Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30017 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30017 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Brindisi il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce il 10/03/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, in ragione d non manifesta infondatezza e della rilevanza della questione proposta; in subordine per l rimessione del ricorso alle Sezioni Unite; in linea ulteriormente subordinata, per l’annullam con rinvio della decisione impugnata
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Lecce ha parzialmente riformato, con la sentenza in epigrafe quella pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare di Lecce il 25 febbraio 2022 nei confro di NOME COGNOME, rideterminando la pena irrogata in Forza di concordato ex art. 599 -bis cod. proc. pen. nella misura di anni 11 di reclusione, esclusa la contestata aggravante di cui al 80 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione all’art. 112, n. 4), cod. pen. con riguardo grave reato di associazione finalizzata al narcotraffico, e con conferma delle pene accessorie.
2. Ha proposto ricorso l’imputato NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia NOME COGNOME, il quale ha dedotto, con un unico motivo, la violazione dell’art. 599-bis cod. pen. in rapporto all’art 24, secondo comma, Cost., in quanto interpretato dal diritto vivent senso di precludere alle parti di revocare unilateralmente l’assenso prestato all’applicazione concordato in appello, dopo il raggiungimento dell’accordo e prima che lo stesso venga ratifica dal giudice con la pronuncia della sentenza di condanna.
Il ricorrente ha premesso che, al riguardo si registra un orientamento ermeneutico dell Corte di cassazione assolutamente dominante, così da avere acquisito le connotazioni proprie del “diritto vivente”, sicché ove si voglia affermare una diversa soluzione non può che invoc lo scrutinio di legittimità (Corte cost. n. 350 del 1997; Corte cost. n. 243 del 2022).
La sentenza impugnata, in linea con il richiamato orientamento, ha ritenuto che, nel cas di c.d. concordato in appello, la dichiarazione di rinuncia dell’imputato ai motiv responsabilità non è suscettibile di revoca, neppure implicita, perdendo effetto, ai sensi del 599-bis, comma 3, cod. proc. pen., solo nel caso di mancato accoglimento della proposta di pena concordata.
Secondo l’indirizzo richiamato (espresso da Sez. 2, n. 43893 del 04/11/2021, COGNOME, Rv. 282312 – 01) si tratta di un negozio di diritto pubblico che risponde ad istanze di deflaz in quanto preordinato ad una rapida definizione della vicenda processuale, sicché non ne sarebbe possibile la revoca nemmeno ove intervenisse una manifestazione di mutuo dissenso.
In realtà, gli arresti sul punto hanno esteso al concordato in appello approdi ermeneut formatisi con riferimento al procedimento di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen., in forza dei quali l’accordo tra l’imputato e il pubblico ministero costituisce un negozio gi processuale recettizio che diviene irrevocabile, e non è suscettibile di modifica per iniz unilaterale, una volta pervenuto a conoscenza dell’altra parte e quando questa abbia dato proprio consenso, da tale momento determinandosi effetti non reversibili nel procedimento (Sez. 1, n. 48900 del 15/10/2015, COGNOME, Rv. 265429; Sez. 4, n. :38070 del 11/07/2012, COGNOME, Rv. 254371).
Deve, di contro, preferirsi l’impostazione per cui la richiesta e il consenso non vincolanti, neppure in rapporto al patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen., e sono inv suscettibili di revoca fino a quando non intervenga la decisione del giudice, atteso ch irrevocabilità è sancita dall’art. 447, comma 3, cod. proc. pen. e riguarda l’ipotesi – che pr l’incontro di volontà delle parti – in cui è assegnato alla parte non proponente un termine p espressione del consenso o del dissenso; di tal che, la revoca formulata successivamente all scadenza del detto termine, purché sia antecedente al recepimento dell’accordo da parte del giudice, dovrebbe ritenersi sempre consentita.
La revocabilità unilaterale della proposta dell’imputato deve ritenersi correlata patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. alla natura dispositiva di tale atto, il quale i una rinuncia all’esercizio del diritto di difesa, in particolare al contraddittorio nella f della prova ed alla possibilità di chiedere ed ottenere l’ammissione di prove a discarico.
Analoga possibilità di revoca, stante l’assenza di una norma che la vieti, deve esse consentita in caso di concordato in appello il quale comporta una rinuncia, pur parzia all’esercizio del diritto di difesa.
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME, ha concluso nei termini riportati in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che di seguito si espongono.
Il tema giuridico che la difesa chiede di porre al vaglio della Corte costituzionale a alla possibilità per l’imputato di revocare il consenso prestato al concordato con rinuncia ai di appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., prima che l’accordo stesso venga ratificato dal gi con la pronuncia della sentenza di condanna.
In via di premessa, il Collegio ritiene che sia astrattamente ammissibile il ricors cassazione che deduca la illegittimità costituzionale di una norma come motivo esclusivo censura, ossia in mancanza della contemporanea impugnazione dei capi e dei punti della sentenza di merito.
Si è formato, al riguardo, un cospicuo indirizzo interpretativo, fondato sul presuppo logico-giuridico che, con l’eccezione inerente ad una disposizione di cui debba essere fa applicazione nel procedimento, viene pur sempre prospettato un vizio di violazione di leg riferito alla sentenza impugnata, al fine di conseguire la rimozione di un punto della decis (Sez. 6, n. 37796 del 08/04/2020, COGNOME, Rv. 280961; Sez. 1, n. 45511 del 11/11/2009, COGNOME, Rv. 245509-01; Sez. 1, n. 409 del 10/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242456-
01), così da potersi ragionevolmente affermare l’ammissibilità del ricorso che, articola unicamente la questione di costituzionalità, investa «in forma ellittica», proprio il punt sentenza regolato da quella norma.
Nella specie, tuttavia, il proposto ricorso rivela tutta la sua genericità.
Anzitutto, il presupposto della questione di legittimità costituzionale qui dedotta è l’esi di un orientamento sulla natura irrevocabile del consenso tanto consolidato da avere assunto l connotazioni di diritto vivente.
Il riferimento è alla ricostruzione operata da Sez. 2, n. 43893 del 04/11/2021 U COGNOME, Rv. 282312 – 01, per la quale nel c.d. concordato in appello, la dichiarazion rinuncia dell’imputato ai motivi sulla responsabilità non è suscettibile di revoca, ne implicita, perdendo effetto, ai sensi dell’art. 599-bis, comma 3, cod. proc. pen., solo nel c mancato accoglimento della proposta di pena concordata.
Tale impostazione poggia sulla ritenuta analogia tra il concordato sui motivi di appel il patteggiamento e sulla considerazione che, se nel rito premiale di cui agli artt. 444 e ss proc. pen. l’accordo segna anche l’accesso ad un rito a prova contratta e la rinuncia allo svilu “ordinario” del procedimento, nel “concordato in appello” la rinuncia ai motivi sulla responsab integra un irretrattabile passaggio di fase che perde effetto – come previsto espressamen dall’art. 599-bis, comma 3 cod. proc. pen.- solo nel caso in cui la Corte di appelló ritenga d potere accogliere la proposta di pena concordata.
Tale pronuncia si pone in linea di continuità con altro arresto, formatosi nella vig dell’originario concordato, per il quale la dichiarazione di rinuncia ai motivi proposti ritenersi insuscettibile di revoca, anche implicita, in ragione della irrevocabilità di tutt processuali, ancorché abbiano natura unilaterale (Sez. 2 n. 27926 del 12/04/2019, COGNOME, Rv 276728 – 01), secondo una impostazione di tipo negoziale-civilistico.
4.A fronte di tale indirizzo, ritenuto dal ricorrente assolutamente granitico, in altro di questa Corte (Sez. 5, n. 7751 del 12/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282867 – 01) si è, contro, affermato che “in tema di concordato in appello, non è censurabile con il ricorso cassazione la revoca del consenso da parte del procuratore AVV_NOTAIO intervenuta prima della decisione del giudice”, così per implicito riconoscendosi la facoltà di revocare il cons espresso.
La pronuncia – che considera la sola manifestazione di revoca della parte pubblica i ragione dei motivi in quella sede dedotti – ha posto in evidenza, con ampio corredo motivazionale come gli istituti del patteggiamento in appello e dell’applicazione della pena su richiesta parti, ai sensi degli artt. 444 e ss. del codice di rito, presentino diversi :Drofili di disomogeneità.
