Concordato in Appello: Quando il Vizio di Volontà non Basta
Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui le parti possono accordarsi sulla rideterminazione della pena in secondo grado. Tuttavia, la validità di tale accordo è subordinata a una corretta formazione della volontà delle parti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 38749/2024) chiarisce i limiti dell’impugnazione per vizio di volontà, sottolineando l’importanza di esplicitare ogni condizione nell’accordo.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. In quella sede, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena, formalizzando un concordato in appello. Successivamente, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio nella formazione della sua volontà.
In particolare, la difesa sosteneva che l’imputato si fosse determinato ad accettare l’accordo solo nella convinzione di ottenere, come contropartita, la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari a cui era sottoposto. Poiché la Corte d’Appello, pur ratificando l’accordo sulla pena, non aveva disposto la revoca della misura, l’imputato riteneva che il suo consenso fosse viziato e, di conseguenza, l’accordo invalido.
La Decisione della Corte sul concordato in appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Pur riconoscendo in linea di principio che un ricorso avverso una sentenza di concordato in appello è ammissibile se denuncia un vizio relativo alla formazione della volontà, i giudici hanno ritenuto che, nel caso di specie, la doglianza fosse solo apparentemente riconducibile a tale vizio.
La Corte ha stabilito che, per poter far valere una condizione come determinante per il consenso, questa deve essere chiaramente esplicitata all’interno dell’accordo. In assenza di una tale specificazione, la volontà di subordinare l’accordo alla revoca di una misura cautelare rimane una mera intenzione soggettiva, giuridicamente irrilevante e, soprattutto, non dimostrata.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio di certezza e formalità degli atti giuridici. I giudici hanno chiarito che, sebbene la giurisprudenza ammetta il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. per motivi attinenti alla formazione della volontà, tale vizio deve essere concreto e dimostrabile.
Nel caso analizzato, il “patto concordato” non menzionava in alcun modo l’intenzione dell’imputato di subordinare la sua richiesta alla revoca della misura cautelare. La Corte ha osservato che la doglianza si basava su un’aspettativa non formalizzata e, pertanto, il presunto vizio risultava “del tutto indimostrato”. Di conseguenza, il ricorso non poteva superare il vaglio di ammissibilità.
La decisione è stata presa secondo la procedura de plano (art. 610, comma 5-bis c.p.p.), che consente alla Corte di dichiarare l’inammissibilità senza udienza quando i motivi sono manifestamente infondati. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: qualsiasi condizione ritenuta essenziale per la conclusione di un concordato in appello deve essere espressamente verbalizzata e inserita nell’accordo scritto. Le aspettative, le convinzioni soggettive o gli accordi informali non formalizzati non hanno valore legale e non possono essere utilizzati per contestare la validità del consenso prestato.
Per gli avvocati, ciò significa che è fondamentale formalizzare ogni aspetto dell’accordo, incluse eventuali condizioni accessorie come la revoca di misure cautelari, per tutelare pienamente gli interessi del proprio assistito ed evitare che un’intesa raggiunta venga vanificata da successive contestazioni basate su presupposti non provati.
È possibile impugnare una sentenza di “concordato in appello” per un vizio della volontà?
Sì, secondo la giurisprudenza consolidata, è ammissibile il ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello (ex art. 599-bis c.p.p.) se si lamentano motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
Perché in questo caso specifico il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la condizione che l’imputato riteneva fondamentale (la revoca degli arresti domiciliari) non era stata esplicitata nell’accordo. La Corte ha ritenuto che, in assenza di una formalizzazione, il presunto vizio della volontà fosse del tutto indimostrato e la doglianza solo apparentemente riconducibile a tale vizio.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte di Cassazione non esamina il merito del ricorso. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38749 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38749 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a AVOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/04/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato22 n Liss-a11e parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Visti gli atti e la sentenza impugnata, rilevato che la Corte di merito, con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale riforma della pronuncia emessa dal giudice di primo grado, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc, pen., accogliendo la proposta formulata dalle parti in udienza.
Esaminato il ricorso; rilevato che il difensore lamenta un vizio nella formazione della volontà dell’imputato essendosi egli determinato ad accedere al concordato in appello per ottenere la revoca della misura degli arresti domiciliari in atto, revoca non disposta dalla Corte d’appello.
Considerato che, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc, pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniello, Rv. 276102).
Considerato che, nella specie, solo apparentemente la doglianza è riconducibile ad un vizio della volontà della parte; invero, nel patto concordato non era esplicitata alcuna intenzione dell’imputato di subordinare la richiesta alla revoca della misura cautelare in corso, rimanendo del tutto indimostrato il dedotto vizio.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile secondo la procedura de plano (art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.), con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6,2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 ottobre 2024