Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1818 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1818 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CAIVANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito per l’imputato l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale continuata ed aggravata commesso nella qualità di concorrente esterno favorendo la distrazione delle risorse di alcune società cooperative, tutte fallite nell’aprile 2018, attrave l’emissione di fatture per operazioni inesistenti strumentali a giustificare formalmente costi mai invero sostenuti dalle fallite in cambio di un aggio del 6%.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando sei motivi. Con i primi quattro deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione, lamentando l’omessa confutazione delle censure proposte con il gravame di merito in ordine all’insussistenza del dolo tipico del concorrente esterno essendosi la Corte territoriale limitata a richiamare per relationem sul punto la motivazione della pronunzia di primo grado. In particolare la sentenza impugnata non avrebbe dimostrato la consapevolezza da parte dell’imputato dell’identità degli amministratori delle società favorite, né apportare un contributo all’asserito disegno distrattivo. Parimenti alcuna dimostrazione sarebbe stata fornita in merito alla consapevolezza dell’imputato di contribuire alla causazione del dissesto delle fallite, evento del reato contestato, il cui verificarsi de causalmente connettersi anche alla condotta del concorrente estraneo e costituire oggetto del dolo addebitabile al medesimo, mentre nel caso di specie alcun elemento sarebbe stato acquisito al fine di comprovare che l’COGNOME fosse a conoscenza della situazione in cui versavano le diverse società. Con il quinto ed il sesto motivo i ricorrente denunzia violazione di legge e vizi di motivazione in merito al riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 112 comma 1 n. 1 c.p., essendosi la Corte territorial limitata sul punto ad affermare che la partecipazione al traffico illecito di fatture di pluralità di persone era nota all’COGNOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere rigettato.
I primi quattro motivi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati o generici. Anzitutto il ricorrente omette di confrontarsi compiutamente con il ragionamento probatorio articolato dalla Corte territoriale, che muove dalle ammissioni rese dall’imputato in merito al suo subentro al dominus oc:culto delle società beneficiarie nella gestione dell’attività sistematica di emissione di fatture per operazio
inesistenti. Logicamente, dunque, i giudici di merito hanno ritenuto che l’COGNOME fosse consapevole di favorire con la propria condotta al distacco di rilevanti risorse da patrimonio delle fallite (implicazione inevitabile della dinamica propria della fatturazio per operazioni inesistenti), addirittura percependo una percentuale delle somme distratte a remunerazione della propria illecita attività.
2.1 In tal senso la Corte territoriale ha fatto buon governo del consolidat insegnamento di legittimità per cui I dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società. Ne consegue che ogni atto distrattivo assume rilievo ai sensi dell’art. 216 legge fall. in caso di fallimento, indipendentemente da rappresentazione di quest’ultimo, il quale non costituisce l’evento del reato che, invece, coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa, posto che se la conoscenza dello stato di decozione costituisce dato significativo della consapevolezza del terzo di arrecare danno ai creditori, ciò non significa che essa non possa ricavarsi da diversi fattori, quali la natura fittizia o l’entità dell’operazione che negativamente sul patrimonio della società (ex multis Sez. 5, n. 16579 del 24/03/2010, Fiume e altro, Rv. 246879; Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, Falcioni, Rv. 278156).
2.2 Il precedente invocato dal ricorrente in merito alla configurabilità del dissesto qual evento del reato di bancarotta patrimoniale è invero rimasto isolato, a fronte di una giurisprudenza che ha costantemente escluso la prospettiva del dissesto dall’oggetto del dolo dei reati di bancarotta, individuando quest’ultimo come limitato alla consapevolezza di dare a beni della fallita una destinazione diversa da quella dovuta secondo la funzionalità dell’impresa, privando quest’ultima di risorse e di garanzie per i creditori (Sez. 5, n. 12897 del 6/10/1999, Tassar’ Din, Rv. 211538; Sez. 5, n. 29896 del 1/7/2002, COGNOME, Rv. 222388; Sez. 5, n. 7555 del 30/1/2006, COGNOME, Rv. 233413; Sez. 5, n. 11899 del 14/1/2010, COGNOME, Rv. 246357; Sez. 5, n. 44933 del 26/9/2011, COGNOME, Rv. 251214; Sez. 5, n. 3299/13 del 14/12/2012, COGNOME, Rv. 253932).
2.3 Del tutto irrilevante è poi il fatto che l’imputato non conoscesse eventualmente l’identità degli amministratori delle società destinatarie delle fatture, posto che il fatto di averle emesse in favore di queste ultime comporta la consapevolezza che le stesse esistessero e, dunque, comunque fossero rappresentate da qualcuno che, attraverso l’utilizzo delle suddette fatture, stava realizzando la distrazione delle somme oggetto di queste ultime.
Infondati sono infine gli ultimi due motivi, posto che la risposta fornita dalla Co alle censure relative alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 112 c.p. d essere interpretata alla luce dell’intera motivazione della sentenza e dunque tenendo conto dell’affermata consapevolezza di favorire numerose società e., dunque, come già ricordato, le persone fisiche che le gestivano, le quali, anche nell’ipotesi in cui fosse state meri prestanome, comunque sono concorsi nella realizzazione delle distrazioni.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6/12/2023