Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4861 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 4861  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/01/2023 del GIP TRIBUNALE di ROVIGO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
 Con il provvedimento impugnato, il Giudice per le indagini preliminari del · Tribunale di Rovigo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’incidente di esecuzione proposto nell’interesse di NOME, volto ad ottenere la temporanea inefficacia dell’ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dal Pubblico ministero.
A ragione il G.E. affermava la ritualità dell’operato del P.M., rilevando come, accertata – e dichiarata il 06/09/2021 – l’irreperibilità del condannato, correttamente il Procuratore di Rovigo aveva notificato ex art. 159 cod. proc. pen. presso il difensore – in pari data – l’ordine di esecuzione già emesso il 19/03/2021 e, preso atto della mancata presentazione nei termini di istanze ex art. 656 comma 5 cod. proc. pen., il 07/10/2021 aveva revocato il decreto di sospensione e ripristinato l’ordine di esecuzione.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che denuncia, con un unico motivo, la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 157 commi 1, 2, e 8 bis, 159, 160 comma 4, 161, 295 commi 1 e 2 e 656 commi 5, 8 e 8 bis cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606 lett. c) ed e) cod. proc. pen.. Sostiene in sintesi il ricorrente che l’accertata irreperibilità del NOME avrebbe reso necessaria, da parte del Pubblico ministero, l’adozione di un nuovo provvedimento di esecuzione con contestuale decreto di sospensione da notificare al difensore: si duole quindi dell’irritualità della procedura adottata dal P.M., con conseguente inefficacia del provvedimento di esecuzione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Va, anzitutto, ricordato che la costante giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso di affermare che «in tema di procedimento di esecuzione, l’art. 656, comma 8-bis, cod. proc. pen. – secondo cui il pubblico ministero, se è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’ordine di esecuzione e del contestuale decreto di sospensione ai sensi del precedente comma 5, può, assunte le opportune informazioni, disporne la rinnovazione della
notificazione – non si applica nel caso di condannato irreperibile, latitante o evaso» (Sez. 1, n. 1779 del 30/11/2017 dep. 2018, V, Rv. 272054; da ultimo: Sez. 1, n. 12507 del 14/12/2018 dep. 2019, Rrgall, Rv. 276307; Sez. 1, n. 33125 del 29/01/2019, Vaklinova, Rv. 276411).
 Ciò premesso, nel caso di specie del tutto correttamente il Giudice dell’esecuzione ha rilevato come nessuna norma imponga al Pubblico ministero la emissione di un nuovo decreto di esecuzione in caso di condannato irreperibile: ne consegue che la procedura adottata dal P.M. il quale, successivamente alla dichiarazione di irreperibilità del condannato, ha provveduto a notificare il già emesso ordine di carcerazione ai sensi dell’art. 159 cod. pen. è stata pienamente conforme al disposto normativo.
Quanto alle generiche doglianze inserite in ricorso circa l’adeguatezza delle ricerche svolte per l’emissione del decreto di irreperibilità, esse non risultano essere confluite in alcun specifico motivo di ricorso; in ogni caso, come sottolineato dal Procuratore generale, dette doglianze si appalesano del tutto inammissibili, in quanto dedotte per la prima volta con il ricorso, e quindi non valutate dal giudice dell’esecuzione.
 All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente