Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26660 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26660 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME
NOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso presentato da:
avverso l’ordinanza del Tribunale di Termini Imerese dell’11/03/2025, esaminati i motivi del ricorso;
lette le conclusioni scritte del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale D.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con ordinanza dell’11/03/2025, il Tribunale di Termini Imerese, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di annullamento dell’esecuzione della demolizione dell’immobile di proprietà dell’odierno ricorrente.
Avverso tale ordinanza il Militello propone ricorso per cassazione.
2.1. Con un primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento agli articoli 32 comma 27, lettera d), d.l. 269/2003 e d. lgs. 42/2004.
Il provvedimento gravato evidenzia che non Ł mai stato richiesto, e quindi rilasciato, il nulla osta della Sovrintendenza dei Beni Culturali e ambientali, in relazione al vincolo paesaggistico che ritiene sussistente.
In realtà tale vincolo non sussiste e, in relazione ai contenuti della circolare n. 2/2014 dell’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della regione Sicilia (confermata dalla successiva n. 4/2025) riconosce la sanabilità degli abusi pur in presenza di vincoli quale quello in parola.
In realtà, l’unico vincolo che grava sull’immobile, come da provvedimento emesso in autotutela dalla Regione, Ł quello idrogeologico e non anche quello paesaggistico, come emerge dal certificato di destinazione urbanistica.
L’assenza del vincolo travolge la tenuta logica del provvedimento.
2.2. Con un secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento agli articoli 25bis l.r. n. 16 del 2016, come modificato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 252/2022, la quale ha precisato che per quanto riguarda modalità e termini
– Relatore –
Sent. n. sez. 935/2025
CC – 17/06/2025
si applica l’articolo 28 della legge regionale, a mente del quale, decorsi 90 giorni dall’istanza di condono, in caso di silenzio il provvedimento si intende rilasciato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł complessivamente infondato.
Prima di affrontare il merito del ricorso, il Collegio ritiene, al fine di una corretta decisione, di dover precisare la cornice normativa della vicenda in esame.
In proposito si evidenzia che l’articolo 32, comma 27, l. 269/2003 precisa, alla lettera d), che non sono condonabili le opere «realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonchØ dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».
In sostanza, la disposizione statale ha introdotto una rilevante novità, rispetto ai condoni precedenti, in quanto ha stabilito che le opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo a tutela di «interessi idrogeologici, ambientali e paesistici» potevano ottenere la sanatoria solo nei casi di interventi edilizi di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1, restando escluse dal condono tutte le ipotesi di «nuova costruzione», realizzata cioŁ in assenza o in totale difformità dal titolo edilizio in zona assoggettata ad un suddetto vincolo.
2.1. La massima giurisprudenza amministrativa ha in proposito chiarito che una domanda di condono edilizio, anche se precedente all’imposizione del vincolo idrogeologico, non può essere accolta se l’opera Ł in contrasto con il vincolo stesso.
Con sentenza 6140 del 2026, infatti, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito che l’art. 32 del c.d. «terzo condono», di cui al D.L. 269/2003, fissa limiti piø stringenti rispetto ai precedenti primo e secondo condono (leggi nn. 47/1985 e 724/1994); infatti il suddetto articolo esclude la possibilità di conseguire il condono nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico qualora sussistano congiuntamente queste due condizioni ostative:
il vincolo di inedificabilità sia preesistente all’esecuzione delle opere abusive;
le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
In tal caso l’incondonabilità non Ł superabile nemmeno con il parere positivo dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.
I giudici di Palazzo COGNOME aggiungono che il d.l. 269/2003 disciplinando in maniera piø restrittiva, rispetto al «primo condono edilizio» di cui alla legge 47/1985, con riguardo ai vincoli a protezione dei beni paesistici, ma anche quello idrogeologico, preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza che sia intervenuto alcun parere dell’Autorità ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria.
In tal caso, non residua«alcun diaframma di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive».
