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Concordato in appello: vizio di volontà non provato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava un vizio di volontà nel concordato in appello. L’imputato sosteneva di aver aderito all’accordo per ottenere la revoca di una misura cautelare, ma tale condizione non era stata esplicitata nel patto, rendendo la doglianza del tutto indimostrata e il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Vizio di Volontà non Basta

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui le parti possono accordarsi sulla rideterminazione della pena in secondo grado. Tuttavia, la validità di tale accordo è subordinata a una corretta formazione della volontà delle parti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 38749/2024) chiarisce i limiti dell’impugnazione per vizio di volontà, sottolineando l’importanza di esplicitare ogni condizione nell’accordo.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. In quella sede, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena, formalizzando un concordato in appello. Successivamente, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio nella formazione della sua volontà.

In particolare, la difesa sosteneva che l’imputato si fosse determinato ad accettare l’accordo solo nella convinzione di ottenere, come contropartita, la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari a cui era sottoposto. Poiché la Corte d’Appello, pur ratificando l’accordo sulla pena, non aveva disposto la revoca della misura, l’imputato riteneva che il suo consenso fosse viziato e, di conseguenza, l’accordo invalido.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Pur riconoscendo in linea di principio che un ricorso avverso una sentenza di concordato in appello è ammissibile se denuncia un vizio relativo alla formazione della volontà, i giudici hanno ritenuto che, nel caso di specie, la doglianza fosse solo apparentemente riconducibile a tale vizio.

La Corte ha stabilito che, per poter far valere una condizione come determinante per il consenso, questa deve essere chiaramente esplicitata all’interno dell’accordo. In assenza di una tale specificazione, la volontà di subordinare l’accordo alla revoca di una misura cautelare rimane una mera intenzione soggettiva, giuridicamente irrilevante e, soprattutto, non dimostrata.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio di certezza e formalità degli atti giuridici. I giudici hanno chiarito che, sebbene la giurisprudenza ammetta il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. per motivi attinenti alla formazione della volontà, tale vizio deve essere concreto e dimostrabile.

Nel caso analizzato, il “patto concordato” non menzionava in alcun modo l’intenzione dell’imputato di subordinare la sua richiesta alla revoca della misura cautelare. La Corte ha osservato che la doglianza si basava su un’aspettativa non formalizzata e, pertanto, il presunto vizio risultava “del tutto indimostrato”. Di conseguenza, il ricorso non poteva superare il vaglio di ammissibilità.

La decisione è stata presa secondo la procedura de plano (art. 610, comma 5-bis c.p.p.), che consente alla Corte di dichiarare l’inammissibilità senza udienza quando i motivi sono manifestamente infondati. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: qualsiasi condizione ritenuta essenziale per la conclusione di un concordato in appello deve essere espressamente verbalizzata e inserita nell’accordo scritto. Le aspettative, le convinzioni soggettive o gli accordi informali non formalizzati non hanno valore legale e non possono essere utilizzati per contestare la validità del consenso prestato.

Per gli avvocati, ciò significa che è fondamentale formalizzare ogni aspetto dell’accordo, incluse eventuali condizioni accessorie come la revoca di misure cautelari, per tutelare pienamente gli interessi del proprio assistito ed evitare che un’intesa raggiunta venga vanificata da successive contestazioni basate su presupposti non provati.

È possibile impugnare una sentenza di “concordato in appello” per un vizio della volontà?
Sì, secondo la giurisprudenza consolidata, è ammissibile il ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello (ex art. 599-bis c.p.p.) se si lamentano motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.

Perché in questo caso specifico il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la condizione che l’imputato riteneva fondamentale (la revoca degli arresti domiciliari) non era stata esplicitata nell’accordo. La Corte ha ritenuto che, in assenza di una formalizzazione, il presunto vizio della volontà fosse del tutto indimostrato e la doglianza solo apparentemente riconducibile a tale vizio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte di Cassazione non esamina il merito del ricorso. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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