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Concorso di cause in sinistro: la Cassazione decide

Un automobilista, dopo aver perso il controllo del proprio veicolo a causa di un primo incidente, si ferma sulla carreggiata. Un secondo conducente, sopraggiungendo a velocità eccessiva, lo tampona violentemente, causando la morte di un passeggero sceso dal primo veicolo. La Cassazione ha confermato la condanna di entrambi i conducenti, stabilendo che la condotta del secondo automobilista costituisce un concorso di cause e non un evento imprevedibile che interrompe il nesso di causalità.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Concorso di cause negli incidenti stradali: chi risponde quando più errori portano alla tragedia?

In materia di incidenti stradali con esiti fatali, la determinazione delle responsabilità penali è spesso complessa, specialmente quando l’evento è il risultato di una catena di azioni e omissioni. Un caso emblematico analizzato dalla Corte di Cassazione chiarisce il principio del concorso di cause, spiegando perché la condotta imprudente di un conducente non esclude necessariamente la colpa di chi interviene successivamente. Questa sentenza sottolinea come la violazione delle regole di prudenza, come l’eccesso di velocità, abbia un peso decisivo nell’attribuzione della responsabilità.

I fatti del caso: Una tragica sequenza di eventi

Tutto ha origine da un primo incidente su un tratto autostradale. Un conducente, a causa dell’alta velocità, perde il controllo della sua auto, che dopo aver urtato un muretto e un guardrail, perde una ruota e si ferma di traverso sulla carreggiata, in senso opposto a quello di marcia. Il conducente e i passeggeri scendono dal veicolo; due di loro si posizionano dietro l’auto incidentata.

Poco dopo, sopraggiunge una seconda automobile. Il suo conducente, viaggiando a una velocità notevolmente superiore a quella consentita in quel tratto, non riesce a evitare l’ostacolo. L’impatto è violentissimo: l’auto ferma viene sbalzata all’indietro per oltre sedici metri, travolgendo le due passeggere. Una di loro morirà a causa delle gravissime lesioni riportate.

L’iter giudiziario e i motivi del ricorso

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello riconoscono la responsabilità di entrambi i conducenti per il reato di omicidio colposo. Il secondo conducente, tuttavia, decide di ricorrere in Cassazione, sostenendo che l’unica vera causa della tragedia fosse la condotta del primo automobilista. A suo dire, la presenza di un’auto ferma, non segnalata, in piena notte e dopo una curva, costituiva un ostacolo talmente imprevedibile da interrompere qualsiasi nesso causale con la sua condotta di guida. Egli contestava inoltre la prova della sua eccessiva velocità, definendola una mera ipotesi non supportata da dati oggettivi.

Le motivazioni della Cassazione sul concorso di cause

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato e fornendo importanti chiarimenti sul concorso di cause in ambito penale.

Il nesso di causalità non interrotto

I giudici hanno innanzitutto smontato la tesi della “causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento”. La condotta del primo conducente, per quanto gravemente colposa, ha creato una situazione di pericolo, ma non un evento anomalo o imprevedibile in un contesto autostradale. Un incidente con conseguente arresto di un veicolo sulla carreggiata rientra, purtroppo, tra gli scenari prevedibili per chi guida.
Di conseguenza, la condotta del secondo conducente non si inserisce come un fattore autonomo e imprevedibile, ma si lega alla situazione preesistente, diventando una “concausa” dell’evento finale. In base al principio dell’equivalenza delle cause, quando più condotte contribuiscono a un unico risultato, tutte sono considerate causa dell’evento.

La causalità della colpa e la violazione delle regole di prudenza

La Corte ha poi confermato la colpa del ricorrente, legata alla sua condotta di guida. La velocità mantenuta, stimata intorno ai 100 km/h in un tratto con limite di 50 km/h, è stata giudicata gravemente imprudente. Tale velocità ha reso materialmente impossibile qualsiasi manovra d’emergenza. L’assenza di tracce di frenata, secondo la Corte, non dimostra l’imprevedibilità dell’ostacolo, ma piuttosto l’incapacità del conducente di reagire in tempo utile proprio a causa della velocità eccessiva.
In base all’art. 141 del Codice della Strada, ogni conducente ha l’obbligo di regolare la velocità in base alle condizioni della strada e del traffico, per essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza. In questo caso, la presenza di una curva e le condizioni di visibilità notturna avrebbero dovuto imporre una maggiore prudenza, che è invece mancata.

Le conclusioni: Le implicazioni della sentenza

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale della circolazione stradale: la responsabilità non è un pacchetto che si può scaricare interamente su chi ha creato per primo una situazione di pericolo. Ogni utente della strada ha il dovere costante di adottare una condotta prudente e conforme alle norme. L’eccesso di velocità, in particolare, non è mai una leggerezza, ma una violazione che, in caso di incidente, rende estremamente difficile sostenere la propria estraneità ai fatti. La teoria del concorso di cause implica che chiunque, con la propria negligenza, contribuisca a un evento tragico, è chiamato a risponderne penalmente, anche se non è stato l’unico a sbagliare.

Se un’auto è ferma in una posizione pericolosa dopo un incidente, il conducente che la tampona è sempre responsabile?
Non necessariamente in modo esclusivo, ma la sua responsabilità è altamente probabile se ha violato regole cautelari, come il limite di velocità. La sentenza chiarisce che la presenza di un veicolo fermo non è un evento imprevedibile tale da escludere la colpa di chi sopraggiunge, se quest’ultimo non ha adeguato la propria guida alle condizioni di potenziale pericolo.

La condotta gravemente imprudente di un primo automobilista può essere considerata l’unica causa di un successivo incidente mortale?
No, non se la condotta di un secondo conducente si inserisce nella catena degli eventi con una propria autonoma negligenza. Secondo la Cassazione, per interrompere il nesso causale, la causa sopravvenuta deve essere non solo sufficiente a produrre l’evento, ma anche del tutto anomala e imprevedibile, cosa che non è un’auto ferma in autostrada dopo un sinistro.

In un incidente a catena, come viene stabilita la responsabilità penale?
La responsabilità viene stabilita applicando il principio del concorso di cause (o concause equivalenti). Ogni condotta colposa che ha contribuito causalmente alla produzione dell’evento finale è rilevante. Pertanto, tutti i conducenti le cui azioni negligenti (eccesso di velocità, mancata distanza di sicurezza, etc.) hanno avuto un ruolo nel determinare l’esito lesivo o mortale possono essere chiamati a risponderne penalmente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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