2.2. La giurisprudenza di questa Corte – d’altro canto – ha, con orientamento consolidato, sempre ritenuto che le nuove costruzioni realizzate in assenza del titolo abilitativo edilizio e in area assoggettata a vincolo non sono suscettibili di sanatoria, ostandovi il disposto dell’art. 32, comma 26, lett. a), dello stesso d.l. n.269.
In particolare, questo Consesso ritiene che, nelle aree sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici, la norma anzidetta ammetta la possibilità di ottenere la sanatoria per i soli interventi edilizi di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria di cui ai nn. da 4) a 6) dell’Allegato I del d.l. 269/2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato (ossia interventi innovativi comportanti incremento di superficie e di volume), anche se l’area Ł sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (Sez. 3, n. 40676 del 20/05/2016, COGNOME, Rv. 268079 – 01; Sez. 3, n. 29986 del 05/03/2019, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 44957 del 02/07/2019, COGNOME Rv. 277264 – 01, secondo cui, inoltre, la normativa della Regione Sicilia non può essere interpretata in senso confliggente con la normativa statale sul condono edilizio di cui al d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni in legge 24 novembre 2003, n. 326, ed in particolare con quanto stabilito all’art. 32 di tale decreto legge, che prevede la condonabilità dei soli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del citato d.l.).
Quanto al rapporto tra la disciplina statale e quella dettata dalla Regione Sicilia, va rammentato (v., sul punto, Sez. 3, n. 30693 del 24/06/2021, Lacca, n.m.) che, in forza dello Statuto speciale della Regione Sicilia – approvato con R.D.L. 15 maggio 1946 n. 455 (Pubblicato nella G.U. del Regno d’Italia n. 133-3- del 10 giugno 1946, convertito in legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948, Ł di competenza esclusiva della regione la tutela del paesaggio, all’interno del quale deve annoverarsi la materia dell’edilizia e dell’urbanistica.
Tale competenza esclusiva, tuttavia, non può porsi in contrasto con le norme costituzionali, tra i quali l’art. 9 Cost, il quale eleva la tutela del paesaggio tra i beni che godono di tutela di rango costituzionale.
A ciò consegue che gli interventi legislativi di condono edilizio varati con legge statale, che consentono la sanatoria degli abusi realizzati, non trovano diretta applicazione in Sicilia, laddove deve intervenire, nell’esercizio della potestà legislativa alla medesima riservata in via esclusiva, una legge regionale che disciplini la materia, nel rispetto dei principi costituzionali.
Tale legge regionale potrà disciplinare la materia recependo in tutto o parte la disciplina statale, ovvero escludendo o modificando la medesima, con il limite esterno costituito dalle norme statali che costituiscono «grande riforma economico-sociale».
Per quanto concerne le norme in parola, la Corte costituzionale, con sentenza n. 252 del 2022, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2021, in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettere l) ed s), 123 e 127 della Costituzione, nonchØ in riferimento agli artt. 14 e 27 dello statuto della Regione Siciliana.
Con la disposizione impugnata, il legislatore regionale intendeva fornire l’interpretazione autentica dell’art. 24 della legge reg. Siciliana n. 15 del 2004, che ha recepito in Sicilia il terzo condono edilizio, previsto dall’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, come convertito.
In forza di tale norma, la norma di recepimento siciliana doveva essere interpretata nel senso che Ł ammissibile la sanatoria delle opere abusive «realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta».
Piø nel dettaglio, la disposizione impugnata aggiungeva alla legge reg. Siciliana n. 16 del 2016 l’art. 25bis («Norma di interpretazione autentica»), il quale disponeva quanto
segue:
«1. L’articolo 24 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15 si interpreta nel senso che sono recepiti i termini e le forme di presentazione delle istanze presentate ai sensi dell’articolo 32 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 , convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e pertanto resta ferma l’ammissibilità delle istanze presentate per la regolarizzazione delle opere realizzate nelle aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta nel rispetto di tutte le altre condizioni prescritte dalla legge vigente.
Per la definizione delle pratiche di sanatoria di cui al presente articolo, gli enti competenti rilasciano il nulla osta entro i termini previsti dalla normativa vigente».
