Concordato in Appello: La Cassazione Fissa i Paletti per l’Impugnazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo definitivo i limiti dell’impugnazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. Questa procedura, nota anche come ‘patteggiamento in appello’, permette alle parti di accordarsi su una riduzione di pena, ma cosa succede se l’imputato non è soddisfatto del risultato finale? La Suprema Corte stabilisce che le porte della Cassazione non sono sempre aperte, delineando con precisione i motivi che rendono un ricorso ammissibile.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da quattro individui avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari. Tale sentenza aveva accolto il concordato sulla pena proposto da ciascun imputato, riducendo le sanzioni precedentemente inflitte per diversi reati ma confermando nel resto la loro responsabilità penale. Nonostante avessero acconsentito all’accordo, gli imputati hanno successivamente deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta ‘mancanza e vizio di motivazione’ in relazione al trattamento sanzionatorio applicato.
I Limiti del Concordato in Appello e i Motivi del Ricorso
Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, è uno strumento che mira a deflazionare il carico giudiziario, offrendo uno ‘sconto’ di pena in cambio della rinuncia a contestare nel merito la decisione di primo grado. Tuttavia, gli imputati nel caso di specie hanno tentato di utilizzare il ricorso in Cassazione come un terzo grado di giudizio sulla congruità della pena, una strada che la giurisprudenza costante considera preclusa.
La loro contestazione si concentrava esclusivamente sulla motivazione della sentenza in merito alla quantificazione della pena, un aspetto che, per sua natura, è oggetto dell’accordo stesso tra le parti. Essi non hanno sollevato questioni relative a vizi procedurali nella formazione dell’accordo, ma hanno cercato di rimettere in discussione il merito del trattamento sanzionatorio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, condannando ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un principio consolidato e ribadito con forza nell’ordinanza: il ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello è un rimedio eccezionale e non può essere utilizzato per contestare elementi che sono stati oggetto di rinuncia con l’accordo stesso.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che, secondo una giurisprudenza costante, il ricorso in Cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per motivi strettamente definiti. Questi includono:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo pattuito tra le parti.
Sono invece esplicitamente escluse dall’ambito del ricorso le doglianze relative a:
* Motivi rinunciati con la richiesta di concordato.
* La mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), che si presume vagliata dal giudice prima di ratificare l’accordo.
* Vizi attinenti alla determinazione della pena, a meno che non si traducano in una vera e propria illegalità della sanzione. Una pena è considerata ‘illegale’ solo se non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o se è di una specie diversa da quella prevista.
Nel caso specifico, i ricorrenti si lamentavano della motivazione sulla pena, un aspetto che rientra pienamente nella valutazione coperta dall’accordo e che non integrava alcuna ipotesi di illegalità. Pertanto, i loro motivi di ricorso sono stati ritenuti inammissibili.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito: il concordato in appello è un patto processuale che implica una rinuncia. Chi sceglie questa strada non può, in un secondo momento, tentare di rimettere in discussione il merito della pena concordata attraverso il ricorso in Cassazione. La Suprema Corte protegge la stabilità di questi accordi, limitando l’impugnazione ai soli casi di gravi vizi procedurali o di palese illegalità della pena, garantendo così l’efficienza e la certezza del sistema giudiziario.
È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
No, il ricorso è ammesso solo per un numero limitato di motivi specificamente previsti dalla giurisprudenza, che non includono la semplice contestazione sulla misura della pena concordata.
Quali sono i motivi ammissibili per impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Secondo la decisione, i motivi ammissibili sono quelli relativi a vizi nella formazione della volontà della parte di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o a una decisione del giudice che si discosta da quanto concordato.
La contestazione sulla misura della pena è un motivo valido per ricorrere contro un concordato in appello?
Generalmente no. L’ordinanza chiarisce che le doglianze sulla determinazione della pena sono inammissibili, a meno che la sanzione inflitta non sia illegale, ovvero inflitta al di fuori dei limiti previsti dalla legge o di un tipo diverso da quello stabilito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14085 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 4 Num. 14085 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il DATA_NASCITA COGNOME NOME COGNOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
Liita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; -lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
4,
MOTIVI DELLA DECISIONE
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Bari che, accogliendo il concordato sulla pena da ciascun imputato proposto, ha ridotto la pena inflitta a COGNOME e COGNOME in ordine al reato loro ascritto al capo 9) della rubrica; a COGNOME in ordine al reato ascrittogli al capo 7 della rubrica; e a COGNOME in ordine al reato ascritto al capo 8), confermando nel resto la loro responsabilità.
Ritenuto che ì motivi di ricorso, gli stessi per tutti e quattro gli imputat (mancanza di motivazione e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio), sono inammissibili perché, per costante giurisprudenza della Corte regolatrice, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edit ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniello, Rv. 276102- 01), condizioni nel caso non ricorrenti;
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Presidente