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Concordato in appello: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da alcuni imputati avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva ridotto le loro pene sulla base di un accordo (il cosiddetto ‘concordato in appello’). Gli imputati, dopo aver rinunciato ai motivi di appello in cambio di uno sconto di pena, hanno tentato di riproporre le stesse doglianze in Cassazione. La Suprema Corte ha ribadito che, una volta accettato un concordato in appello, il ricorso è possibile solo per vizi specifici legati alla formazione dell’accordo, e non per contestare i motivi a cui si è rinunciato o la misura della pena concordata.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione chiude la porta a ricorsi pretestuosi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di concordato in appello, stabilendo i rigidi limiti entro cui è possibile impugnare una sentenza che deriva da un accordo tra le parti. La decisione chiarisce che, una volta raggiunto un accordo sulla pena, non è più possibile contestare in Cassazione i motivi a cui si è espressamente rinunciato. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di quattro imputati, condannati in primo grado a pene detentive significative. In sede di appello, gli imputati avevano raggiunto un accordo con la pubblica accusa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., il cosiddetto “concordato sui motivi di appello”. Grazie a questo accordo, che prevedeva la rinuncia a specifici motivi di impugnazione, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo le pene come richiesto dagli stessi imputati.

Nonostante l’accordo e la rinuncia espressa, gli imputati decidevano sorprendentemente di presentare ricorso per Cassazione, sollevando questioni relative proprio ai motivi a cui avevano rinunciato o contestando la misura della pena che loro stessi avevano concordato.

Limiti e condizioni del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente inammissibili. I giudici hanno richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui la sentenza emessa a seguito di un concordato in appello può essere impugnata solo per motivi molto specifici. Non è un’impugnazione libera, ma un rimedio eccezionale.

Il ricorso è ammesso esclusivamente se si contestano:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Irregolarità nel consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è preclusa. In particolare, non si possono riproporre i motivi di appello a cui si è rinunciato, né contestare la mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o vizi nella determinazione della pena, a meno che essa non sia palesemente illegale (cioè fuori dai limiti di legge o di tipo diverso da quello previsto).

Le Motivazioni

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha osservato che i ricorrenti si erano limitati a criticare aspetti della sentenza d’appello che erano diretta conseguenza dell’accordo da loro stessi promosso. Avevano, in sostanza, tentato di rimettere in discussione punti già definiti e accettati, come la misura della pena, che corrispondeva esattamente a quella proposta da loro. Tale comportamento processuale è contrario alla logica e alla funzione deflattiva del concordato in appello, che mira proprio a chiudere il contenzioso in modo più rapido in cambio di un beneficio sanzionatorio.

La Corte ha quindi ribadito che l’istituto del concordato sui motivi di appello si basa su un patto processuale che, una volta perfezionato e recepito dal giudice, acquista una sua stabilità. Consentire un ricorso basato sui motivi rinunciati svuoterebbe di significato l’intero istituto. Di conseguenza, i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: il concordato in appello è uno strumento vantaggioso per l’imputato ma implica una scelta consapevole e definitiva. La rinuncia ai motivi di appello è un atto serio che preclude la possibilità di riproporli in un’eventuale, successiva sede di legittimità. La decisione della Cassazione rafforza la stabilità degli accordi processuali e sanziona i tentativi di abusare degli strumenti di impugnazione, garantendo così l’efficienza del sistema giudiziario.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici e limitati. Non è possibile contestare i punti oggetto dell’accordo o i motivi di appello a cui si è rinunciato.

Quali sono i motivi ammissibili per impugnare una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso è ammesso solo se si denunciano vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, oppure se la sentenza del giudice si discosta da quanto concordato.

Cosa succede se si propone un ricorso con motivi non ammessi dopo un concordato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Come conseguenza, l’imputato che ha proposto il ricorso viene condannato al pagamento delle spese del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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