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Concordato in appello: quando il ricorso è nullo

Un imputato ha impugnato in Cassazione una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato in appello’, lamentando un errato bilanciamento delle circostanze attenuanti. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a contestare i criteri di determinazione della stessa, salvo vizi specifici dell’accordo o illegalità della pena, non riscontrati nel caso di specie.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, consentendo alle parti di accordarsi sull’accoglimento di alcuni motivi di appello e sulla pena da applicare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 11807 del 2024, chiarisce in modo netto i limiti all’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di tale accordo, confermando un orientamento ormai consolidato.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania. Quest’ultima aveva applicato la pena così come concordata tra le parti ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di adire la Corte di Cassazione, sollevando un unico motivo di ricorso: la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo al bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e le aggravanti, che erano state ritenute equivalenti.

La Decisione della Corte sul Concordato in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza mezzi termini. La decisione si fonda su un principio cardine del concordato in appello: l’accordo tra le parti implica una rinuncia ai motivi di ricorso che non sono stati accolti. Pertanto, una volta che l’imputato accetta una determinata pena, non può successivamente contestare in Cassazione i criteri con cui quella pena è stata calcolata, a meno che non si configurino specifiche e limitate ipotesi.

La Corte ha richiamato il proprio consolidato insegnamento, secondo cui il ricorso contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per questioni che non sono oggetto della rinuncia implicita nell’accordo. Queste includono:

* Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
* Problemi legati al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
* Una pronuncia del giudice difforme rispetto a quanto concordato.
* L’illegalità della pena inflitta, ad esempio perché non rientra nei limiti di legge.

Al di fuori di questi casi, ogni altra doglianza, specialmente se relativa alla quantificazione della pena come il giudizio di bilanciamento delle circostanze, è da considerarsi inammissibile.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, i giudici di legittimità hanno specificato che la doglianza sul bilanciamento tra circostanze eterogenee si pone al di fuori delle ipotesi per cui è consentito ricorrere in Cassazione. Tale valutazione, infatti, è un elemento centrale della determinazione della pena che le parti hanno accettato di definire tramite l’accordo. Consentire un’impugnazione su questo punto significherebbe vanificare la natura stessa del concordato, che si basa proprio su una transazione processuale in cui l’imputato ottiene una riduzione della pena in cambio della rinuncia a contestare ulteriormente la decisione. La Corte ha inoltre sottolineato che sono inammissibili anche le censure relative alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p., in quanto anch’esse coperte dall’accordo. Poiché il ricorso era basato su motivi non consentiti, la Corte, oltre a dichiararne l’inammissibilità, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella proposizione dell’impugnazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive sul diritto di impugnazione. L’accordo cristallizza la pena e preclude la possibilità di rimetterne in discussione i criteri di calcolo davanti alla Corte di Cassazione. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che ogni valutazione sulla congruità della pena, incluso il bilanciamento delle circostanze, deve essere ponderata attentamente prima di sottoscrivere l’accordo, poiché dopo non sarà più possibile tornare indietro. La sentenza riafferma la validità e l’efficacia dello strumento del concordato come meccanismo di definizione del processo, a patto che la volontà delle parti si formi correttamente e la pena pattuita rimanga nei confini della legalità.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi specifici che non riguardano la determinazione della pena concordata. È possibile, ad esempio, per vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, per una pronuncia del giudice non conforme a quanto pattuito, o se la pena applicata è illegale.

La contestazione del bilanciamento tra attenuanti e aggravanti è un motivo valido di ricorso?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la valutazione del bilanciamento delle circostanze è parte integrante della determinazione della pena. Accettando il concordato, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare tale aspetto, rendendo il relativo motivo di ricorso inammissibile.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questi casi?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se la Corte ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso (cioè se è stato presentato senza una seria possibilità di accoglimento), può condannare il ricorrente al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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