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Concordato in appello: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati condannati per usura aggravata. Dopo aver definito la pena tramite un concordato in appello, i ricorrenti avevano impugnato la decisione in Cassazione. La Corte ha stabilito che l’adesione al concordato e la rinuncia ai motivi di appello creano una preclusione processuale, impedendo di riesaminare la questione, limitando il giudizio alla sola congruità della pena concordata. La semplice affermazione di non aver compreso il significato dell’accordo non è sufficiente per invalidarlo.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: una volta firmato, il ricorso è precluso

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per definire il processo in secondo grado in modo più celere. Tuttavia, la sua scelta comporta conseguenze procedurali significative, come ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22001/2024. La decisione chiarisce che l’adesione a tale accordo, con la conseguente rinuncia ai motivi di gravame, preclude la possibilità di un successivo ricorso per cassazione sui punti oggetto della rinuncia.

I Fatti del Caso

Tre individui, condannati in primo grado per il reato di usura aggravata, decidevano di accedere al cosiddetto “patteggiamento in appello”. La Corte d’Appello di Bari, prendendo atto dell’accordo tra gli imputati e la Procura Generale, rideterminava la pena come concordato.

Nonostante l’accordo, i difensori dei tre imputati proponevano ricorso in Cassazione. Le doglianze erano principalmente due:
1. Per due degli imputati, si lamentava la mancanza di motivazione nella sentenza d’appello riguardo alla quantificazione della pena.
2. Per il terzo imputato, si sosteneva che l’assistito non avesse compreso il significato e le conseguenze del suo consenso al concordato.

Il concordato in appello e i suoi effetti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi, fornendo una chiara interpretazione degli effetti derivanti dall’applicazione dell’art. 599-bis c.p.p. I giudici hanno sottolineato che, aderendo al concordato, gli appellanti avevano rinunciato ai motivi di impugnazione. Questo atto di rinuncia ha un effetto preclusivo: limita la cognizione del giudice d’appello ai soli motivi non rinunciati e, soprattutto, impedisce di rimettere in discussione l’affermazione di responsabilità.

La rinuncia ai motivi d’impugnazione, infatti, cristallizza la decisione di primo grado su tutti i punti che non sono più oggetto di contestazione. Di conseguenza, non è possibile sollevare tali questioni in un successivo grado di giudizio, come quello di legittimità dinanzi alla Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha spiegato che il principio alla base del concordato in appello è quello di deflazionare il carico giudiziario in cambio di una rapida definizione del processo. Quando l’imputato rinuncia ai motivi di appello e concorda la pena, la cognizione del giudice si restringe notevolmente. Il giudice d’appello è tenuto a motivare solo sulla congruità della pena concordata, poiché l’accertamento della responsabilità non è più in discussione, per effetto della rinuncia ai relativi motivi.

Questo meccanismo crea una barriera processuale che impedisce di portare davanti alla Cassazione le stesse questioni a cui si è rinunciato in appello. Qualsiasi tentativo di farlo si scontra con una dichiarazione di inammissibilità.

Inoltre, riguardo alla presunta mancata comprensione dell’accordo da parte di uno degli imputati, la Corte ha liquidato l’argomento come una mera affermazione del difensore, non supportata da alcun elemento concreto. Di conseguenza, non è stata ritenuta idonea a invalidare il consenso validamente prestato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma la natura vincolante e definitiva del concordato in appello. Gli imputati che scelgono questa strada devono essere pienamente consapevoli che la rinuncia ai motivi di impugnazione è un atto processuale serio e irreversibile, che preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso. La decisione serve come monito: la scelta di un rito alternativo come il patteggiamento in appello deve essere ponderata attentamente, poiché chiude la porta a future contestazioni sulla responsabilità penale. Infine, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende sottolinea la riprovazione dell’ordinamento per i ricorsi manifestamente infondati, che contribuiscono solo ad appesantire il sistema giudiziario.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
No, di regola non è possibile. La Corte di Cassazione stabilisce che la rinuncia ai motivi di impugnazione, elemento essenziale del concordato in appello, crea una preclusione processuale che impedisce di contestare in un secondo momento i punti oggetto della rinuncia.

Cosa succede quando un imputato rinuncia ai motivi di appello?
Quando un imputato rinuncia ai motivi di appello, la cognizione del giudice si limita ai soli motivi non rinunciati. L’affermazione di responsabilità contenuta nella sentenza di primo grado diventa definitiva e non può più essere messa in discussione, né in appello né in un eventuale successivo ricorso per cassazione.

La semplice affermazione di un imputato di non aver capito il senso del concordato è sufficiente per annullarlo?
No. Secondo la Corte, una mera affermazione del difensore, non suffragata da alcun elemento concreto, non è sufficiente a dimostrare la mancanza di un consenso valido e a invalidare l’accordo processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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