Concordato in Appello: La Cassazione Conferma lo Stop a Ulteriori Ricorsi
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia processuale: la scelta del concordato in appello chiude definitivamente le porte a un successivo ricorso per cassazione. Questa decisione sottolinea la natura tombale dell’accordo sulla pena in secondo grado, equiparandolo a una vera e propria rinuncia a proseguire il contenzioso.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello. Il punto cruciale della vicenda non risiede nei fatti specifici che hanno portato alla condanna, ma in una scelta processuale ben precisa: in sede di appello, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena, noto tecnicamente come ‘concordato in appello’. Nonostante la definizione del procedimento attraverso tale accordo, la difesa decideva di tentare un’ulteriore via, proponendo ricorso dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte e il Ruolo del Concordato in Appello
La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con una procedura semplificata e senza formalità, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione consolidata che attribuisce al concordato in appello un valore che va oltre la semplice ridefinizione della sanzione. Secondo i giudici, questo istituto processuale ha effetti preclusivi sull’intero procedimento, incluso l’eventuale giudizio di legittimità.
Le Motivazioni
Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e dirette. La Corte stabilisce un’analogia tra il concordato in appello e la rinuncia esplicita all’impugnazione. Nel momento in cui l’imputato, in accordo con la pubblica accusa, accetta di definire la pena in appello, sta implicitamente rinunciando a ogni ulteriore contestazione. Questo vale anche per questioni che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio.
L’accordo, infatti, non si limita a influenzare la cognizione del giudice d’appello, ma produce ‘effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale’. Questo significa che la scelta di patteggiare in secondo grado esaurisce la possibilità di adire la Corte di Cassazione. La Suprema Corte, citando un precedente conforme (Cass. n. 29243/2018), ha rafforzato questo orientamento, evidenziando come l’accordo sulla pena limiti la cognizione del giudice e cristallizzi la decisione.
La conseguenza diretta di questa inammissibilità è la condanna del ricorrente al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare ricorsi palesemente infondati o non consentiti.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante monito per la pratica legale. La scelta di accedere al concordato in appello deve essere attentamente ponderata, poiché non rappresenta solo un’opportunità per ottenere una pena più mite, ma costituisce un atto processuale definitivo che chiude la partita giudiziaria. Gli avvocati hanno il dovere di informare chiaramente i propri assistiti che tale accordo comporta la rinuncia implicita a ogni ulteriore grado di giudizio. In sostanza, il concordato è una strada senza ritorno: una volta intrapresa, non si può più guardare alla Cassazione come a un’ulteriore possibilità di revisione.
 
È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver concluso un ‘concordato in appello’?
No, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che il ricorso è inammissibile perché l’accordo sulla pena in appello preclude ulteriori impugnazioni.
Perché il ‘concordato in appello’ impedisce di ricorrere in Cassazione?
Perché, secondo la Corte, l’accettazione dell’accordo sulla pena equivale a una rinuncia a contestare la sentenza. Questo atto ha effetti preclusivi sull’intero procedimento, compreso il giudizio di legittimità, bloccando di fatto l’accesso alla Cassazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile in questo contesto?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5091 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6   Num. 5091  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Catania il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 27/01/2023 emessa dalla Corte d’Appello di Catania;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con procedura semplifica senza formalità, perché proposto per motivi non consentiti dalla legge. Analogamente a qu avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 2731 la definizione del procedimento con il concordato in appello, relativo a questioni, anche r d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in punto di responsabilità e colpevolezza) limita non solo la cognizione del giudice di s grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il gi legittimità.
Rilevalo, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proces della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente