Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35006 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35006 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARANO D’ISCHIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/01/2024 del TRIB.SEZ.DIST. di ISCHIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 3 gennaio 2024 del Tribunale di Napoli, Sez. dist. di Ischia, che, pronunciando in sede esecutiva, ha rigettato l’istanza di revoca dell’ingiunzione, emessa dal Pubblico ministero il 2 dicembre 2023, ad eseguire l’ordine di demolizione impartito con sentenza dell’il marzo 1998 del medesimo Tribunale che l’aveva condannata per il reato di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, e per altre violazion della normativa in materia di edilizia in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico, in relazione al completamento RAGIONE_SOCIALE opere di edificazione di un corpo di fabbrica abusivo composto da piano terra e primo piano. I fatti erano stati accertati il 10 giugno 1994.
1.1.Con unico motivo deduce la violazione degli artt. 39 e 43 legge n. 724 del 1994, la illogicità manifesta della motivazione, il travisamento del fatto e della prova e il difetto di motivazione.
Deduce, in particolare, che:
(i) contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, l’opera era già completa di tutte le strutture portanti, compresa la copertura, alla data del 31 marzo 1992;
(ii) il Giudice dell’esecuzione ha erroneamente applicato l’art. 43 legge n. 47 del 1985 (ed anzi non ha affatto motivato sul punto) considerato che l’opera non ha potuto essere ultimata entro il 31 dicembre 1993 in conseguenza di provvedimento giurisdizionale (sequestro) intervenuto il 31 marzo 1992 quando essa era già individuabile nella sua consistenza planovolumetrica e il successivo tamponamento costituiva mero completamento, senza alcuna modifica dei parametri già regolarmente individuati nel 1992;
(iii) l’immobile ricade in zona esterna al perimetro dell’area assoggettata a vincolo idrogeologico ai sensi del r.d. n. 3267 del 1923, sicché non era necessaria l’autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo; la contraria affermazione è frutto di travisamento del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PSAI) approvato nel 2015; in base a tale Piano, l’area di sedime ricade in zona R3 (rischio elevato) e non R4 (rischio molto elevato) della Carta del Rischio Frane; in ogni caso: a) i vincoli ostativi al condono RAGIONE_SOCIALE opere abusivamente realizzate devono preesistere all’edificazione; b) gli artt. 16 e 42 RAGIONE_SOCIALE norme di attuazione del PSAI non escludono, nelle zone R3, l’antropizzazione dell’area e fanno salvi gli interventi muniti di regblare titolo edilizio iniziati prima della data di pubblicazione sul BURC; c) l’autorità preposta alla tutela del vincolo è la stessa preposta al rilascio del permesso di costruire in
sanatoria (nel caso di specie, il Comune di Ischia che ha, all’evidenzff, accertato la compatibilità dell’intervento con le norme del PSAI);
(iv) il titolo è inesistente poiché ne è oggetto l’intero fabbricatci laddove la condanna riguarda solo il suo completamento, non essendo state le opere preg resse attinte da alcun ordine di demolizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimità.
3.Dalla lettura dell’ordinanza impugnata risulta che:
(i) il 30 marzo 1992 era stata accertata la abusiva realizzazione di un manufatto su due livelli di sessantatre metri quadrati per piano, con piano terra quasi completamente interrato costituito da mura di pietra tufacea ,e solaio in cemento armato, primo piano costituito da due mura parallele in celloblok e solaio in cemento armato senza massello di pendenza sul solaio;
(il) l’opera era stata sequestrata e per la sua realizzazione la ricorrente era stata anche irrevocabilmente condannata;
(iii) il 13 maggio 1994 l’immobile era stato dissequestrato;
(iv) in sede di successivo accesso del 10 giugno 1994 (quello che aveva dato origine al procedimento definito con la sentenza dell’Il marzo 1998 oggetto di esecuzione), la polizia municipale aveva accertato che nel frattempo erano stati ultimati i lavori relativi al primo piano consistenti nella sua definitiva tamponatura e nella realizzazione di opere che lo avevano reso abitabile in ogni sua parte, laddove il piano terra e quello esterno si trovavano nello stato di fatto già verificato nel marzo 1992, così come la scala di accesso tra il primo e il secondo piano che si trovava allo stato grezzo;
(iv) una prima domanda di condono era stata presentata (e ottenuta) ai sensi della legge n. 724 del 1994 ma, afferma il Tribunale, i lavori non erano stati ultimati alla data del 31 dicembre 1993 perché il 13 maggio 1994 i muri del primo piano non erano stati completamente tamponati (permesso n. 18/2016) e le opere successivamente realizzate e accertate nel giugno di quello stesso anno non possono definirsi “minori” o di semplice ristrutturazione;
(v) una seconda domanda era stata presentata (e ottenuta) ai sensi della legge n. 326 del 2003 ma riguardava opere di sistemazione esterna estranee alla odierna regiudicanda;
(vi) l’opera oggetto di ingiunzione era stata realizzata in zona sottoposta a vincolo idrogeologico ed in contrasto con il vincolo stesso;
(vii) la presenza del vincolo non risulta menzionata nella domanda di condono e non era stato nemmeno chiesto il parere dell’autorità preposta al vincolo stesso.