Difatti, con riferimento al rito alternativo disciplinato dall’art. 444 cod. proc. pe soggetti a revisione ex art. 448, comma 1, cod. proc. pen. sia il parere negativo del pubblico ministero che il mancato accoglimento dell’accordo da parte del giudice, mentre, nel caso de
concordato non è previsto alcun rimedio contro il dissenso della parte pubblica e avverso pronuncia che non valuti congruo l’accordo delle parti.
Già la Corte costituzionale, pronunciandosi in relazione al concordato in appello nella configurazione originaria, ebbe a chiarire che il patteggiamento che si svolge in primo gra prima dell’apertura del dibattimento, costituisce un’anticipazione di giudizio, effettuata sull degli atti del fascicolo del pubblico ministero, laddove il concordato sulla pena in ap interviene in una fase processuale in cui c’è già stata una piena valutazione sul merito d capacità dimostrativa delle prove, onde l’istituto in oggetto non pLò in alcun modo ess ricondotto al patteggiamento “allo stato degli atti”, che si risolve in una contrazione del g sulla responsabilità” (sent. n. 448 del 1995).
Le finalità deflattive e l’istanza di snellimento del processo non esimono, poi, la Cor appello dall’operare un vaglio di congruità della pena: ma il diniego del consenso da parte pubblico ministero o il rigetto della proposta di concordato da parte della stessa Corte di app sono passaggi procedurali non sottoposti ad alcuna forma di controllo processuale che, ove previsto, complicherebbe la procedura (in tal senso, la sentenza COGNOME, cit).
Peraltro la ritenuta logica “negoziale” – secondo la quale il contratto è conclus momento in cui il proponente ha conoscenza dell’accettazione, conformemente al paradigma delineato dall’art. 1326 cod. civ. – che sottende l’impostazione per cui l’accordo tra l’imp il pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, quando entram le parti abbiano manifestato il proprio consenso con le dichiarazioni congiunte di volontà, div irrevocabile (Sez. 5, n. 12195 del 19/02/2019, Rv. 276038) poggia sulla espressa irrevocabili della richiesta di applicazione di pena prevista per il patteggiamento dall’art. 447, comma 3, proc. pen.; ma tale disposizione non trova un omologo nella disciplina del concordato in appell
Su tali basi argonnentative la sentenza COGNOME ha conclusivamente osservato che la revoca del consenso nel concordato con rinuncia ai motivi di appello, non sanzionata processualmente, neppure può essere censurata con il ricorso per cassazione.
Alla luce delle divergenti opzioni teoriche espresse dalla giurisprudenza di legitti l’assunto difensivo secondo il quale la Corte costituzionale non avrebbe “possibilità di prop differenti soluzioni interpretative rispetto alla tesi della irrevocabilità del consenso” costituente “diritto vivente”, potendo lo stesso Giudice delle leggi solo limitarsi a stabilir tale ermeneusi “sia conforme ai principi costituzionali”, costituisce un presupposto pri fondamento.
Al contrario, sulla premessa che l’indirizzo interpretativo avversato sia costruito irrevocabilità della richiesta di applicazione di pena sancita dall’art 447, comma 3, cod. pen., che come detto, non ha riscontro nella disciplina del concordato, la difesa lamenta “vuoto normativo” che ritiene abbisognevole di essere colmato dal legislatore.
Il che ulteriormente conferma che la disposizione sospettata di incostituzionalità, che n consente, ma nemmeno impedisce, la revoca del consenso prestato’ è solo assertivamente
ritenuta in contrasto con le garanzie costituzionali; e che dovrebbe al più operarsi una v GLYPH interpretazione costituzionalmente conforme, anziché invocarsi una pronuncia demolitiva.
Tutta la costruzione difensiva poggia in definitiva – lo si ripete – su un’analogia patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. che non ha ragion d’essere, posto che – come efficacemente evidenziato dalla Corte costituzionale e dalla sentenza COGNOME, nelle richiam pronunce – tale istituto consiste in un rito premiale che si traduce nella rinuncia al contrad nella formazione della prova, metodo euristico e cardine del rito accusatorio, e dunque implican una significativa compressione dei diritti difensivi operata ante iudicium; laddove il concordato di cui si tratta interviene in una avanzata della dinamica processuale, in cui le prove sono acquisite nel contraddittorio delle parti e la valutazione di convenienza della rinuncia ai poggia su una base cognitiva decisamente più ampia e completa.
