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Concordato in appello: quando il ricorso è nullo

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena tramite concordato in appello per lesioni aggravate, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che i motivi di impugnazione contro tale tipo di sentenza sono estremamente limitati e non possono riguardare aspetti della colpevolezza o della pena già concordati. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Attenzione ai Limiti del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che permette di definire più rapidamente il secondo grado di giudizio. Tuttavia, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la scelta di aderire a tale accordo comporta una significativa limitazione del diritto di presentare un successivo ricorso. La Suprema Corte ha ribadito che un’impugnazione basata su motivi rinunciati con l’accordo è destinata a una sicura dichiarazione di inammissibilità, con conseguente condanna a spese e sanzioni.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato trae origine da una condanna per il reato di lesioni personali aggravate. In secondo grado, l’imputato e la procura generale avevano raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello, in accoglimento del concordato in appello, aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, rideterminando la pena in senso più favorevole all’imputato e confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare comunque ricorso per cassazione, lamentando una presunta immotivata esclusione dei presupposti per un proscioglimento e un difetto di motivazione sulla quantificazione della pena.

Il Principio del Concordato in Appello e l’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione ha immediatamente dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per riaffermare un principio consolidato in materia. Quando si accede a un concordato in appello, le parti rinunciano implicitamente a far valere determinate doglianze. Il ricorso in Cassazione contro una sentenza che ratifica tale accordo è consentito solo per motivi specifici e circoscritti, quali:

1. Vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo.
2. Problemi legati al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto.

Al di fuori di queste ipotesi, sono inammissibili i ricorsi che ripropongono questioni superate dall’accordo, come la valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o la commisurazione della pena, a meno che quest’ultima non risulti palesemente illegale (ad esempio, perché fuori dai limiti edittali previsti dalla legge).

Le Motivazioni della Cassazione

Nel caso specifico, i motivi addotti dal ricorrente – ossia la mancata valutazione di un possibile proscioglimento e la presunta carenza di motivazione sulla pena – rientravano esattamente tra le questioni a cui egli aveva implicitamente rinunciato aderendo al concordato in appello. La Cassazione ha sottolineato che tali doglianze non solo erano inammissibili, ma anche generiche, in quanto non specificavano alcun profilo di illegalità della sanzione inflitta. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile de plano, cioè senza la necessità di un’udienza pubblica, data la sua manifesta infondatezza.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte serve come importante monito. Il concordato in appello è uno strumento efficace per ottenere una riduzione della pena e una rapida definizione del processo, ma comporta una rinuncia a contestare nel merito la decisione. Presentare un ricorso per cassazione basato su argomenti superati dall’accordo non solo è inutile, ma anche controproducente. Come stabilito dall’art. 616 c.p.p., all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in quattromila euro, proprio a causa della palese inammissibilità dell’impugnazione.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa dopo un “concordato in appello”?
No. Il ricorso è ammissibile solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti, nel consenso del PM o se la sentenza è difforme dall’accordo. Non si possono contestare aspetti di merito già coperti dall’accordo.

Quali motivi di ricorso sono considerati inammissibili dopo un concordato in appello?
Sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati con l’accordo, come la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) o vizi relativi alla determinazione della pena, a meno che la sanzione non sia illegale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di concordato?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dal giudice in base alla colpa del ricorrente nell’aver promosso un’impugnazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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