La Corte costituzionale ha stabilito che tale norma non aveva carattere «interpretativo», bensì «innovativo» e contrastava con la norma statale, l’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003, da considerarsi quale «grande riforma economico-sociale», contenente limitazioni alla condonabilità delle opere introdotte dallo Stato nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva nella materia della «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.).
Secondo il Giudice delle leggi, infatti, l’art. 24 della legge reg. Siciliana n. 15 del 2004 richiama espressamente l’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 nella sua integralità.
Di conseguenza, tale rinvio riguarda non solo i termini e le forme della richiesta di concessione in sanatoria, ma anche i limiti entro i quali questa deve essere rilasciata, tra cui quello previsto dal citato comma 27, lettera d), dell’art. 32, che attribuisce «carattere ostativo alla sanatoria anche in presenza di vincoli che non comportino l’inedificabilità assoluta» (sentenza n. 117 del 2015; in senso conforme, sentenze n. 181 del 2021, n. 225 del 2012, n. 290 e n. 54 del 2009 e n. 196 del 2004).
Fra questi, come prescrive la citata lettera d), vi sono «i vincoli imposti a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonchØ dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di tali opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».
In altri termini il legislatore regionale, a differenza di quanto accaduto con la l.r. n. 37 del 1985, ha recepito nell’ambito territoriale della Regione Sicilia, l’art. 32 della legge n. 326 del 2003 direttamente e integralmente e cioŁ sia con riguardo alle forme che ai limiti ivi previsti, tra cui, anche, la previsione di cui al comma 27 lett. d), per la quale la concessione edilizia in sanatoria non può essere rilasciata per interventi di nuova costruzione in aree sottoposte ai vincoli ivi citati.
Per effetto della pronuncia del giudice delle leggi deve ritenersi preclusa la possibilità di procedere, nella Regione Sicilia, a condono degli abusi edilizi commessi in aree soggette a vincoli che non comportino inedificabilità assoluta.
Nel caso di specie, come risulta dallo stesso ricorso, l’abuso consisteva nella realizzazione «in c.a. di due elevazioni fuori terra e con copertura piana, destinato a civile abitazione e magazzino al piano terra» e quindi l’intervento edilizio, realizzato in zona sottoposta a vincolo idrogeologico, Ł sicuramente al di fuori delle ipotesi previste dai numeri da 4) a 6) dell’Allegato I citato.
Ciò determina la incondonabilità dell’abuso in parola, con conseguente inapplicabilità della disciplina del silenzio assenso e, a cascata, l’infondatezza della deduzione difensiva secondo cui la pronuncia del Giudice delle leggi non travolgerebbe i rapporti «esauriti», posto chela costante giurisprudenza di questa Corte, anche prima della pronuncia della
Corte costituzionale, era univoca nel senso della esclusione della natura derogatoria della legislazione siciliana rispetto a quella statale.
Quanto alla circolare n. 2/2014 dell’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della regione Sicilia, il Collegio rammenta che le c.d. «circolari interpretative» hanno natura di atti interni alla pubblica amministrazione, che non esplicano alcun effetto vincolante non solo per il giudice penale, ma anche per gli stessi destinatari, poichØ non può comunque porsi in contrasto con l’evidenza del dato normativo (v. Sez. 3, n. 6619 del 7/2/2012, COGNOME, Rv. 252541; Sez. 3, n. 19330 del 27/4/2011, COGNOME, non massimata, con riferimento alla circolare ministeriale n. 2699 del 7 dicembre 2005 in materia di condono edilizio; Sez. U, n. 10424 del 18/1/2018, COGNOME, non massimata sul punto, in tema di contributi previdenziali).
Essa, pertanto, non ha alcun valore vincolante, a maggior ragione in executivis .
Conclusivamente, il primo motivo Ł infondato, in quanto, quand’anche fosse inesistente il vincolo paesaggistico, la presenza del vincolo idrogeologico escluderebbe comunque la condonabilità dell’opera, mentre il secondo Ł manifestamente infondato per le ragioni superiormente esposte.
Non può quindi che concludersi nel senso del rigetto del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 17/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME