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Concorso dell’estraneo: la Cassazione sul ruolo esterno

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta di due soggetti esterni a società fallite. Il loro ruolo, consistito nel monetizzare e distrarre ingenti somme di denaro, è stato ritenuto un contributo causale decisivo. La sentenza chiarisce che per il concorso dell’estraneo è sufficiente la consapevolezza di aiutare gli amministratori a danneggiare i creditori, senza necessità di conoscere lo specifico stato di dissesto dell’impresa.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Concorso dell’estraneo in bancarotta: la responsabilità va oltre i ruoli formali

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 12281 del 2025, offre un’importante lezione sul concorso dell’estraneo nel reato di bancarotta fraudolenta. La Suprema Corte ha stabilito che anche chi non ricopre ruoli direttivi in un’azienda può essere ritenuto pienamente responsabile se contribuisce consapevolmente a spogliare la società del suo patrimonio a danno dei creditori. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: nel diritto penale societario, la sostanza delle azioni prevale sulla forma delle qualifiche.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda due soggetti, esterni all’organigramma di due società poi dichiarate fallite, accusati di aver partecipato a un complesso sistema di distrazione di fondi. Gli amministratori delle società in dissesto trasferivano ingenti somme di denaro (oltre 600.000 euro per ciascuno degli imputati) a questi soggetti esterni. Questi, a loro volta, versavano il denaro su conti correnti, anche personali, aperti presso banche estere (nello specifico, sammarinesi) per poi prelevarli immediatamente. Per questo “servizio di monetizzazione”, trattenevano una percentuale del 5% come corrispettivo. L’operazione aveva il chiaro scopo di svuotare le casse delle società, rendendo impossibile per i creditori recuperare quanto loro dovuto.

Le Difese degli Imputati e il Concorso dell’Estraneo

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione sostenendo, in sintesi, la loro estraneità al piano criminale. La tesi difensiva principale era che le loro azioni fossero successive agli atti di depauperamento già compiuti dagli amministratori e che mancasse la prova di un accordo preventivo. Sostanzialmente, affermavano di non avere avuto la coscienza e la volontà di contribuire al dissesto aziendale, ma di aver semplicemente eseguito delle operazioni finanziarie. Uno dei ricorrenti ha inoltre contestato la severità della pena, ritenendo ingiusto il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche a fronte della sua recidiva per reati simili.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati. I giudici hanno chiarito che per configurare il concorso dell’estraneo nel reato di bancarotta non è necessario un patto formale o un coinvolgimento diretto nella gestione aziendale. Ciò che conta è il contributo causale efficiente alla produzione dell’evento, ovvero all’impoverimento della società.

La Corte ha individuato diversi elementi probatori schiaccianti:
1. L’ingente ammontare delle somme: La movimentazione di centinaia di migliaia di euro non poteva essere considerata una normale operazione commerciale.
2. L’assenza di giustificazione: Non esistevano rapporti professionali o commerciali comprovati tra gli imputati e le società fallite che potessero giustificare tali flussi di denaro.
3. Le modalità operative: L’uso di conti esteri e l’immediato prelievo del contante sono pratiche tipiche delle operazioni di riciclaggio e occultamento di fondi.
4. La percezione di una percentuale: Trattenere una “fee” del 5% è stato interpretato come il prezzo della complicità, non come il compenso per un servizio lecito.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il dolo del concorrente “extraneus” consiste nella volontarietà della propria condotta di supporto a quella dell'”intraneus” (l’amministratore), con la consapevolezza che tale condotta determini un danno al patrimonio sociale. Non è richiesta, invece, la specifica conoscenza dello stato di dissesto della società, che può al più essere un indice probatorio della consapevolezza del reato.
Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che le precedenti condanne per bancarotta dimostravano un’indifferenza verso la legge e una maggiore capacità a delinquere, giustificando pienamente sia l’applicazione della recidiva sia un giudizio di bilanciamento delle circostanze non favorevole all’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame è un monito severo per chiunque, pur non avendo ruoli formali, si presti a partecipare a schemi volti a svuotare le società in crisi. La responsabilità penale per bancarotta fraudolenta si estende a chiunque fornisca un contributo consapevole e rilevante alla distrazione dei beni, a prescindere dalla propria qualifica. La giustizia, come dimostra questa pronuncia, guarda all’effettivo ruolo svolto nel meccanismo fraudolento, punendo chi, con le proprie azioni, aiuta gli amministratori a frustrare le legittime pretese dei creditori.

Quando una persona esterna a un’azienda (extraneus) può essere accusata di concorso in bancarotta fraudolenta?
Un soggetto esterno può essere accusato di concorso in bancarotta fraudolenta quando la sua condotta, pur non essendo un amministratore, contribuisce in modo efficiente a impoverire il patrimonio della società fallita. È necessario che abbia agito con la consapevolezza e la volontà di aiutare l’amministratore a danneggiare i creditori.

È necessario che l’estraneo conosca lo stato di dissesto o di insolvenza della società per essere condannato?
No, la sentenza chiarisce che per la condanna non è richiesta la specifica conoscenza dello stato di dissesto della società. È sufficiente che l’estraneo sia consapevole che la propria azione contribuisce a un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori.

Come vengono valutate le precedenti condanne (recidiva) nel determinare la pena per bancarotta?
Le precedenti condanne specifiche per reati simili, come in questo caso per bancarotta, dimostrano secondo la Corte un’indifferenza verso la legge e un’accentuata pericolosità sociale. Questo giustifica un trattamento sanzionatorio più severo e può portare al diniego delle circostanze attenuanti generiche o a un loro bilanciamento in equivalenza con le aggravanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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