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Concorso esterno bancarotta fraudolenta: il dolo

La Corte di Cassazione conferma la condanna per un soggetto accusato di concorso esterno in bancarotta fraudolenta per aver emesso fatture false. La sentenza chiarisce che, per la configurazione del dolo, non è necessaria la conoscenza dello stato di dissesto della società, ma è sufficiente la consapevolezza di contribuire all’impoverimento del patrimonio sociale a danno dei creditori.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Concorso Esterno in Bancarotta Fraudolenta: Quando l’Aiuto Diventa Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 1818/2024, offre un’importante chiave di lettura sulla responsabilità penale di chi, pur essendo esterno a una società, contribuisce alla sua spoliazione. Il caso analizzato riguarda un’ipotesi di concorso esterno in bancarotta fraudolenta, e la Corte ha delineato con precisione i confini dell’elemento psicologico richiesto per la condanna: il dolo. La pronuncia ribadisce un principio consolidato, fondamentale per comprendere come anche un contributo apparentemente marginale possa integrare una grave fattispecie di reato.

I Fatti del Caso: Fatture False e Distrazione di Fondi

Il processo vedeva imputato un soggetto accusato di aver partecipato, in qualità di concorrente esterno, alla bancarotta fraudolenta di diverse società cooperative. La sua condotta consisteva nell’emettere sistematicamente fatture per operazioni inesistenti. Queste fatture servivano a giustificare formalmente dei costi mai sostenuti dalle cooperative, permettendo così agli amministratori di distrarre ingenti risorse finanziarie. Per questo servizio illecito, l’imputato percepiva un compenso, un ‘aggio’, pari al 6% dell’importo delle somme distratte. Le società coinvolte sono state dichiarate fallite nell’aprile del 2018.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo, tra le altre cose, di non aver agito con dolo. A sua difesa, ha affermato di non essere a conoscenza né dell’identità degli amministratori delle società beneficiarie, né tantomeno della loro situazione di difficoltà economica o del loro imminente dissesto.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Rigettato

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, giudicandolo infondato. I giudici hanno confermato la condanna, ritenendo che le argomentazioni della difesa non scalfissero l’impianto accusatorio. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa e consolidata dei requisiti del dolo nel concorso esterno in bancarotta fraudolenta.

Le Motivazioni sul dolo nel concorso esterno bancarotta fraudolenta

Il fulcro della sentenza risiede nella definizione del dolo per l’extraneus, ovvero il concorrente esterno. La Cassazione ha chiarito che, per integrare il reato, non è necessaria la specifica conoscenza dello stato di dissesto della società. Ciò che rileva è la volontarietà della propria condotta di supporto a quella dell’intraneus (l’amministratore) e la consapevolezza che tale condotta provochi un impoverimento del patrimonio sociale a danno dei creditori.

I giudici hanno spiegato che ogni atto di distrazione di beni assume rilevanza penale ai sensi dell’art. 216 della Legge Fallimentare nel momento in cui interviene il fallimento, ma l’evento del reato non è il fallimento stesso, bensì la lesione dell’interesse patrimoniale della massa dei creditori. Di conseguenza, la consapevolezza del terzo di arrecare un danno ai creditori può essere desunta da vari fattori, come la natura palesemente fittizia delle operazioni (l’emissione di fatture false) che, per loro stessa dinamica, comportano inevitabilmente una diminuzione delle garanzie patrimoniali per i creditori.

La Corte ha inoltre ritenuto irrilevante il fatto che l’imputato non conoscesse personalmente gli amministratori. L’emissione di fatture a favore di specifiche società implicava necessariamente la consapevolezza che queste entità esistessero e che qualcuno, agendo in loro nome, stesse utilizzando quei documenti per realizzare la distrazione di fondi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma un principio di grande importanza pratica: chiunque fornisca un contributo attivo a operazioni illecite che depauperano un patrimonio aziendale rischia di essere chiamato a rispondere del reato di bancarotta, anche se non è un amministratore e non ha una conoscenza dettagliata della situazione finanziaria dell’impresa. La consapevolezza di partecipare a un meccanismo fraudolento, come quello basato su fatture false, è sufficiente a integrare il dolo richiesto dalla norma. La decisione serve da monito per professionisti e imprenditori, sottolineando che la responsabilità penale può estendersi ben oltre la cerchia dei gestori diretti di una società in crisi.

Per configurare il concorso esterno in bancarotta fraudolenta, è necessario che il complice sia a conoscenza dello stato di insolvenza della società?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società. È sufficiente la consapevolezza di contribuire con la propria condotta a un’operazione che impoverisce il patrimonio sociale, danneggiando così i creditori.

Qual è l’evento del reato di bancarotta fraudolenta secondo la giurisprudenza citata?
L’evento del reato non coincide con la dichiarazione di fallimento, ma con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa dei creditori, che si verifica con il compimento dell’atto di distrazione delle risorse dal patrimonio della società.

Se il concorrente esterno non conosce l’identità degli amministratori delle società coinvolte, può essere comunque ritenuto responsabile?
Sì. La Corte ha ritenuto tale circostanza irrilevante. Il fatto stesso di emettere fatture false a favore di determinate società comporta la consapevolezza che queste esistano e che qualcuno, rappresentandole, stia utilizzando tali documenti per realizzare la distrazione delle somme.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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