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Concordato in appello: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato omicidio. L’imputato aveva precedentemente aderito a un concordato in appello, accettando una pena ridotta in cambio della rinuncia ad altri motivi di impugnazione. La Suprema Corte ha chiarito che tale rinuncia crea una preclusione processuale, impedendo di sollevare nuovamente le questioni rinunciate in sede di legittimità. Il ricorso è quindi possibile solo per vizi legati alla formazione dell’accordo o per illegalità della pena, ipotesi non verificate nel caso di specie.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione chiarisce i limiti del Ricorso

Il concordato in appello, noto anche come “patteggiamento in appello”, è uno strumento processuale che permette alle parti di accordarsi sull’esito del secondo grado di giudizio. Ma quali sono le conseguenze di tale accordo su un eventuale, successivo ricorso in Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte fa luce sui limiti stringenti che questa procedura impone, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che aveva precedentemente accettato un accordo sulla pena.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato in primo grado per il grave reato di tentato omicidio. In sede di appello, la sua difesa e il Procuratore Generale avevano raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. L’accordo prevedeva l’accoglimento del motivo di appello relativo alla quantificazione della pena, con la conseguente rinuncia a tutti gli altri motivi di impugnazione. La Corte d’Appello, ratificando l’intesa, aveva rideterminato la condanna. Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di presentare comunque ricorso alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte e il principio del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’adesione al concordato in appello comporta una rinuncia volontaria a contestare determinati punti della sentenza. Questa rinuncia genera una “preclusione processuale”, un ostacolo insormontabile che impedisce di rimettere in discussione le questioni abbandonate.

In virtù dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, una volta che le parti si accordano, la cognizione del giudice è limitata esclusivamente ai punti che non sono stati oggetto di rinuncia. Di conseguenza, il successivo ricorso per cassazione non può vertere sui motivi a cui l’imputato ha espressamente rinunciato.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello è ammissibile solo in casi eccezionali e specifici. Questi includono:

1. Vizi della volontà: Se il consenso all’accordo è stato estorto o viziato.
2. Mancato consenso del P.M.: Se manca l’accordo del Procuratore Generale.
3. Contenuto difforme: Se la decisione del giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.
4. Pena illegale: Se la pena applicata è contraria alla legge (ad esempio, perché supera i limiti massimi o è di specie diversa da quella prevista).

Nel caso analizzato, nessuna di queste circostanze era presente. L’imputato, presentando ricorso su questioni coperte dalla sua stessa rinuncia, ha tentato di aggirare gli effetti vincolanti dell’accordo che aveva liberamente sottoscritto. La Corte ha sottolineato che la rinuncia ai motivi impedisce al giudice di prendere in considerazione persino le cause di proscioglimento che, in altre circostanze, dovrebbero essere rilevate d’ufficio (art. 129 c.p.p.). Pertanto, il ricorso è stato giudicato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni

Questa pronuncia conferma la natura vincolante del concordato in appello. Per gli avvocati e i loro assistiti, essa rappresenta un monito importante: la decisione di aderire a un accordo sulla pena deve essere ponderata attentamente. La rinuncia ai motivi di appello è un atto tombale che preclude, quasi sempre, la possibilità di un ulteriore esame da parte della Corte di Cassazione. È fondamentale comprendere che i benefici di una pena potenzialmente più mite si pagano con la perdita della facoltà di contestare altri aspetti della sentenza di condanna.

Che cos’è il concordato in appello?
È un accordo, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, tra l’imputato e il pubblico ministero in cui si concorda sull’accoglimento di alcuni motivi di appello, con rinuncia agli altri, solitamente al fine di ottenere una pena più favorevole.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello?
No, non è possibile fare ricorso basandosi sui motivi a cui si è rinunciato. L’ordinanza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo in casi eccezionali, come vizi nella formazione dell’accordo o l’applicazione di una pena illegale, ma non per riesaminare il merito delle questioni abbandonate.

Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso inammissibile?
Come stabilito nel caso di specie, la Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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