Concordato in appello e Ricorso: Quando è Inammissibile?
Il concordato in appello, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, è uno strumento che mira a deflazionare il carico giudiziario, ma quali sono le sue implicazioni per un eventuale ricorso in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i limiti dell’impugnazione successiva a tale accordo, delineando un principio di rinuncia quasi totale a future doglianze.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello, pronunciata proprio a seguito di un accordo tra le parti. L’imputato lamentava genericamente un vizio di motivazione della sentenza, cercando di rimettere in discussione l’esito del giudizio di secondo grado. Il ricorso è stato quindi sottoposto al vaglio di legittimità della Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte e le implicazioni del concordato in appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accordo delle parti sui punti oggetto del concordato in appello implica una rinuncia implicita a dedurre, nel successivo giudizio di legittimità, ogni diversa doglianza. L’accettazione dell’accordo preclude la possibilità di contestare successivamente aspetti che non rientrano nelle limitate eccezioni previste dalla legge e dalla giurisprudenza.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che la ratio del concordato risiede proprio nella definizione concordata del processo. Pertanto, l’unica via per un ricorso successivo è strettamente limitata a due ipotesi principali:
1. L’irrogazione di una pena illegale: se la pena concordata e applicata dal giudice viola la legge (ad esempio, è fuori dai limiti edittali).
2. Vizi nella formazione della volontà: se l’accordo è stato raggiunto per errore, violenza o dolo, o se vi sono stati problemi procedurali relativi al consenso del pubblico ministero.
Nel caso in esame, il ricorrente non ha sollevato alcuna di queste specifiche questioni, ma si è limitato a una generica contestazione sulla motivazione. La Corte ha ritenuto che tali critiche fossero precluse dall’accordo stesso. Di conseguenza, non ravvisando assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa pronuncia rafforza l’idea del concordato in appello come un atto processuale quasi tombale. Le parti che scelgono questa strada devono essere pienamente consapevoli che stanno rinunciando alla maggior parte delle future possibilità di impugnazione. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e strategica prima di aderire a un accordo, poiché le conseguenze di un ricorso successivo, se ritenuto inammissibile, possono essere anche economicamente onerose per il proponente. L’ordinanza serve da monito: il concordato è una chiusura del contenzioso, non un semplice passaggio verso un ulteriore grado di giudizio.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza basata su un ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. L’accordo implica la rinuncia a sollevare la maggior parte delle contestazioni. L’impugnazione è ammessa solo in casi eccezionali, come l’applicazione di una pena illegale o la presenza di vizi nella formazione della volontà delle parti che hanno sottoscritto l’accordo.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, come nel caso di specie, può essere condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dal giudice in via equitativa.
Perché un vizio generico di motivazione non è un motivo valido per impugnare una sentenza frutto di concordato?
Perché l’essenza del concordato è proprio l’accordo tra le parti sui punti della decisione, che sostituisce la necessità di una motivazione analitica da parte del giudice su quegli stessi punti. Accettando il concordato, le parti implicitamente accettano anche la conseguente struttura della sentenza, rinunciando a contestarne la motivazione, a meno che non si configuri una delle specifiche e più gravi eccezioni previste dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8258 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8258 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/01/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
alle par)
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto da COGNOME NOMENOME che deduce genericamente il vizio di motivazione con riguardo ad una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis proc. pen, inammissibile in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rinu dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relati questione rilevabile di ufficio, con l’eccezione dell’irrogazione di una pena illegale (Sez 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196) e di motivi relativi alla formazione della volon della parte di accedere al concordato nonché al consenso del pubblico ministero sulla richiest ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, de 2020, M., Rv. 278170), situazioni certamente non ravvisabili nel caso in esame;
stante l’inammissibilità del ricorso, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazio della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa del ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.