Di tal che – ritiene il Collegio – anche a prescindere dalla dedotta violazione dell’a Cost., la differente disciplina non evidenzia profili di irragionevolezza rilevanti ai sensi d Cost.
Tanto precisato, il ricorso resta inoltre assolutamente ed irrimediabilmente generi non fornendo gli elementi minimi affinché questa Corte di legittimità possa operare u delibazione sulla rilevanza e non manifesta infondatezza della questione che si intende proporre
Le deduzioni difensive non consentono di apprezzare i profili di rilevanza in quanto n operano riferimento alla specifica vicenda processuale ed in specie all’accordo raggiunto, momento in cui sarebbe stata espressa la volontà di revocare il consenso ed ai motivi che hanno sostenuto la volontà di recedere.
Viene, poi, solo individuato il parametro normativo che si assume violato – l’art. comma 2, Cost. – senza puntualizzare in che termini sia suscettibile di compromettere i dir difensivi il mancato riconoscimento di uno ius poenitendi in favore delle parti protratto fino al momento della ratifica dell’accordo da parte dei Giudici di appello.
Dopo ampia ricognizione degli orientamenti giurisprudenziali supra richiamati, il ricorrente si limita ad invocare “un intervento della Corte costituzionale affinchè essa operi, nell’ambito della operatività dell’istituto di cui all’art. 599-bis c.p.p.. quant bilanciamento tra l’interesse dell’assistito al concreto ed effettivo esercizio del proprio difesa e l’interesse pubblico alla speditezza del processo”, senza considerare che la pretesa violazione di una norma costituzionale va proposta nelle forme della eccezione d incostituzionalità, che ha natura incidentale, e mai in quelle della impugnazione diretta (Se n. 520 del 08/03/1984, Contena, Rv. 164382 – 01).
Il ricorso non chiarisce, a ben vedere, neppure perché le ragioni di speditezza – proiezi del principio di ragionevole durata, pure costituzionalmente presidiato ex art. 111 – debb ritenersi nella sostanza recessive rispetto alla tutela dei diritti di difesa asseritamente l
Va poi osservato che in direzione diversa sembra essere orientato il legislatore, avu riguardo all’intervento di riforma attuato dalla legge “Cartabia”, che ha rimodellato la fisi
dell’istituto in discorso, assegnando termini anticipati per la manifestazione del c da riprodurre una scansione procedimentale ancor più serrata che in precedenza.
La legge 23 giugno 2017, n. 103, che ha reintrodotto il concordato, aveva interpolat l’art. 602 cod. proc. pen., relativo al dibattimento in appello, introducendo il comma 1-bis, dal contenuto analogo a quello dei commi 1 e 3 dell’art. 599-bis, così ripristinando, anche per ques fase del giudizio di secondo grado, la possibilità di addivenire ad un concordato sui motivi seguito il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, pur mantenendo le connotazioni strutturali dell’is ha valorizzato le istanze acceleratorie e di deflazione processuale che lo sottendono, posto ch da un lato, con l’art. 34, comma 1, lett. f), al comma 1 dell’ art. 599-bis, è stato intr termine – previsto a pena di decadenza – di quindici giorni prima dell’udienza di appello pe proposizione del concordato e, dall’altro, con l’art. 98, comma 1, lett. a), sono stati abr comma 2 della norma – ovvero le ipotesi di esclusione correlate ai reati più gravi ed ai sogg dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza – e l’art. 602, comma 1-bis, cod. proc. pen., laddove consentiva la facoltà di proporre il concordato nella fase dibattiment dell’appello.
La declaratoria di inammissibilità, che ne consegue, comporta, a norma dell’art. 61 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché al versamento a favore della cassa delle ammende della somma che si valuta equo quantificare nella misura indicata in dispositivo, non vertendosi in ipotesi di assenza di colpa determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27 marzo 2024
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