Freno

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i rigidi paletti per l’accesso alla sanatoria edilizia, chiarendo che un condono parziale non è una via percorribile per salvare un immobile dalla demolizione se l’abuso non è stato completato e se l’opera non è unitaria. Il caso riguarda tre fratelli che, dopo aver acquistato un immobile abusivo da un parente, hanno tentato invano di bloccare l’ordine di demolizione facendo leva su un permesso a costruire in sanatoria. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi espressi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Un Acquisto e un Abuso Edilizio

La vicenda ha origine da un immobile oggetto di un reato di abuso edilizio, per il quale il responsabile era già stato condannato. L’abuso consisteva nell’ampliamento di un fabbricato tramite la realizzazione di una struttura portante in cemento armato, senza le necessarie murature di tamponamento. Successivamente, i tre nipoti del condannato acquistavano l’immobile nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare. A fronte dell’ordine di demolizione, i nuovi proprietari presentavano un’istanza di revoca, sostenendo che un permesso a costruire in sanatoria, ottenuto sulla base di una domanda di condono presentata anni prima dal loro parente, avesse ormai legittimato l’opera.

La Decisione della Corte e il Rifiuto del Condono Parziale

Il Tribunale, in sede di rinvio, aveva già respinto l’istanza, e la Corte di Cassazione ha confermato tale decisione, dichiarando il ricorso dei fratelli inammissibile. La Suprema Corte ha basato il suo giudizio su due verifiche cruciali, entrambe con esito negativo per i ricorrenti, che di fatto smontano la possibilità di applicare un condono parziale in circostanze simili.

Le Motivazioni della Sentenza

Le argomentazioni della Corte sono state nette e si sono concentrate su aspetti fondamentali della normativa in materia di condono edilizio.

Il Requisito dell’Ultimazione dei Lavori

Il primo punto analizzato è stato lo stato di completamento dell’opera alla data di riferimento per il condono. La legge richiede che, per essere condonabile, un immobile debba essere ultimato almeno “al rustico”, ovvero completo di copertura e murature perimetrali. Nel caso di specie, l’abuso consisteva unicamente in pilastri di cemento armato, privi di tamponature. Tale stato, secondo la Corte, non è neanche lontanamente assimilabile al “rustico”, rendendo l’opera non idonea a beneficiare della sanatoria. L’idea di sanare solo una parte della struttura (i pilastri) si scontra con questo requisito fondamentale.

Il Principio di Unitarietà e il Divieto di Frazionamento

Il secondo e altrettanto importante motivo di rigetto riguarda il principio di unitarietà dell’opera. La normativa sul condono non permette di “frazionare” un abuso per sanarne una parte e tralasciarne un’altra. L’opera deve essere valutata nel suo complesso. Nel caso esaminato, era emerso che, successivamente alla realizzazione dei pilastri, era stato costruito un secondo manufatto abusivo. Questo ulteriore illecito, funzionalmente collegato al primo, ha compromesso la sanabilità dell’intero complesso edilizio. Non è possibile, ha sottolineato la Corte, utilizzare il condono per legalizzare una struttura che nel frattempo ha perso la sua individualità originaria a causa di nuovi abusi, né è possibile ripristinare artificialmente la situazione precedente con demolizioni parziali. Il condono parziale è quindi escluso quando l’abuso è stato modificato o ampliato nel tempo.

La Mancanza di Buona Fede degli Acquirenti

Infine, la Corte ha respinto l’argomento della buona fede degli acquirenti. I ricorrenti erano pienamente consapevoli della natura abusiva dell’immobile al momento dell’acquisto, avvenuto peraltro in un contesto familiare e nell’ambito di una procedura esecutiva. La mera conoscenza di una vecchia domanda di condono non è sufficiente a creare un legittimo affidamento sulla futura sanabilità dell’immobile, specialmente quando i requisiti sostanziali per il condono, come l’ultimazione dei lavori, non sono mai esistiti. Di conseguenza, il loro diritto di abitazione non può prevalere sull’interesse pubblico al ripristino della legalità.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza che il condono edilizio è un istituto eccezionale e non uno strumento per regolarizzare a posteriori qualsiasi tipo di illecito. Le implicazioni pratiche sono chiare: chi acquista un immobile deve prestare la massima attenzione alla sua conformità urbanistica, poiché la presenza di una domanda di condono non è garanzia di successo. L’ordine di demolizione rimane uno strumento efficace che non viene paralizzato da tentativi di sanatoria parziale o tardiva, soprattutto quando mancano i presupposti essenziali come il completamento dell’opera e l’assenza di ulteriori abusi che ne alterino l’unitarietà.

È possibile ottenere un condono per un edificio che consiste solo in pilastri di cemento armato?
No, la Cassazione ha stabilito che per accedere al condono l’opera deve essere quantomeno completata “al rustico”, il che include la copertura e le murature perimetrali. La sola struttura portante non è sufficiente.

Se presento una domanda di condono per un abuso edilizio, posso poi costruire altre opere abusive sulla stessa proprietà?
No, la sentenza ribadisce il “principio di unitarietà dell’opera”. Ulteriori abusi non possono essere considerati autonomi e finiscono per compromettere la sanabilità dell’intero immobile, impedendo un condono parziale e rendendo l’intera struttura soggetta a demolizione.

Acquistare un immobile all’asta con un abuso edilizio, sapendo che è stata presentata una domanda di condono, mi protegge dalla demolizione?
No. La Corte ha chiarito che la conoscenza dell’abusività dell’opera al momento dell’acquisto, anche se in una procedura esecutiva, esclude la buona fede. La mera speranza in una futura sanatoria non costituisce un affidamento legittimo e non impedisce l’esecuzione dell’ordine di demolizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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