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Condannato irreperibile: no al rigetto senza udienza

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto di inammissibilità emesso senza udienza nei confronti di un condannato irreperibile che aveva richiesto una misura alternativa alla detenzione. La Suprema Corte ha stabilito che la condizione di irreperibilità non permette una decisione ‘de plano’ basata sulla mancata elezione di domicilio, ma impone la celebrazione di un’udienza in contraddittorio, garantendo il diritto di difesa. Il caso è stato rinviato al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame nel rispetto delle corrette procedure.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condannato Irreperibile: L’Istanza per Misure Alternative Esige un’Udienza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4291 del 2024, ha affermato un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa: la richiesta di una misura alternativa alla detenzione presentata per un condannato irreperibile non può essere dichiarata inammissibile de plano, ovvero senza la celebrazione di un’udienza. Questa decisione sottolinea come la condizione di irreperibilità del soggetto richieda una valutazione nel merito che non può essere elusa con un provvedimento sommario, imponendo il rispetto del contraddittorio tra le parti.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Affidamento in Prova

Il caso trae origine dal ricorso presentato dall’avvocato di un uomo, già dichiarato formalmente irreperibile, avverso un decreto del Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano. Il difensore aveva depositato un’istanza per l’ammissione del suo assistito all’affidamento in prova al servizio sociale, una misura alternativa alla detenzione in carcere. Nell’istanza stessa, veniva esplicitamente menzionata e documentata la condizione di irreperibilità del condannato.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, agendo de plano ai sensi dell’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale, dichiarava l’istanza inammissibile. La motivazione si basava sulla mancata dichiarazione o elezione di domicilio da parte del condannato, un requisito previsto dall’art. 677, comma 2-bis, del codice di procedura penale. In pratica, il giudice riteneva che l’assenza di questo adempimento formale fosse sufficiente a rigettare la richiesta senza necessità di fissare un’udienza e sentire le parti.

Il Ricorso in Cassazione: il diritto del condannato irreperibile al contraddittorio

Contro questa decisione, il difensore ha proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione di legge. La tesi difensiva era chiara: poiché il suo assistito era già stato dichiarato irreperibile, non era possibile applicare la norma sull’elezione di domicilio, pensata per i condannati non detenuti ma rintracciabili. La difesa sosteneva che la condizione di irreperibilità avrebbe dovuto portare il giudice a fissare un’udienza camerale, garantendo il contraddittorio, anziché procedere con un decreto di rigetto immediato. La situazione, infatti, non era di manifesta infondatezza e richiedeva una valutazione più approfondita.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che il rito de plano è un’eccezione, applicabile solo quando l’istanza è palesemente infondata per carenza dei requisiti di legge, senza che siano necessari accertamenti o valutazioni discrezionali.

Nel caso specifico, la questione centrale era proprio la condizione di condannato irreperibile. La giurisprudenza consolidata, richiamata dalla stessa Corte, ha da tempo stabilito che l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio non si applica ai condannati latitanti o, appunto, irreperibili. Pertanto, il Tribunale di Sorveglianza ha errato nel fondare l’inammissibilità su una norma non pertinente alla situazione concreta del richiedente.

La Corte ha specificato che la valutazione circa la condizione di irreperibilità e le sue conseguenze sull’ammissibilità della domanda non poteva essere risolta in modo sbrigativo. Era invece necessario un procedimento camerale partecipato, come previsto dall’art. 666, commi 3 e 4, c.p.p., con l’intervento del difensore e del pubblico ministero. L’omissione di tale procedura ha comportato una nullità di ordine generale e di carattere assoluto, per violazione del diritto di difesa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio di garanzia cruciale: le scorciatoie procedurali sono ammesse solo in casi eccezionali e tassativamente previsti. La condizione giuridica di condannato irreperibile non può trasformarsi in un ostacolo insormontabile per l’accesso alle misure alternative, né può giustificare una compressione del diritto al contraddittorio. Il giudice, di fronte a un’istanza presentata per un irreperibile, deve fissare un’udienza per consentire alla difesa di argomentare e per valutare nel merito se, nonostante tale status, sussistano le condizioni per un futuro percorso di reinserimento sociale. La decisione è stata quindi annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Milano per un nuovo giudizio, da celebrarsi questa volta nel pieno rispetto delle forme procedurali.

Un condannato dichiarato irreperibile può chiedere una misura alternativa alla detenzione?
Sì, la richiesta può essere presentata dal suo difensore. La condizione di irreperibilità non preclude di per sé la possibilità di avanzare l’istanza.

L’istanza di un condannato irreperibile può essere rigettata senza udienza (de plano) se manca l’elezione di domicilio?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di elezione di domicilio previsto dall’art. 677, comma 2-bis, c.p.p., non si applica ai condannati irreperibili o latitanti. Pertanto, un rigetto senza udienza per questo motivo è illegittimo.

Cosa succede se un giudice rigetta un’istanza de plano quando avrebbe dovuto fissare un’udienza?
Questa procedura errata costituisce una violazione del diritto di difesa e determina una nullità di ordine generale e di carattere assoluto del provvedimento. La decisione può essere annullata dalla Corte di Cassazione, che rinvierà gli atti al giudice competente per un nuovo esame nel rispetto del contraddittorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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