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Concordato in appello: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza emessa con concordato in appello. La Corte ribadisce che non si possono contestare motivi rinunciati, come la mancata applicazione delle cause di proscioglimento dell’art. 129 c.p.p., confermando la condanna dell’imputato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: i limiti invalicabili del ricorso in Cassazione

L’istituto del concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette alle parti di accordarsi sulla pena, rinunciando a specifici motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13596 del 2024, torna a definire con chiarezza i confini entro cui è possibile contestare una sentenza emessa a seguito di tale accordo, ribadendo un principio fondamentale: l’accordo implica una rinuncia che non può essere aggirata.

I Fatti del Caso: un ricorso basato su motivi rinunciati

Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello di Roma, emessa proprio in esito a un concordato sulla pena. L’imputato lamentava, nel suo ricorso in Cassazione, l’assenza di motivazione da parte del giudice d’appello in merito alla mancata applicazione di una delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale. In sostanza, pur avendo raggiunto un accordo sulla pena, il ricorrente riteneva che il giudice avrebbe dovuto comunque valutarne l’assoluzione nel merito.

La Decisione della Cassazione sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che delinea in modo netto quali sono i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza frutto di concordato in appello.

I Principi di Diritto Richiamati

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi eccezionali e specifici:
1. Vizi della volontà: quando vi sono difetti nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Consenso del P.M.: se emergono problematiche relative al consenso prestato dal pubblico ministero.
3. Pronuncia difforme: qualora la sentenza del giudice si discosti da quanto concordato tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, il ricorso è inammissibile, in particolare quando riguarda:
– Motivi a cui la parte ha implicitamente rinunciato con l’accordo.
– La mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento (art. 129 c.p.p.).
– Vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia palesemente illegale (cioè fuori dai limiti edittali o di tipo diverso da quello previsto dalla legge).

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto che il motivo di ricorso sollevato dall’imputato rientrasse pienamente tra quelli inammissibili. La doglianza sulla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. è considerata una questione a cui si rinuncia nel momento in cui si sceglie la via del concordato in appello. Scegliere di accordarsi sulla pena significa accettare una pronuncia di condanna, rinunciando a far valere motivi che porterebbero a un esito diverso, come l’assoluzione. La Corte ha inoltre definito il ricorso come ‘del tutto generico’, evidenziando la colpa del ricorrente nel promuovere un’azione giudiziaria priva dei presupposti di legge.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze procedurali non trascurabili. Chi vi accede deve essere consapevole che sta barattando la certezza di una pena ridotta con la rinuncia a contestare nel merito la propria colpevolezza. Il ricorso in Cassazione resta una via percorribile solo per vizi che inficiano la validità dell’accordo stesso, non per rimettere in discussione il suo contenuto. La condanna al pagamento di una cospicua somma alla Cassa delle Ammende funge da monito contro l’abuso dello strumento processuale, scoraggiando impugnazioni palesemente infondate che gravano inutilmente sul sistema giudiziario.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa con concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi specifici e limitati, come vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, nel consenso del pubblico ministero, o se la pronuncia del giudice è difforme dall’accordo stesso.

Si può contestare la mancata assoluzione (ex art. 129 c.p.p.) dopo aver concordato la pena in appello?
No, la Corte di Cassazione stabilisce che le doglianze relative alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. sono inammissibili, in quanto considerate motivi a cui si è rinunciato con l’accordo.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle Ammende, a causa della sua colpa nel proporre un ricorso non consentito dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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