Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37399 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37399 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 05/05/2025 del Tribunale di Catania letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata in data 5 maggio 2025, e depositata il 6 maggio 2025, il Tribunale di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di NOME COGNOME di sospensione dell’ingiunzione a demolire un immobile emessa dal Procuratore della Repubblica di Catania.
L’ingiunzione di demolizione è stata emessa sulla base di sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Catania il 28 novembre 2000, e divenuta irrevocabile il 20 febbraio 2001. Il Tribunale ha rigettato l’istanza di sospensione in particolare osservando che la stessa ha ad oggetto «nuove opere» effettuate in area già sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale e idrogeologico, e che l’art. 32, comma 27, d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, individua come ostativa al rilascio di provvedimento di condono la realizzazione di opere recanti nuove superfici e nuovi volumi su aree assoggettate, al momento dei relativi lavori, a vincoli posti a tutela di beni ambientali e paesistici.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME AVV_NOTAIO COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando un motivo, preceduto da una premessa sullo svolgimento del procedimento amministrativo e giurisdizionale amministrativo riguardante il condono, allo stato definito da una decisione di annullamento del provvedimento di diniego di concessione in sanatoria per omessa valutazione, da parte dello stesso, delle deduzioni difensive.
Con il motivo, si denuncia violazione di legge avuto riguardo all’assenza di motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla sanabilità delle opere realizzate e alla insussistenza di un pregiudizio irreparabile derivante dall’esecuzione dell’ordine di demolizione.
Si deduce che illegittimamente l’ordinanza impugnata non ha fornito alcuna motivazione sulle deduzioni della difesa in ordine: 1) alla irrilevanza del superamento, da parte della costruzione abusiva, del limite volumetrico del 30 % della costruzione originaria, in quanto l’ampliamento realizzato è comunque inferiore a 750 mc.; b) alla insanabilità degli abusi nei soli casi di vincoli di inedificabilità assoluta, previsti dall’art. 33 della legge n. 47 del 1985, come affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 49 del 1996, e non anche nei casi di vincoli di inedificabilità relativa, siccome suscettibili di essere rimossi mediante giudizio ex post di compatibilità da parte dell’autorità amministrativa competente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Le censure contestano che l’ordinanza impugnata non avrebbe fornito risposte alle deduzioni della difesa in ordine alla sanabilità delle opere realizzate, le quali avevano evidenziato sia la ridotta dimensione dell’ampliamento, in quanto inferiore al limite massimo previsto, pari a 750 mc., sia l’insussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta a norma dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985.
2.1. Occorre immediatamente rilevare che, secondo quanto precisato nell’ordinanza impugnata, l’immobile oggetto dell’ordine di demolizione ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale, a vincolo idrogeologico-forestale e a vincolo sismico ed è interessato da istanza di condono presentata il 9 dicembre 2004, a norma dell’art. 32, comma 27, d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003.
Va inoltre evidenziato che l’ordinanza impugnata ha espressamente ritenuto inammissibile, nella specie, il rilascio del condono, «indipendentemente dall’aumento di volumetria determinato dalle opere abusivamente realizzate», perché «l’immobile de quo ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale ed idrogeologico», preesistente ai lavori di edificazione, e il manufatto in questione consiste in «nuove opere», non certo in opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria. Precisa, in proposito, che le opere abusivamente realizzate sono costituite da: a) un vano in blocchi di cemento con quattro pilastri in cemento armato, della superficie coperta di 24 mq., accorpato ad un immobile preesistente avente superficie di 45 mq.; b) un piano mansardato della superficie coperta di 70 mq.; c) un corpo di fabbrica della superficie coperta di 2,40 mt.; d) un corpo di fabbrica della superficie coperta di 60 mq.
2.2. La questione da esaminare, in considerazione delle circostanze di fatto rilevate, e non specificamente contestate, è se la realizzazione abusiva di «nuove opere», indipendentemente dalla volumetria realizzata, in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, anche ‘relativo’, sia di per sé preclusiva del rilascio di un provvedimento di condono a norma dell’art. 32, comma 27, d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003.
In proposito, l’orientamento della giurisprudenza è univoco.