4.Tanto premesso, l’art. 39, comma 1, legge n. 724 del 1994, ha esteso la applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come ulteriormente modificate dallo stesso art. 39, alle opere abusive ultimate entro il 31/12/1993 non superiori, per ordine di grandezza, alle volumetrie in essa indicate. L’art. 31, comma 2, legge n. 47 del 1985, specifica che «si intendono ultimati gli edifici nei quali si stato eseguito il rustico e completata la copertura».
4.1.Sin da subito la Corte di cassazione ha affermato il principio secondo il quale deve essere esclusa l’ultimazione del rustico in assenza RAGIONE_SOCIALE trnponature perimetrali, poiché costruzione al rustico è l’insieme RAGIONE_SOCIALE strutture portanti e di tamponamento di un edificio, tale da rendere individuabile il volume agli effetti dell’art. 31 (Sez. 3, n. 4745 del 24/02/1988, Rv. 178166; Sez. 3, n. 7573 del 26/05/1992, Rv. 190934). Con specifico riferimento al “condono” dél 1994, la Corte ha ribadito che la nozione di “ultimazione” dell’immobile ai fini dell’applicazione della sanatoria edilizia deve essere in ogni caso tratta dalla formulazione dell’art. 31 della I. 28 febbraio 1985 n. 47, che considera tali gli edifici per i quali sia completato il rustico ed eseguita la copertura (ovvero, quanto alle opere interne o agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente) essendo la normativa del 1985 espressamente richiamata dalla I. 23 dicembre 1994 n. 724. Anche le tamponature dei muri rientrano perciò sicuramente nel Concetto di “rustico” di cui si richiede l’ultimazione indipendentemente dal fatto che siano o debbano essere eseguite in muratura o con pannelli prefabbricati, ne’ può trovare applicazione qualunque altra regolamentazione che modifiphi, con il significato della norma, il contenuto del precetto penale (Sez. 3, n’. 9011 del 12/08/1992, Rv. 208861; Sez. 3, n. 6548 del 12/04/1999, Rv. 213982; Sez. 3, n. 26119 del 13/05/2004, Rv. 228696). Tali principi sono stati ribaditi anche in relazione al “condono” del 2003 da Sez. 3, n. 28515 del 29/05/2007, Rv. 237139 («in tema di condono edilizio, la nozione di ultimazione dell’opera cui fare riferimento ai fini dell’applicabilità della relativa disciplina è quella dettata dall’art. 31, comma secondo, L. 20 febbraio 1985, n. 47 cui rinvia l’art. 32, comma venticinquesimo, D.L. 30 settembre 2003, n. 269 – conv. con modd. in L. 24 novembre 2003, n. 326 -, sicché era necessario che entro il termine del 31 marzo 2003 fosse stato eseguito il rustico e completata la copertura»); Sez. 3, n. 8064 del 02/12/2008, dep. 2009, Rv. 242740 e, più recentemente, da Sez. 3, n. 28233 del 14/06/2011, Rv. 250658, che ha ribadito, in termini più generali, il Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
principio secondo il quale la realizzazione al rustico del manufatto, rilevante ai fini dell’assoggettabilità temporale dello stesso al condono, Comporta il necessario completamento della copertura e il tamponamentò dei muri perimetrali (nello stesso senso, Sez. 3, n. 13641 del 15/11/2019, RV. 278784 01).
4.2.Anche la consolidata giurisprudenza amministrativa ritiene che il concetto di “rustico” è necessariamente comprensivo RAGIONE_SOCIALE tompagnaNre esterne che realizzino in concreto i volumi rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili (Cons. Stato, Sez. IV, 16 ottobre 1998, n. 1306; Cons. Stato, Sez. IV, 15 aprile 2008, n. 3286; Cons. Stato, Sez. II, 26 novembre 2019, n. 339/2020; Cons. Stato, Sez. VI, 3 dicembre 2018, n. 6841; Cons. Stato, Sez. II, 10 settembre 2019, n. 8542, che ha ribadito che «la nozione di ultimazione RAGIONE_SOCIALE opere coincide con la realizzazione del rustico ed il completanbento della copertura (art. 31, co. 5, legge n. 47/85) e, a tal riguardo, è pacifico che per edificio al rustico s’intenda un’opera mancante solo RAGIONE_SOCIALE finiture (infissi, pavimentazioni, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva RAGIONE_SOCIALE tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili (C.d.S., sez. II, 5 luglio 2019, n. 4666; sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696; sez. VI, 20 febbraio 2019, n. 1190)».
4.3.Nel caso di specie, il manufatto, alla data del 30 marzo 1992,, era ancora incompleto non essendo stato chiuso in tutti i suoi lati il primo piano, tamponato completamente solo tra il 13 maggio 1994, data del dissequestro, e il 10 giugno 1994, data del successivo accesso.
4.4.La ricorrente lamenta, al riguardo, il malgoverno dell’art. 43 legge n. 47 del 1985 e l’omessa motivazione sul punto.
4.5.Secondo il costante insegnamento della Corte di cassazionè, l’art. 43, cit., ai sensi del quale possono ottenere la sanatoria anche le opere non tempestivamente ultimate, nei modi e tempi prescritti, per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, deve essere intesa qualle norma di favore relativa anche ai provvedimenti del giudice penale (Sez. 3, m 20135 del 25/03/2009, COGNOME, Rv. 243766 – 01; Sez. 3, n. 32843 del 08/07/2005, COGNOME, Rv. 232197 – 01; Sez. 3, n. 14148 del 26/10/1999, COGNOME, Rv. 215053 – 01, secondo cui deve è possibile la sanatoria dell’opera limitatamente alle strutture realizzate fino a quella data ed ai lavori destinati a corisentirne la funzionalità, con esclusione di ogni altro intervento strutturale; Sez. 3, n. 7847 del 27/05/1998, COGNOME, Rv. 211353 – 01; Sez. 3, n. 6906 del 12/06/1997, Sessa, Rv. 208677 – 01).
4.6.La ricorrente ne trae spunto per affermare la tempestività GLYPH legittimità degli interventi di successiva ultimazione del fabbricato di natura, afferma, nemmeno strutturale.
4.7.Sennonché, la norma deve essere interpretata nel se so che la sanatoria deve riguardare esclusivamente le «strutture reali zate» e «i lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità». Eeve essere disattesa, perché manifestamente infondata, la tesi difensiva secondo la quale la norma consentirebbe, in ultima analisi, la creazione di nuovi volumi non esistenti alla data (e a causa) del sequestro e di completare, in buona sostanza, l’abuso edilizio ultimando l’opera.
4.8.L’art. 43, comma quinto, legge n. 47 del 1985 ha inteso esclusivamente affermare la condonabilità RAGIONE_SOCIALE opere non potute ultimare (anche) a causa del sequestro penale limitando tale possibilità alle sole strutture già realizzate (prima dell’intervento penale) e ai lavori strettamente necessari alla unzionalità di queste ultime, non dell’opera da ultimare.
4.9.Come ripetutamente affermato anche dal Giudice amministrativo, ai sensi degli artt. 43, comma 5, legge n. 47 del 1985 e 39 legge n. 724 del 1994, in sede di condono straordinario è consentito il completamento RAGIONE_SOCIALE sole opere già funzionalmente definite alla data ultima del 31 dicembre 1993, che si realizza quando si è in presenza di uno stato di avanzamento nella realizzazione del manufatto tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione; in altri termini, l’organismo edilizio deve aver assunto una sua forma stabile ed una adeguata consistenza plano volumetrica, come per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione al rustico, ossia intelaiatura, copertura e muri di tompagno (Cons. Stato, Sez. VI, 26/05/2023, n. 5199). Ed inverel, l’art. 43, comma 5, legge n. 47 del 1985 va inteso nel senso che le “strutture i -ealizzate”, necessitanti lavori di completamento funzionale, devono consistere in manufatti che abbiano acquistato una fisionomia tale da renderne riconoscibile il disegno progettuale e la destinazione e debbano solo essere completati ai fini della loro funzionalità (Cons. Stato, Sez. VI, 20/02/2023, n. 1699, secondo cui ai fini della sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 43, quinto comma, legge n. 47 del 1985, per l’ottenimento del condono edilizio, per opere non ultimate devono intendersi quelle completate almeno al rustico, ossia mancanti solo RAGIONE_SOCIALE finiture, ma necessariamente comprensive RAGIONE_SOCIALE tamponature esterne che realizzino in concreto i volumi rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili; per lavori attinenti alle strutture realizzate e che siano strettamente necessari alla loro funzionalità si intendono i soli lavori necessari per assicurare la funZionalità di quanto già costruito in modo tale da aver già acquistato una fisionomia tale da renderne riconoscibile il disegno progettuale e la destinazione e non lavori destinati ad integrare le opere con interventi edilizi che danno luogo Ji per sé a nuove strutture; nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. VI, 20/07/2022, n. 6325, nonché Cons. Stato, Sez. VI, n. 17/10/2022, n. 8804, secondo cui l’art. 43 legge n. 47 del 1985 è applicabile solo ai lavori necessari per assicurare la funzionalità
di quanto già costruito e non consente, pertanto, di integrare le opere con interventi edilizi che diano luogo a nuove strutture; in senso conf rme, Cons. Stato, Sez. IV, 28/11/2016, n. 2911; Cons. Stato, Sez. V, 19/10/2011, n. 5625; Cons. Stato, Sez. IV, 18/06/2009, n. 4011).
4.10.E’ stato al riguardo precisato che la disposizione di cui all’art. 43 legge n. 47 del 1985, e dunque la possibilità di completare un’opera oggetto di istanza di condono edilizio, si applica soltanto in presenza di lavori necessari per assicurare la funzionalità di quanto già costruito, non consentendo di integrare le opere con interventi edilizi che comportino la creazione di per sé di nuove strutture (Cons. Stato, Sez. VII, 07/02/2023, n. 1364; Cons. Stato, Sez. VI, n. 17/10/2022, n. 8804; Cons. Stato, Sez. VI, 11/04/2022, n. 2645; Cons. Stato, Sez. II, 13/11/2020, n. 7006).
4.11.Infine, in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori, pur se riconducibili, nella loro oggettività, alle catégorie della manutenzione straordinaria, della ristrutturazione o della costruzione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche d’illiceità dell’opera abusiva cui ineriscono strutturalmente, giacché la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum e men che mai a trasformare o ampliare i manufatti oggetto di siffatta richiesta, stante la permanenza dell’illecito fino alla sanatoria (Cons. Stato, Sez. VI, 20/12/2022, n. 11110; Cons. Stato, Sez. VI, 13/11/2018, n. 6367).
4.12.Deve dunque escludersi la possibilità di ultimare l’opera interrotta a causa di provvedimento giurisdizionale prima del 31 dicembre 1993 Mediante la prosecuzione dei lavori strutturalmente destinati a creare volumetrie inesistenti al momento dell’interruzione.
4.13.In ogni caso, ed è argomento che rende totalmente infondata, generica e non decisiva la deduzione difensiva, deve essere escluso che i lavori di completamento possano essere avviati prima della richiesta di rilascio di permesso in sanatoria straordinaria, non potendo provvedere a tanto nemmeno chi chieda la sanatoria ai sensi dell’art. 35 legge n. 47 del 1985. Il tredicesimo comma dell’art. 35, infatti, nel consentire la prosecuzione dei lavori alle specifiche condizioni in esso previste, presuppone comunque la presentazione della domanda.
