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Concordato in appello: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputate che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado (cosiddetto concordato in appello), avevano impugnato la sentenza lamentando la mancata valutazione di cause di proscioglimento. La Corte ha ribadito che l’accordo sulla pena preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni a cui si è implicitamente rinunciato, confermando la natura vincolante e preclusiva di tale istituto processuale.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso è nullo

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sull’entità della pena in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8564/2024) chiarisce in modo netto i limiti all’impugnazione della sentenza che ne deriva, stabilendo un importante principio sulla rinuncia implicita a determinate doglianze.

I Fatti del Caso

Due imputate, condannate in primo grado per tentato furto aggravato, decidevano di accedere al rito del concordato in appello. La Corte d’Appello di Milano, su richiesta concorde delle parti, rideterminava la pena, applicando una condanna a tre anni, undici mesi e venti giorni di reclusione per una, e due anni per l’altra, oltre a pene pecuniarie.

Nonostante l’accordo raggiunto, le due donne, tramite il loro difensore, proponevano ricorso per Cassazione. La loro doglianza si fondava su un unico motivo: la presunta violazione dell’art. 129 c.p.p., sostenendo che la Corte d’Appello avesse omesso di valutare la possibile esistenza di cause di proscioglimento, un obbligo che secondo la difesa persiste anche in caso di accordo sulla pena.

La Decisione della Cassazione e il concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato, che interpreta la scelta del concordato in appello come un atto dispositivo che limita fortemente le successive possibilità di impugnazione.

Secondo i giudici di legittimità, la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p. può essere impugnata in Cassazione solo per motivi specifici, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo;
2. Mancanza del consenso del Procuratore Generale;
3. Contenuto della sentenza difforme dall’accordo stipulato tra le parti.

Qualsiasi altra questione, incluse quelle rilevabili d’ufficio come le cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., si intende rinunciata nel momento in cui l’imputato sceglie la via dell’accordo.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha spiegato che il potere dispositivo riconosciuto alle parti dall’art. 599 bis c.p.p. non si limita a circoscrivere la cognizione del giudice di secondo grado, ma produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento del processo, compreso il giudizio di legittimità. Scegliere il concordato in appello equivale a una rinuncia all’impugnazione per motivi diversi da quelli tassativamente previsti. La richiesta di valutare l’esistenza di cause di non punibilità rientra tra le questioni a cui l’interessato rinuncia in funzione dell’accordo sulla pena.

La Corte ha inoltre sottolineato che, in ogni caso, il giudice d’appello aveva comunque motivato, seppur sinteticamente, l’assenza di elementi evidenti per un proscioglimento, basandosi sulle risultanze della sentenza di primo grado. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile, con la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce la natura ‘tombale’ del concordato in appello sulla maggior parte delle questioni processuali e di merito. Gli imputati e i loro difensori devono essere pienamente consapevoli che l’adesione a questo rito speciale comporta una rinuncia quasi totale a far valere ulteriori doglianze in Cassazione. La convenienza di una pena certa e potenzialmente più mite si paga con la preclusione di contestare la sentenza per motivi che non riguardino strettamente la validità e la conformità dell’accordo stesso. La decisione della Corte cristallizza un principio fondamentale: l’accordo processuale è un atto di responsabilità che chiude la porta a ripensamenti tardivi.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione dopo un concordato in appello?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici: se ci sono stati problemi nella formazione della volontà di accordarsi, se mancava il consenso del Procuratore generale, o se la pena applicata dal giudice è diversa da quella concordata.

Con il concordato in appello si rinuncia al diritto di essere prosciolti se ne esistono i presupposti?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, l’accordo sulla pena implica la rinuncia a sollevare questioni relative a possibili cause di proscioglimento (previste dall’art. 129 c.p.p.), anche se queste sarebbero normalmente rilevabili d’ufficio dal giudice.

Quali sono le conseguenze se il ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la persona che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza fondati motivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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