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Condono edilizio: il rustico non basta senza muri

La Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un ordine di demolizione, ribadendo che per il condono edilizio un immobile deve essere completato “al rustico”, inclusi i muri perimetrali, entro la data di legge. Lavori successivi che creano nuovo volume, anche dopo un sequestro, non sono sanabili.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Condono Edilizio: Quando un Immobile è Davvero “Ultimato”?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35006/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di abusi edilizi: la nozione di “ultimazione” dell’opera ai fini dell’accesso al condono edilizio. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: per essere considerato ultimato, un edificio non deve solo avere la copertura, ma anche i muri perimetrali che ne definiscono il volume. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un immobile abusivo composto da piano terra e primo piano. La proprietaria, condannata per l’abuso edilizio, aveva ricevuto un ordine di demolizione. Contro tale ordine, aveva presentato un’istanza di revoca, sostenendo di aver ottenuto un condono ai sensi della L. 724/1994. Il Tribunale aveva respinto l’istanza, dando il via al ricorso in Cassazione.

Il punto centrale della difesa era che l’opera, alla data del 31 marzo 1992, era già completa nelle sue strutture portanti e nella copertura. I lavori successivi, che portarono al completamento definitivo, erano stati ritardati a causa di un sequestro giudiziario dell’immobile, terminato solo nel maggio 1994. Secondo la ricorrente, tale interruzione avrebbe dovuto legittimare il completamento successivo e l’accesso al condono.

La Nozione di Ultimazione per il Condono Edilizio

La Corte di Cassazione smonta pezzo per pezzo la tesi difensiva, basandosi su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il concetto di “ultimazione” degli edifici, richiamato dalla legge sul condono del 1994 (L. 724/1994), è definito dall’art. 31 della L. 47/1985. Questa norma stabilisce che un edificio si intende ultimato quando sono stati eseguiti il “rustico” e completata la “copertura”.

Ma cosa significa “rustico”? La giurisprudenza, sia penale che amministrativa, è unanime nel ritenere che il rustico comprenda non solo l’insieme delle strutture portanti (pilastri, travi, solai), ma anche le tamponature perimetrali. I muri esterni, infatti, sono l’elemento che definisce la volumetria dell’edificio, rendendola individuabile e calcolabile. Senza i muri esterni, il volume è solo potenziale e non concreto.

Nel caso di specie, al 31 dicembre 1993 (termine ultimo per il condono del ’94), l’immobile non aveva ancora i muri perimetrali del primo piano. Questi sono stati realizzati solo dopo il dissequestro, nel 1994. Di conseguenza, l’opera non poteva considerarsi “ultimata” entro i termini di legge e, pertanto, non era condonabile.

L’impatto del Sequestro Giudiziario sul Condono Edilizio

Un altro punto chiave del ricorso riguardava l’art. 43 della L. 47/1985, che consente la sanatoria per opere non ultimate a causa di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, come il sequestro. La ricorrente sosteneva che proprio il sequestro le aveva impedito di completare i lavori in tempo.

Anche su questo punto, la Cassazione è categorica. L’art. 43 è una norma di favore che deve essere interpretata restrittivamente. Essa consente di sanare le strutture già realizzate al momento del sequestro e di eseguire solo i lavori strettamente necessari a garantirne la funzionalità. Non autorizza in alcun modo a completare l’opera creando nuovi volumi o realizzando parti strutturali inesistenti al momento dell’interruzione forzata. Proseguire i lavori prima ancora di presentare la domanda di sanatoria, come avvenuto nel caso in esame, costituisce una ripresa dell’attività criminosa e un nuovo reato edilizio.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte dichiara il ricorso inammissibile con motivazioni nette. Primo, l’opera non era ultimata entro il 31 dicembre 1993, mancando i muri perimetrali. Questo fatto, da solo, è sufficiente per escludere l’accesso al condono.

Secondo, l’interpretazione dell’art. 43 L. 47/1985 non permette di completare un abuso edilizio dopo un sequestro; consente solo di rendere funzionale ciò che già esiste. I lavori di completamento eseguiti dalla ricorrente hanno creato nuova volumetria e sono quindi illegittimi.

Terzo, la Corte ribadisce un principio fondamentale: qualsiasi intervento su una costruzione abusiva, anche se fosse di manutenzione, costituisce un nuovo reato edilizio se l’abuso originario non è stato sanato. Ne consegue che la realizzazione dei lavori di completamento ha reso radicalmente abusivo l’intero fabbricato.

Infine, l’ordine di demolizione riguarda l’edificio nel suo complesso. L’obbligo di demolizione è una forma di “restitutio in integrum”, ovvero di ripristino dello stato dei luoghi precedente all’abuso. Pertanto, deve avere ad oggetto non solo le parti aggiunte, ma l’intero manufatto abusivo, comprese le aggiunte e le modifiche successive.

Conclusioni

La sentenza in esame offre importanti chiarimenti per chi affronta questioni legate al condono edilizio. Conferma che la legge non lascia spazio a interpretazioni estensive: per la sanatoria, un immobile deve essere completo di tetto e muri esterni entro i termini previsti. L’interruzione dei lavori a causa di un sequestro non costituisce una “via libera” per completare l’abuso in un secondo momento. Al contrario, proseguire i lavori su un manufatto abusivo non sanato aggrava l’illecito e rende l’intero immobile soggetto a demolizione.

Cosa si intende per “edificio ultimato” ai fini del condono edilizio?
Per essere considerato “ultimato”, un edificio deve essere completato “al rustico”, il che significa che devono essere state realizzate non solo le strutture portanti e la copertura, ma anche tutte le tamponature perimetrali (i muri esterni) che ne definiscono il volume.

È possibile completare un’opera abusiva dopo un sequestro giudiziario e poi chiedere il condono?
No. La legge (art. 43, L. 47/1985) consente di sanare solo le strutture già esistenti al momento del sequestro e di eseguire i lavori strettamente necessari alla loro funzionalità. Non permette di completare l’opera creando nuovi volumi o realizzando parti strutturali mancanti.

L’ordine di demolizione per lavori di completamento abusivi riguarda solo le nuove opere o l’intero immobile?
L’ordine di demolizione riguarda l’intero manufatto abusivo. I lavori di completamento, essendo una ripresa dell’attività illecita, rendono abusiva l’intera costruzione, che deve quindi essere demolita per ripristinare lo stato originale dei luoghi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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