4.14.Ne consegue che la realizzazione dei lavori di completaménto di un manufatto abusivo prima della presentazione della domanda di sanatoria determina, per le ragioni già indicate al § 4.11 che precede, la radicale abusività dell’intero fabbricato, non solo della parte oggetto dei nuovi lavori (nel senso che qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorchè l’abuso non sia stato represso, costituisce ripresa dell’attività criminosa originaria, integrante un nuovo reato edilizio; ne consegue che, allorChè l’opera
abusiva perisca in tutto o in parte o necessiti di attività marutentive, il proprietario non acquista il diritto di ricostruirla o di ristrutturarla o manutenerla senza titolo abilitativo, giacchè anche gli interventi di manutenzione ordinaria presuppongono che l’edificio sul quale si interviene sia stata costruito legittimamente, cfr. Sez. 3, n. 38495 del 19/05/2016, COGNOME, Rv. 267582 – 01; Sez. 3, n. 40843 del 11/10/2005, COGNOME, Rv. 232364 – 01; più recentemente, nello stesso senso, Sez. 3, n. 30673 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282162 – 01; Sez. 3, n. 48026 del 10/10/2019, Casola, Rv. 277349 – 01).
4.15.Si aggiunga (e costituisce argomento di non minore impoiltanza) che, come affermato dal Giudice dell’esecuzione, la concessione in sanatcria dà atto che le opere (comprese quelle di “completamento”) sono state ultimate entro il 31 dicembre 2013 laddove, come visto, l’immobile è stato definitivamente realizzato non prima del mese di maggio dell’anno successivo.
5.Le considerazioni che precedono hanno natura assorbente poiché attestano la assoluta non condonabilità del manufatto nella sua interezza, a prescindere dalla collocazione o meno dell’opera all’interno della zona sottoposta a vincolo idrogeologico e dalla preesistenza o meno del vincolb alla sua realizzazione.
5.1.Si tratta di deduzione che sollecita un indagine di fatto preckisa in sede di legittimità.
5.2.La ricorrente deduce, a tal fine, il travisamento dello stralcio del PSAI sennonché quando viene dedotto il travisamento della prova è i onere del ricorrente, in virtù del principio di “autosufficienza del ricorso”, suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in sede di appello), dovendosi ritenere precluso al giudice di lègittimità il loro esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio dedotto nCn emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 2, ‘n. 20677 dell’11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053) E’ necessario, pertanto: a) identificare l’atto processuale omesso o travisato; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibi e con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’abto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerènza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” &l’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 249035).
5.3.11 principio di autosufficienza del ricorso trova applicazio e anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. oroc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ove a ciò egli non abbia provveduto nei modi sopra indicati (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, Rv. 280419 – 01; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432 01)
5.4.La ricorrente, in disparte – come detto – la non decisività del dato asseritamente travisato, si è sottratta all’onere di autosufficienza, rendendo inammissibile l’argomento difensivo.
6.Quanto alla dedotta inesistenza del titolo (derivante dal fatto che la condanna posta in esecuzione riguarda solo il completamento dell’immobile e non l’immobile nella sua interezza), fermo restando quanto già affermato ai §§ 4.11 e 4.14 che precedono, va ribadito che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall’art. 31, comma nono, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di “restitutio in integrum” dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione (Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016, dep, 2017, Molinari, Rv. 268831 – 01; Sez. 3, n. 38947 del 09/07/2013, Amore, Rv. 256431 – 01; Sez. 3, n.21797 del 27/04/2011, Apuzzo, Rv. 250389 – 01; Sez. 3, n. 2872 dell’11/12/2008, dep. 2009, Corimbi, Rv. 242163 – 01; Sez. 3, n. 10248 del 18/01/2001, Vitrani, Rv. 218961 – 01; Sez. 3, n. 33648 del 08/07/2022, n.m.; Sez. 3, n. 41180 del 20/10/2021, n.m.; Sez. 3, n. 30298 del 02/07/2021, n.m.; Sez. 3, n. 19112 del 10/06/2020, n.m.).
6.1.Peraltro, nel caso di specie la condanna è espressamente intervenuta per la realizzazione lavori di completamento dell’unico manufatto riconducibile ad un unico centro di interesse con conseguente unicità dell’oggetto materiale della condotta e della natura abusiva del manufatto stesso nella sua interezza.
7.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa della ricorrente (C. Cost. Sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché del
versamento di una somma in fa’/ore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, he si fissa equitativamente nella misura di C 3.000,00.
Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammisibilità del ricorso considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagúnento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deciso in Roma, il 12/06/2024.