Nella giurisprudenza penale di legittimità, si è ripetutamente affermato che, in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del citato d.l. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla
tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 40676 del 20/05/2016, Armenante, Rv. 268079 – 01, e Sez. 3, n. 6610 del 31/01/2012, COGNOME, non massimata).
A sostegno di questa conclusione, si è anche precisato che la Corte costituzionale (si citano Corte cost., ord. n. 150 del 2009, e Corte cost., sent. n. 54 del 2009), nel dichiarare la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del limite della condonabilità ai soli ‘abusi minori’ nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, ha espressamente evidenziato come i vincoli preclusivi della sanatoria «non debbano necessariamente comportare l’inedificabilità assoluta» (per questi richiami, v., specificamente, Sez. 3, n. 6610 del 31/01/2012, cit.).
L’indicato orientamento della giurisprudenza penale di legittimità e della giurisprudenza costituzionale risulta condiviso anche dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato. I Giudici amministrativi, infatti, affermano che gli interventi edilizi diversi da quelli di minore rilevanza, ed indicati ai numeri 4), 5) e 6) dell’allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003 (ovverosia restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), «non sono sanabili, pur laddove le opere risultino conformi alla normativa e agli strumenti urbanistici (il che invece ha favorevole rilievo per gli abusi minori), se l’area d’insistenza dell’opera sia – come nel caso de quo -sottoposta a vincolo di inedificabilità, anche solo relativa, già prima dell’intervento abusivo» (così Cons. Stato, n. 5795 del 02/07/2025, la quale cita, come precedenti conformi, tra le altre: Cons. Stato, n. 4655 del 24/05/2024; Cons. Stato, n. 7590 del 07/08/2023; Cons. Stato, n. 8781 del 14/10/2022). E aggiungono: «Il consolidato orientamento ermeneutico secondo cui la norma statale sul condono impone l’osservanza di vincoli anche di carattere relativo è stato avallato, con sentenza 27 febbraio 2009, n. 54, anche dalla Corte costituzionale, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di leggi regionali per contrasto con il predetto principio fondamentale della legge statale di cui al citato art. 32, comma 27, per aver limitato il divieto di sanare le opere abusive edificate su aree sottoposte a vincoli di tutela alle sole ipotesi in cui questi ultimi comportassero l’inedificabilità assoluta. Nel medesimo senso si è espressa anche la giurisprudenza penale di legittimità (cfr. Cass. pen., sez. III, 20 maggio 2016, n. 40676)» (così, ancora, Cons. Stato, n. 5795 del 2025, cit.).
Né il ricorrente fornisce argomenti utili a superare il diffuso orientamento giurisprudenziale, secondo cui anche i vincoli di ‘inedificabilità relativa’, se
preesistenti alla realizzazione di opere abusive diverse da quelle di ‘minore rilevanza’, indicate ai numeri 4), 5) e 6) dell’allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003 (ovverosia restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), escludono la sanabilità di queste ultime. In particolare, la proposta, formulata nel ricorso, di una diversa lettura delle pronunce della Corte costituzionale si scontra con il dato testuale di queste ultime, e con la convergente interpretazione di dette decisioni da parte sia della giurisprudenza penale, sia della giurisprudenza amministrativa.
2.3. Una volta ribadito che i vincoli di ‘inedificabilità relativa’ preesistenti escludono la sanabilità di opere abusive diverse da quelle di ‘minore rilevanza’, indicate ai numeri 4), 5) e 6) dell’allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003 (ovverosia restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), indipendentemente dall’aumento di volumetria illecitamente realizzato, le censure formulate nel ricorso risultano manifestamente infondate.
Invero, nella specie, come osservato nell’ordinanza impugnata, e più analiticamente indicato nel § 2.1, il manufatto abusivo è stato realizzato in area sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale ed idrogeologico, preesistente ai lavori di edificazione, e consiste in «nuove opere», certamente non riconducibili ad interventi di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria.
Da quanto appena indicato deriva la non sanabilità delle opere realizzate, e quindi l’incensurabilità della statuizione, contenuta nel provvedimento impugnato, di rigetto della richiesta di sospensione dell’ingiunzione di demolizione.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15/10/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME